Speciale seno: prevenzione

Il tumore del seno colpisce una donna su otto. In molti casi, però, si può prevenire o comunque diagnosticare in fasi molto precoci. Di seguito alcune informazioni sulla prevenzione e i test per la diagnosi precoce.

Secondo le stime AIRTUM-AIOM-Fondazione AIOM ogni anno in Italia vengono diagnosticati 55.500 nuovi casi (55.000 donne e 500 uomini) di tumore del seno. Con questi numeri, la neoplasia si presenta come la più frequente nel genere femminile in tutte le fasce di età. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell'incidenza (+0,9 per cento ogni anno), di tumore del seno oggi si muore meno che in passato, tanto che la mortalità ha fatto segnare un calo del 6 per cento nel 2020 rispetto al 2015. Circa 9 donne su 10 (87 per cento) sono vive dopo 5 anni dalla diagnosi di tumore mammario e 8 su 10 (80 per cento) lo sono a 10 anni dalla diagnosi.

Sono stati identificati molti fattori di rischio per questo tumore, alcuni modificabili, come gli stili di vita, altri invece no, come l'età (la maggior parte di tumori del seno colpisce donne oltre i 50 anni) e fattori genetici e costituzionali. Tra gli stili di vita dannosi si possono citare, per esempio, un'alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, l’abitudine al fumo e una vita particolarmente sedentaria.

Ci sono inoltre alcuni fattori legati alla vita riproduttiva che possono influenzare il rischio di tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovane età sono protettive, così come l'allattamento al seno.

Il 5­-7 per cento circa dei tumori della mammella è ereditario, legato cioè alla presenza di mutazioni nel DNA, che in un quarto dei casi interessano i geni BRCA 1 e/o BRCA 2. Secondo i dati riportati nel documento I numeri del cancro in Italia-2019 (AIRTUM-AIOM-Fondazione AIOM), il rischio di ammalarsi nel corso della vita di tumore mammario è pari a circa il 65 per cento per le donne portatrici di mutazioni del gene BRCA 1, mentre la percentuale scende al 40 per cento circa se la mutazione interessa il gene BRCA 2.

La prevenzione del tumore del seno deve cominciare a partire dai 20 anni di età con controlli annuali del seno eseguiti da uno specialista senologo, affiancati alla mammografia biennale dopo i 50 anni o all'ecografia, ma solo in caso di necessità, in donne giovani.

Leggi anche

Visita senologica

La visita senologica consiste nell'esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato. L’esame, semplice e indolore, è effettuato nello studio del medico senza l'ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile a chiarire situazioni un po' sospette.

Il senologo, prima di cominciare l'esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell'anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni utili a un’eventuale diagnosi: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l'esame clinico che parte con l'osservazione e termina con la palpazione.

La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente rivolgersi al proprio medico di base o al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l'ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è raccomandata anche la mammografia.

Esami strumentali

Le donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno, primo tra tutti la mammografia, affiancata da altri quali ecografia o risonanza magnetica. La prevenzione è fondamentale perché individuare un tumore ancora molto piccolo aumenta notevolmente la possibilità di curarlo in modo definitivo, ma è importante scegliere lo strumento più adatto.

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal ginecologo o da un medico esperto. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l'analisi con un’ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati. Ci sono però alcune eccezioni: nelle linee guida AIOM si legge infatti che sarebbe opportuno iniziare i controlli mammografici già a 25 anni o 10 anni prima dell’età di insorgenza del tumore nel familiare più giovane nelle donne ad alto rischio (importante storia familiare di carcinoma mammario o presenza di mutazione di BRCA1 e/o BRCA-2), nonostante i limiti di sensibilità della tecnica in questa popolazione.

Tra i 40 e i 50 anni le donne con casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.

Tra i 50 e i 69 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza alle donne in questa fascia di età è raccomandato un controllo mammografico biennale. All’interno della comunità scientifica internazionale, gli esperti sono in genere d’accordo nel sostenere l’utilità della mammografia come strumento di screening nella popolazione di età compresa tra 50 e 69 anni, mentre rimane aperto il dibattito per quanto riguarda la fascia da 40 a 49 anni e anche quella sopra i 70 anni. Anche la frequenza ottimale dei controlli resta oggetto di discussione.

Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2, in aggiunta alla mammografia e alla visita clinica, è indicata anche una risonanza magnetica annuale.

Autopalpazione

L'autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria: permette di cogliere precocemente cambiamenti nelle mammelle.

L'esame si svolge in due fasi: l'osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo, la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c'erano.

Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria, ma in realtà grazie a questo esame possono emergere altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.

A partire dai 20 anni l'esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.

