È stato un colpo di fortuna. Quando mi si chiede in che modo ho iniziato la mia carriera di ricercatrice è così che rispondo. In effetti, non fosse stato per una serie di eventi fortuiti, forse oggi non sarei qui. Era l’ultimo anno di università e, come tutti i miei compagni, cercavo un professore a cui chiedere la tesi. Avevo scelto di laurearmi in “tecnologia farmaceutica”, la disciplina in cui si studiano soprattutto le formulazioni dei farmaci. Il professore però seguiva molti altri studenti: avrei dovuto aspettare. Il mio desiderio era di laurearmi prima possibile. Così cercai un nuovo professore e ripescai l’idea di fare ricerca in ambito medico. Riuscii a entrare in contatto con Gustavo Baldassarre al Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano, che mi diede subito la disponibilità. «Ma per fare la tesi qui ci metterai almeno un anno», mi disse.
Benedetto quell’anno!
La ricerca mi ha folgorato: mi sono trovata nel laboratorio giusto con le persone giuste e soprattutto con il giusto mentore, con cui si è instaurata una grande sintonia. Ho avuto molta libertà ma allo stesso tempo sono stata indirizzata da preziosi consigli.
E così, oggi, di questo lavoro non riuscirei a fare a meno. Forse non lo considero neanche un lavoro: la ricerca è la mia vita.
Adesso mi trovo a Houston, al MD Anderson Cancer Center dove, grazie a una borsa di studio iCare-2 sostenuta da Fondazione AIRC e dall’Unione europea, studio il tumore del pancreas. Obiettivo del mio progetto è capire come l’espressione di un complesso di geni, e in particolare del gene DPY30, influisca sulle caratteristiche del tumore, specialmente sulla capacità di quest’ultimo di resistere ai trattamenti e di dare luogo a metastasi. La nostra idea è che il gene DPY30 possa essere un bersaglio ottimale per nuovi farmaci che possano rallentare la crescita delle cellule tumorali e indurre tali cellule a riassumere almeno in parte le caratteristiche tipiche di una cellula sana. Di questo mi occuperò nei prossimi tre anni, con l’obiettivo di individuare nuove possibili soluzioni per un tumore che oggi ha scarse opzioni terapeutiche.
Una sfida, come tutto quello che riguarda il cancro. A volte mi soffermo a pensare a come si comporta e mi dico che sembra un’entità dotata di intelligenza. È incredibilmente “plastico” e mutevole; tu lo colpisci con una molecola ma lui trova spesso il modo di eludere l’attacco. Per un ricercatore avere a che fare con il cancro, è estremamente stimolante.
Spesso chi si avvicina al campo della ricerca ha l’impressione che negli ultimi decenni siano stati fatti così tanti passi avanti che non ci sia più nulla da scoprire. Con il cancro non è così. Nonostante i progressi, molti aspetti della malattia restano ignoti. Non solo: il cancro ti costringe a pensare fuori dagli schemi e a mettere da parte quello che hai imparato di biologia cellulare durante gli studi, perché le cellule tumorali non si comportano come le cellule normali: sono cellule che superano i limiti fisiologici.
Anche per questo, spesso potrebbe sembrare invincibile. Ma sono ottimista: negli ultimi due decenni, la disponibilità di tecnologie sempre più sofisticate ci ha permesso di studiare il cancro con un dettaglio mai visto prima e siamo riusciti a comprendere quanto sia una malattia eterogenea. Anche nel singolo paziente non esiste “il” cancro, ma tanti diversi cloni cellulari con differenti caratteristiche. Sono convinta che solo studiando in maniera molto serrata la biologia del tumore potremo portare le nostre conoscenze a un livello di risoluzione così alto da poter avere un approccio terapeutico efficace e personalizzato per ogni paziente.
Nata a Conegliano, una piccola città nella provincia di Treviso, si è laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Trieste e nello stesso ateneo ha conseguito un dottorato di ricerca in Biomedicina Molecolare lavorando all’IRCCS CRO di Aviano. Dal 2019 è negli Stati Uniti, al MD Anderson Cancer Center di Houston, nel laboratorio di Genomic Medicine diretto da Giulio Draetta, dove si occupa dei cambiamenti epigenetici che possono influenzare l’insorgenza e la crescita del tumore del pancreas.
Francesca Citron
Università:
MD Anderson Cancer Center, Houston
Articolo pubblicato il:
22 febbraio 2021