La storia di Livio

Livio, preside illuminato, scoprì la sua “vocazione femminista” al Collegio Ghislieri di Pavia, e ora si augura di aiutare le Levi-Montalcini del futuro.

Chi conosce oggi Livio fatica a credere che sia stato un “preside di ferro”, anche se dietro la garbata gentilezza si percepisce un uomo dalle forti convinzioni, abituato a insegnare cercando di rifuggire il più possibile il paternalismo: “I giovani si accorgono di tutto, e io in tanti anni di insegnamento ho incontrato ragazzi poco interessati ad ascoltare, ma non ne ho mai trovati di sordi in assoluto” racconta nel suo appartamento di Varese, dove è stato per anni preside di vari Licei classici e scientifici, e dove ha condiviso con la moglie Elena, conosciuta nel 1959, la passione per l’insegnamento. “Anche lei era innamorata della scuola, e anche lei era considerata severa, ma era popolare tra gli studenti: ci chiamavano il Ghiro e la Ghira, per via del cognome”.

 

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Proprio in memoria della Ghira, compagna di una vita di cui ha condiviso anche 21 anni di lotta durissima contro un tumore al seno, ha deciso di intitolare una borsa di studio AIRC, con cui intende in particolare aiutare una giovane ricercatrice a trovare la sua strada, in un mondo tradizionalmente fatto su misura per i maschi.

“Mi piace pensare che magari ci sarà qualche Rita Levi Montalcini in più” dice. Un’idea che svela un’inclinazione femminista nata nel 1966, quando, insieme all’Associazione degli alumni del Collegio Ghislieri di Pavia, si batte “perché questo antico e prestigioso collegio, che dal 1567 era stato riservato ai maschi, aprisse anche alle femmine. Grazie a quella battaglia il Ghislieri è stato il primo ad avere una sezione femminile” racconta con orgoglio “Probabilmente è nata allora la mia ‘vocazione femminista’, per dir così, che si è poi consolidata sul lavoro, in cui ho sempre lavorato benissimo con le colleghe con cui veniva spontanea la ricerca di una soluzione concordata, senza autoritarismo” e dove “le studentesse erano sempre migliori dei compagni maschi”.

Oggi è in pensione da anni, ma continua a condividere le cose che ama: ha scritto una raccolta di poesie e il libretto di un’opera, da tempo cura una rubrica settimanale per la radio missione francescana in cui presenta profili di filosofi, e i suoi studenti continuano ad invitarlo ai loro incontri, a dimostrazione di un affetto e una stima mai conclusi.

Decidere di fare una grande donazione è stato un gesto naturale, ma lui preferisce chiamarla “restituzione”, citando Don Gnocchi che “diceva che dare ti dà molte più soddisfazioni che ricevere”.