Non si mette in conto di partire per la prima vera esperienza di ricerca all’estero e poco dopo imbattersi in una pandemia. A me è successo.
A gennaio del 2020 mi sono trasferita a Londra, al Barts Cancer Institute, nel laboratorio di Lovorka Stojic, per cercare di capire in che modo le alterazioni in alcune particolari molecole di RNA possano influenzare lo sviluppo del cancro.
Fino ad allora avevo vissuto a Roma, dove avevo svolto anche tutta la mia carriera universitaria. C’era stata, in realtà, una breve parentesi a Barcellona durante il dottorato di ricerca, presso il laboratorio di Gian Gaetano Tartaglia, che si è rivelata decisiva per farmi capire che andare all’estero è un momento fondamentale per chi vuole fare ricerca. Non solo perché consente di acquisire nuove conoscenze, ma perché apre la mente a nuovi modi di vedere le cose.
L’arrivo a Londra è stato impegnativo: la mia vita romana era fatta, oltre che di lavoro, di sport: facevo nuoto e l’istruttrice in piscina per bambini. E poi gli amici, gli affetti, la famiglia. Staccarsi da tutto ciò non è stato facile.
Ma certo non avrei mai potuto immaginare che ci si sarebbe messa di mezzo la pandemia, che ha azzerato la possibilità di interazioni sociali e ha creato non poche difficoltà anche sul lavoro. Attualmente si lavora a turno; vado in laboratorio dalle 2 del pomeriggio a tarda sera. La mattina, a casa, si cerca di fare il possibile al computer: analisi degli esperimenti, studio. La pandemia da mesi sta anche creando problemi di approvvigionamento dei materiali di consumo del laboratorio: puntali per pipette, reagenti, e altri materiali che sono dirottati gran parte alla ricerca e alla diagnostica di Covid-19, in questo momento prioritario su tutto.
Nonostante queste inattese difficoltà e qualche rallentamento, il mio lavoro va comunque avanti.
Sto studiando in che modo una particolare famiglia di RNA, i cosiddetti lunghi RNA non codificanti (lncRNA), salvaguardino l’integrità del genoma e come una loro regolazione alterata possa portare all’accumulo di errori genetici che danno luogo alla cosiddetta instabilità genomica, un presupposto per l’insorgenza e la progressione del cancro.
In particolare il progetto si concentra su uno specifico lncRNA la cui espressione è alterata in diversi tipi di tumore e in alcuni casi è associata a una minore sopravvivenza.
Attraverso lo studio di questi meccanismi, in futuro questo lncRNA potrebbe contribuire alla diagnosi di cancro o fornire indicazioni utili nella scelta dei trattamenti, in modo da indirizzare ciascun paziente alla cura con maggiori probabilità di successo.
Il lavoro è nelle fasi iniziali e proseguirà per i prossimi due anni, grazie a una borsa di studio per l’estero sostenuta da Fondazione AIRC.
Con AIRC ho un rapporto speciale: ha contribuito alla mia carriera di ricercatrice fin dalle fase iniziali, dato che fondi AIRC hanno sostenuto le ricerche dei laboratori in cui mi sono formata. Dapprima nel laboratorio di Roberto Contestabile; quindi, durante il mio dottorato, nel gruppo di Francesca Cutruzzolà; fino ad arrivare ad oggi. AIRC c'è sempre stata, grazie ai fondi che hanno permesso lo svolgimento di tipi di ricerche anche molto diverse le une dalle altre: ciò oggi mi consente di avere una visione del cancro da molteplici punti di vista, un requisito importantissimo per comprendere una malattia così complessa.
Nata a Roma nel 1992, ha conseguito la laurea in Biotecnologie mediche presso l’Università "La Sapienza" nella sua città. Nella stessa università ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca in Biochimica, scoprendo come l’RNA possa regolare il metabolismo della serina nei tumori. Durante il dottorato ha anche trascorso un periodo di studio a Barcellona, presso il Center for Genomic Regulation. Oggi è al Barts Cancer Institute di Londra, dove cerca di chiarire come un’alterata regolazione degli RNA non codificanti possa promuovere la progressione tumorale.
Giulia Guiducci
Università:
Barts Cancer Institute - Queen Mary University, Londra
Articolo pubblicato il:
19 aprile 2021