È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l'età, il peso corporeo, la familiarità e l'uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno. A volte, specialmente nelle donne giovani, il seno è particolarmente denso e difficile da valutare correttamente con l'autoesame.

Tra i 40 e i 50 anni l'incidenza (cioè il numero di nuovi casi) del tumore del seno aumenta in modo rapido e costante e quindi per le donne in questa fascia di età l'autopalpazione è particolarmente raccomandata come strumento di prevenzione. Con il sopraggiungere della menopausa, l'esame può essere eseguito indifferentemente in qualunque periodo del mese e deve essere effettuato con regolarità anche e soprattutto dalle donne sopra i 60 anni poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.

L'autopalpazione è un primo strumento di prevenzione del tumore del seno, ma da sola non può bastare e deve essere abbinata, a partire dai 45-­50 anni, o anche prima in caso di familiarità o alterazioni, a visite senologiche ed esami strumentali più precisi come ecografia o mammografia.

Stili di vita

Per la prevenzione del cancro gli esami di controllo periodici sono importanti, ma anche uno stile di vita salutare contribuisce a ridurre il rischio di ammalarsi. In particolare si stima che adottare abitudini più sane possa evitare la comparsa di un cancro su tre.

Per raggiungere questo importante traguardo di prevenzione le regole da adottare sono molto semplici e riguardano in modo particolare: alimentazione, esercizio fisico, abitudini voluttuarie, cioè quelle abitudini che danno piacere ma sono pericolose per la salute come il fumo o il consumo eccessivo di alcol.

Non occorrono grandi sforzi: basta porre un po' di attenzione a ciò che si mangia e cercare di non condurre una vita troppo sedentaria.

Mantenere il peso forma non è solo un'esigenza estetica, ma anche e soprattutto una scelta di salute contro l'insorgenza di molti tumori. Per esempio, un buon metodo per ridurre il rischio di tumore consiste nel seguire la tradizionale dieta mediterranea. Peraltro un'alimentazione sana ed equilibrata aiuta anche a prevenire le malattie cardiovascolari e a vivere una vecchiaia in piena forma. Oltre alla qualità del cibo conta anche la quantità: è importante non eccedere con le calorie introdotte che devono essere calcolate in base all'età, al peso, al tipo di attività svolta e a diversi altri parametri personali.

Non bisogna essere atleti per ridurre il rischio di cancro: basta svolgere un'attività fisica moderata per almeno 30 minuti al giorno e per almeno cinque giorni alla settimana. Questo tipo di attività può includere, per esempio, una passeggiata nel parco o la scelta di salire le scale a piedi piuttosto che usare l'ascensore o muoversi in bici e non in macchina.

Nel caso dell’alcol i dati parlano chiaro: le donne che consumano 2-3 bevande alcoliche al giorno hanno un rischio di tumore del seno del 20 per cento più alto rispetto a quelle che non consumano alcol. In genere per bevanda alcolica si intende una quantità di alcol pari a 12 grammi, quella contenuta in una lattina di birra da 33 cl, un bicchiere di vino da 125 ml o un bicchierino di superalcolico da 40 ml. Da non dimenticare il fatto che l’abuso di bevande alcoliche aumenta anche il rischio di molti altri tumori: dal fegato allo stomaco, dalla bocca all’esofago.

Come mostra una revisione della letteratura pubblicata nel 2017 sulla rivista Breast Cancer - Targets and Therapy, anche chi fuma aumenta il proprio rischio di tumore mammario (oltre di quello del polmone, della bocca e della vescica). Il fumo, incluso quello passivo, aumenta inoltre il rischio che la malattia progredisca e può potenzialmente influenzare la risposta alla terapia, rendendo più complessa la guarigione.

Importante quindi evitare di esporsi a fumo e ad abuso di alcol nel corso dell’intera vita.

Queste semplici regole generali sono valide, con qualche opportuna modifica, a tutte le età.

Ormoni

Gli ormoni, e in particolare gli estrogeni, hanno un ruolo fondamentale nel regolare i processi legati alla fertilità e possono influenzare il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. Tutto comincia con il primo ciclo mestruale che determina profondi cambiamenti mensili nel corso del periodo fertile e fino all'avvento della menopausa, quando si instaurano nuovi equilibri ormonali. Ogni fase della vita della donna è dunque caratterizzata da un tipico quadro ormonale e quindi anche il rischio di tumore cambia con l'età.

