La storia di Jane e della sua famiglia

20 anni fa Jane ha perso il padre per un tumore al cervello. Da allora si dà da fare per sensibilizzare sul tema della diagnosi precoce e per sostenere la ricerca sul cancro.

Jane è nata in Scozia, ma ormai il suo italiano è perfetto. Era partita per la Francia oltre vent’anni fa. Ma poi ha deciso di allungare il suo percorso. “Sono portata per le lingue, ho studiato il francese. Allora mi sono detta: «Perché non andare in Italia?». Così, sono arrivata a Firenze senza conoscere una parola di italiano”, racconta.

Dopo le difficoltà iniziali, mette radici nel nostro Paese e oggi vive in un piccolo comune del centro Italia dove gestisce un agriturismo. “Faccio un po’ di tutto: mi occupo della struttura, guido il trattore, poto gli ulivi”, racconta. Ha tre figli: due più grandi, che ormai hanno preso il volo, e una più piccola.

È il 1999, quando la routine della sua nuova vita italiana viene interrotta da un evento doloroso: “Ero incinta del mio primo figlio e il mio babbo, che sembrava in splendida forma, fu colpito da un ictus. Siamo stati tutti abbastanza lenti nel capire, anche se avevamo avuto segnali che c’era qualcosa che non andava”. Gli esami chiariscono subito il quadro: l’ictus era stato causato da un tumore al cervello che era ormai in stadio avanzato: “Nel giro di due mesi non era più in grado di comunicare e dopo 4 mesi è venuto a mancare”, racconta.

Da quel giorno il rapporto tra Jane e il cancro cambia. Decide di impegnarsi in prima persona in una causa che ormai sente come sua. Nel Regno Unito, insieme alla mamma e al fratello, dà vita a una piccola organizzazione che sostiene la ricerca sul tumore al cervello e cerca di creare consapevolezza sui segnali d’allarme più precoci di questo tumore, sia tra le persone comuni sia tra i medici di famiglia.

In Italia, si avvicina ad AIRC e comincia a donare per la ricerca sul tumore al cervello. Sulla scelta non ha dubbi: “La ricerca sul cancro è un’impresa complessa; è necessaria un’organizzazione grande e competente per portare avanti progetti di questo tipo”, afferma. Poi, con il tempo l’attenzione alla causa cresce: “Sono una persona curiosa e ho cercato di saperne di più. Ho chiesto e, poi, da cosa è nata cosa…”, prosegue.

Entra in contatto con la Presidente del Comitato Toscana di AIRC, Anna Marchi Mazzini e gradualmente decide di aumentare il suo impegno nel sostegno alla ricerca. Prima sostiene una borsa di studio e poi inizia a contribuire agli Investigator Grant, finanziamenti destinati all’attività dei ricercatori affermati e che costituiscono la spina dorsale della ricerca sostenuta da AIRC.

Una ricercatrice, in particolare, è la destinataria della donazione di Jane. Si chiama Barbara Tomasino e presso l’IRCCS Medea – La Nostra Famiglia porta avanti un progetto per mettere a punto tecniche in grado di preservare al massimo la capacità linguistica dei pazienti che si sottopongono a un intervento chirurgico per rimuovere un tumore del cervello.

Jane ha un incontro con la Dottoressa Tomasino sul web e ne rimane molto colpita: “Mi è piaciuto tantissimo il suo tentativo di spiegare in parole semplici un lavoro così complesso. Soprattutto, dalle sue parole si intuiva la grande passione per il suo lavoro”, commenta. “Come donatore, per me, è molto importante avere notizie sul progetto finanziato perché in tal modo ci si rende conto della complessità della ricerca e si è anche spronati a finanziare altri progetti in futuro”, aggiunge Jane che spera che il suo esempio sia seguito dai figli.

“Per me è importante trasmettere il mio modo di vivere ai miei figli; spero che un giorno anche loro continuino ad aiutare il prossimo: per questo mi fa piacere poter intitolare questo finanziamento alla mia famiglia”, conclude Jane. "Ho deciso di raccontare la mia storia per incoraggiare altre persone a donare: credo che tutti con il nostro contributo, piccolo o grande che sia, possiamo fare la differenza”.