L’analisi computazionale dei dati per trovare un senso nelle zone sommerse del genoma

 

Il DNA è un po’ come il mare: ci sono delle “isole” che emergono sopra la superficie dell’acqua e tanti altri “rilievi” che restano sommersi in profondità. Quelle su cui fino a qualche anno fa si è concentrata l’attenzione della ricerca sono le isole, cioè le regioni codificanti del genoma, che contengono le istruzioni per produrre proteine: il loro ruolo, noto da tempo, è abbastanza facile da rilevare. A queste parti del genoma abbiamo nel tempo ricondotto i caratteri fisici, come il colore degli occhi, ma anche l’origine di parecchie malattie.

Oggi però sappiamo che anche le zone sommerse – le cosiddette porzioni non codificanti – hanno un’importanza notevole: possono infatti influenzare in maniera determinante il comportamento del genoma.

È quest’ultima parte sommersa del DNA quella che io studio. Il mio progetto di ricerca riguarda in particolare il modo in cui le parti non codificanti del genoma influenzano l’insorgenza e la progressione del mieloma multiplo, la seconda più diffusa neoplasia ematologica.

Sono un biologo computazionale: ciò significa che il mio lavoro si svolge quasi esclusivamente al computer e consiste nell’analisi di dati genetici. Grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA, molti centri clinici sono ormai in grado di ricostruire nel dettaglio le caratteristiche genetiche dei tumori da cui sono colpiti i pazienti assistiti. Soltanto nel centro in cui io lavoro vengono raccolti i dati di centinaia di pazienti ogni anno; lo stesso avviene in tanti altri centri oncologici in giro per il mondo. Molte di queste informazioni, opportunamente anonimizzate per la tutela della privacy dei pazienti, sono condivise in database pubblici a cui ricercatori di tutto il pianeta possono accedere.

È una massa enorme di dati in cui si nascondono informazioni preziose e l’informatica può aiutarci a scovarle e interpretarle.

Sono approdato a questo filone di ricerca durante un’esperienza di studio all’estero, all’Università di Heidelberg, in Germania. Era un campo che non conoscevo, ma ho subito capito che aveva grandissime potenzialità e che mi avrebbe dato la possibilità di acquisire nuove conoscenze sulle malattie applicando tecnologie innovative. Soprattutto ho capito che grazie a questo approccio è possibile mettere insieme la conoscenza prodotta in centinaia di laboratori in tutto il mondo.

Da allora ho approfondito le ricerca sulla biologia computazionale sia in Italia sia all’estero, e oggi, tramite l’analisi dei dati genetici relativi a centinaia di pazienti, sto cercando quei tratti molecolari distintivi della progressione del mieloma multiplo. Informazioni che, in futuro, potrebbero essere utilizzate per la messa a punto di nuovi trattamenti efficaci.

  • Giacomo Corleone

  • Università:

    Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO), Roma

  • Articolo pubblicato il:

    18 maggio 2020