Comprendere la proteina che impedisce al DNA di attorcigliarsi per mettere a punto trattamenti meno tossici e più efficaci

 

Sono un biologo molecolare e, dopo aver passato gli ultimi anni a Bologna, oggi sono in Olanda, al Netherlands Cancer Institute (NKI) di Amsterdam.

La scelta di questo posto non è stata difficile: potrei dire che sono state le mie ricerche a portarmi qui.

Da tempo studio la topoisomerasi 1, un enzima che rompe e ricongiunge i filamenti di DNA ed è indispensabile alle cellule per dividersi e crescere. In un articolo che ho pubblicato lo scorso anno mi sono reso conto che l’argomento delle mie ricerche è affine a quello che da tempo si studia nel laboratorio di Bas van Steensel, qui al NKI.

Così ho deciso di contattare Bas via e-mail, esponendogli i miei lavori e proponendo di approfondire le aree comuni tra i nostri studi.

Lui è rimasto affascinato e ha accettato. Così oggi sono qui.

Grazie a una borsa iCARE-2 sostenuta da AIRC e dall’Unione Europea, per i prossimi tre anni cercherò di approfondire il ruolo della topoisomerasi 1 sulla struttura in tre dimensioni del genoma.

La topoisomerasi 1 è un enzima essenziale poiché, tra le altre cose, rimuove il cosiddetto stress torsionale dalle molecole di DNA. Il DNA  è soggetto a continue sollecitazioni, che rischiano di farlo attorcigliare eccessivamente su se stesso, come succede al filo degli auricolari. Si tratta di un evento dannoso per il DNA, che può portare anche alla rottura dei filamenti.

La topoisomerasi 1 contrasta questa possibilità e il mio obiettivo è descrivere al meglio la sua azione, in particolare cercando di capire se il funzionamento di questo enzima cambia in relazione alla localizzazione nel genoma, in particolare nei pressi della lamina nucleare, una struttura proteica a cui il DNA è ancorato e che è il principale oggetto di studio del laboratorio in cui mi trovo.

Si tratta di una ricerca di base, ma non è esente da ricadute cliniche.

Le topoisomerasi (I e II, ne esistono almeno due tipi) sono infatti già oggi bersaglio di numerosi farmaci chemioterapici. Si tratta di cure spesso efficaci, ma dai pesanti effetti collaterali per i pazienti.

Il mio lavoro potrebbe portarmi a identificare altre molecole che agiscono insieme alla topoisomerasi 1. In tal modo disporremmo di ulteriori bersagli a cui indirizzare sia nuovi farmaci, sia farmaci già esistenti. Si potrebbero così ottenere terapie combinate più efficaci e con minori effetti collaterali.

  • Stefano Manzo

  • Università:

    Netherlands Cancer Institute, Amsterdam

  • Articolo pubblicato il:

    7 marzo 2019