Tra i 20 e i 40 anni, per esempio, l'utilizzo della pillola contraccettiva e le eventuali gravidanze sono gli eventi più importanti dal punto di vista ormonale. In particolare gli ormoni assunti con la pillola potrebbero diminuire il rischio di tumore ovarico (di cui sono, di fatto, l'unico mezzo preventivo) a costo di un lievissimo aumento del rischio di tumore al seno (più con le vecchie pillole ad alto dosaggio che con quelle attuali, a basso dosaggio). Invece le gravidanze, che generano un blocco della produzione di estrogeni, hanno un effetto protettivo contro il tumore del seno e dell'ovaio. Anche gli ormoni assunti per le cure contro l'infertilità sembrano influenzare il rischio di sviluppare tumori dell'ovaio, ma i dati non sono ancora conclusivi.

La fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni è in genere caratterizzata da un cambiamento importante dal punto vista ormonale, che avviene durante la menopausa. Le ovaie smettono di produrre ormoni e quindi l'organismo è meno esposto all'azione degli estrogeni, in genere responsabili di un aumento del rischio di cancro. La terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni a volte è utilizzata per contrastare gli effetti negativi della menopausa (per esempio vampate di calore, osteoporosi, effetti cognitivi per esempio di memoria) e sembra essere un fattore di rischio per alcuni tumori come quello dell'endometrio e del seno. Questa terapia, la cui prescrizione è drasticamente diminuita rispetto al passato, è ancora comune e resta oggetto di dibattito. È fondamentale quindi valutare con estrema attenzione assieme al proprio medico i rischi e benefici di una terapia ormonale sostitutiva, ricordando che alcuni sintomi della menopausa possono essere eliminati o almeno alleviati grazie a modifiche dello stile di vita.

Test genetici

La maggior parte dei tumori è di origine "sporadica" ovvero si manifesta senza alcun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni, ma in alcuni casi (non più del 10 per cento di tutti i tumori) si può parlare anche di rischio ereditario di cancro, legato, cioè, alla trasmissione da parte dei genitori di un gene mutato.

Sono stati messi a punto alcuni test genetici in grado di stimare con maggior precisione il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico e uno dei tumori per i quali esiste questa possibilità è proprio quello del seno, il tumore più frequente nelle donne. È stato infatti osservato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se diagnosticata in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell'ovaio).

Esistono dei criteri molto precisi per valutare se è utile eseguire una valutazione con un genetista. Questi criteri si basano sulla probabilità di aver ereditato la mutazione in base all’età di insorgenza del tumore, alle sue caratteristiche e/o al grado di parentela con familiari che hanno avuto un tumore.

Secondo le ultime linee guida dell’AIOM, il medico può suggerire un consulto con un genetista se vi sono una o più di queste condizioni:

  • La persona affetta da tumore del seno:
    • ha un familiare portatore di mutazione genetica
    • ha avuto anche un tumore dell’ovaio
    • ha avuto un tumore del seno prima dei 36 anni
    • ha avuto un tumore del seno di tipo “triplo negativo” prima dei 60 anni
    • ha avuto un tumore del seno bilaterale prima dei 50 anni
    • è di sesso maschile
  • La persona ha avuto un tumore del seno prima dei 50 anni e ha un familiare di primo grado (cioè un genitore, un fratello, una sorella, un figlio o una figlia) che ha avuto:
    • un tumore del seno prima dei 50 anni
    • un tumore dell’ovaio a qualsiasi età
    • un tumore mammario bilaterale
    • un tumore mammario maschile
    • un tumore del pancreas
    • un tumore della prostata

Inoltre è il caso di sottoporsi a un consulto con un genetista anche se a una paziente il tumore al seno è stato diagnosticato dopo i 50 anni, ma ha almeno due o più parenti di primo grado tra loro (di cui uno di primo grado con lei) che hanno avuto un tumore della mammella o del pancreas.

Una volta stabilita la necessità di sottoporsi al test, mediante un colloquio con un genetista medico e un oncologo, si procede con un banale prelievo di sangue e con l’estrazione del DNA da verificare. Il risultato potrà essere positivo o negativo, cioè si potrà sapere se la mutazione è stata effettivamente trovata oppure no.

È importante sottolineare che avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico non è dunque uno strumento di prevenzione nel senso classico del termine, ma si limita a fornire informazioni sul rischio eventualmente aumentato di ammalarsi di tumore nel corso della vita e deve essere svolto solo dopo una consulenza con il genetista medico che ne valuterà l’opportunità.

In base al risultato del test, il genetista medico e l'oncologo sapranno raccomandare un piano di prevenzione individuale basato su controlli più frequenti e attenti che permetteranno di gestire al meglio il rischio e di individuare un eventuale tumore nelle sue fasi più precoci. Al momento attuale, tranne che per il seno e l'ovaio, non esistono test genetici disponibili per gli altri tumori esclusivamente femminili.

  • Agenzia Zoe

  • Articolo pubblicato il:

    22 ottobre 2020