Tra Brexit e Covid, alla ricerca degli errori che portano al cancro

Tra Brexit e Covid, alla ricerca degli errori che portano al cancro

 

Puglia, Milano, Cambridge.

La vita di un ricercatore è fatta di tappe e il mio percorso comincia in Puglia, quando, fin dalle scuole medie trascorrevo i pomeriggi a leggere il libro di scienze, facevo ricerche e non mi stancavo mai di imparare gli affascinanti meccanismi che governano il nostro corpo. Dopo la laurea, il mio dottorato nel gruppo di Fabrizio d'Adda di Fagagna all’Istituto Firc di Oncologia Molecolare, a Milano – sostenuto da borsa FIRC – mi ha avvicinato ai meccanismi di risposta al danno del DNA, un aspetto fondamentale nello sviluppo dei tumori.

Le nostre cellule sono costantemente esposte al rischio di incorrere in danni al DNA che potrebbero stravolgerne il funzionamento. Se ciò non avviene è perché normalmente esistono dei meccanismi finalizzati a preservare l’integrità dell’informazione genetica. Nelle cellule tumorali, tuttavia, questi meccanismi sono alterati: il risultato è l’accumulo di mutazioni che alimentano il cancro.

Il progetto di ricerca su cui sto lavorando punta a chiarire i meccanismi che rendono le cellule tumorali inefficienti nella riparazione del danno al DNA, in particolare vogliamo identificare nuovi RNA non codificanti che svolgono un ruolo in questi processi. Si tratta di piccole porzioni di informazione genetica che non contengono istruzioni per la costruzione di proteine, ma che svolgono funzioni di tipo regolatorio.

Questi nuovi RNA potrebbero essere in futuro usati come biomarcatori, per esempio per ottenere informazioni sulla natura della malattia o sulla prognosi. Ma è possibile ipotizzare anche un loro utilizzo a scopo terapeutico: gli RNA specifici del tumore potrebbero diventare il bersaglio contro cui indirizzare appositi strumenti terapeutici e in tal modo contrastare la malattia.

Di questo mi sto occupando all’Università di Cambridge, dove sono giunta nel 2019 grazie a una borsa iCARE-2 sostenuta da AIRC e dall’Unione europea.

Un trasferimento ricco di imprevisti: la Brexit, per cominciare. Che dopo aver causato un po’ di paura iniziale, per fortuna sembra che non avrà un grosso impatto sull’attività di ricerca del laboratorio nell’immediato, nonostante crei qualche incertezza per il futuro.

Da un anno a questa parte è arrivata poi la pandemia da virus SARS-CoV-2, che da marzo in poi ci ha tenuti fuori dal laboratorio per tre mesi. Un’esperienza un po’ frustrante per chi, come me, è abituata a passare 8-10 ore in laboratorio e che si trova all’estero per un progetto con una scadenza ben definita.

Dopo lo spaesamento iniziale ho però capito che sarebbe stato possibile mettere a frutto il tempo fuori dal laboratorio: ne ho approfittato per studiare, leggere, pensare. Attività fondamentali per chi svolge il nostro lavoro e che spesso sono molto limitate dalla frenesia delle attività quotidiane.

I cambiamenti sul lavoro non sono stati però l’unica conseguenza della pandemia. Lo scorso maggio avrei dovuto sposare il mio compagno, anche lui ricercatore: ci siamo conosciuti in laboratorio e siamo partiti insieme per il Regno Unito, scegliendo Cambridge proprio per le opportunità che offre nel nostro campo. Una scelta azzeccata: io sono riuscita ad avviare il mio progetto nell’università mentre lui lavora per un’importante azienda farmaceutica.

Contiamo di recuperare il nostro matrimonio al più presto. Intanto ci concentriamo sul lavoro. Cercando di ritagliare un po’ di tempo per le nostre passioni: per me soprattutto la musica, una passione che mi è stata trasmessa da mio padre fin da quando ero piccola. Ho studiato pianoforte per tanti anni, sostenendo anche alcuni esami al conservatorio. Poi è diventato impossibile conciliare l’impegno da dedicare alla musica con il lavoro; così il pianoforte è diventato un hobby che coltivo e mi permette di staccare. Tanto che una delle prime cose che ho fatto quando ci siamo trasferiti a Cambridge è stato comprare un pianoforte digitale. Poco dopo ho preso anche una batteria. Resta poco tempo per altro: mi dedico al mio piccolo orto da balcone, provo a fare un po’ di sport (anche se a volte la pigrizia prevale) e quando possibile collaboro con “Prelights”, un portale dove vengono segnalati e commentati studi scientifici di interesse per la comunità dei ricercatori.

Nata a Mola di Bari nel 1988 è cresciuta a Cellamare. Dopo la laurea in Scienze Biotecnologiche all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ha conseguito un dottorato in Medicina Molecolare presso l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM), sostenuta per tre anni da una borsa di studio FIRC. Grazie a una borsa iCARE-2, di AIRC e dell’Unione europea, oggi è all’Università di Cambridge, nel Regno Unito, dove sta svolgendo un post-dottorato focalizzato sulle alterazioni nei meccanismi di riparazione del DNA che portano al cancro.