Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Attraverso uno studio delle proprietà meccaniche delle cellule di cancro al seno, Stefano Piccolo spera di ottenere importanti risultati combinando la biologia molecolare, che studia le alterazioni genetiche, con la meccanobiologia, che studia le forze fisiche a cui le cellule tumorali sono sottoposte.
"Noi siamo le persone che incontriamo e la fortuna di uno scienziato è data dai suoi maestri". Esordisce così Stefano Piccolo, professore ordinario di biologia molecolare presso il Dipartimento di medicina molecolare dell'Università di Padova, affiliato anche all'Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) di Milano, dove coordina il programma "Biologia dei tessuti e tumorigenesi". La sua attività di ricerca studia come le cellule si relazionano con l'ambiente e con i segnali che da esso derivano per mantenere la propria forma e funzione e il modo in cui la rottura di questo equilibrio possa portare allo sviluppo di un tumore.
Di buoni maestri Piccolo ne ha avuti diversi, da ambedue i lati dell'oceano. Dopo la laurea e il dottorato di ricerca conseguiti presso l'Università di Padova, si è spostato in California, a Los Angeles, allo Howard Hughes Medical Institute - UCLA, lavorando presso il laboratorio di Edward De Robertis, per poi tornare in Italia dopo quattro anni. "Le persone con cui ho studiato mi hanno insegnato tre cose che hanno influenzato il modo in cui faccio ricerca: non essere soddisfatti dello status quo e chiedersi cosa c'è oltre quello che già sappiamo, mai fare qualcosa senza prima chiedersi se e quanto sia importante e far sì che ogni nostro contributo quotidiano serva a un disegno più grande, perché nella vita di un ricercatore troppe volte si rischia di essere distratti da obiettivi di breve termine, da successi o insuccessi che sono in realtà effimeri" spiega Piccolo.
Per il ricercatore padovano, la ricerca contro il cancro deve occuparsi del fenomeno nella sua complessità. "In 40 anni di ricerca abbiamo guardato soprattutto nella direzione delle mutazioni genetiche. Abbiamo raggiunto alcuni traguardi, ma la metastasi, cioè la diffusione del tumore nell'organismo, rimane una sorta di montagna inviolata, un problema ancora insormontabile".
Piccolo riconosce che la scelta di AIRC di dedicare uno dei suoi programmi legati alle erogazioni provenienti dal 5 per mille allo studio delle metastasi sia una strategia vincente e racconta perché ha deciso di partecipare al bando. L'obiettivo principale del suo progetto è infatti studiare in dettaglio il ruolo di meccanismi di "meccano-trasduzione" nelle metastasi del tumore mammario. In altre parole, si tratta di comprendere come i segnali e le spinte di tipo meccanico e fisico siano in grado di dare alle metastasi quei "superpoteri" che permettono loro di crescere in ambienti diversi. Verranno studiate in particolare le caratteristiche del microambiente metastatico e sarà prestata grande attenzione al ruolo di alcune molecole - tra cui ATR, coinvolta nella riparazione del danno al DNA - e dei geni YAP e TAZ, la cui attivazione dipende proprio dagli stimoli meccanici che arrivano dal microambiente. Il progetto punta anche a identificare nuovi bersagli contro i quali indirizzare terapie mirate e nuove strategie terapeutiche per la cura del cancro al seno che, agendo sugli aspetti meccanici delle metastasi, possano migliorare l'efficacia delle attuali terapie, prima tra tutte l'immunoterapia.
Agli esordi della sua carriera Piccolo si era dedicato allo studio della matrice extracellulare, quella sorta di "colla" che tiene insieme le cellule e all'interno della quale avvengono molti scambi importanti per la comunicazione tra un elemento cellulare e l'altro. Negli Stati Uniti si era poi focalizzato sul trasferimento delle informazioni tra le cellule e sui segnali che utilizzano a tale scopo. "Ho capito che dovevo concentrarmi su un aspetto specifico della biologia dei tessuti: capire che cosa rende la cellula un'entità sociale che si aggrega in tessuti che crescono e si riproducono secondo regole condivise. E che cosa fa della cellula cancerosa il prototipo del comportamento antisociale, un tessuto in cui ciascun elemento si comporta come se non fosse vincolato da regole comuni."
Per comprendere fenomeni complessi come questi sono necessari strumenti multidisciplinari: per studiare la proprietà dei tessuti Piccolo si ispira anche alle competenze della fisica e dell'ingegneria e non solo alle conoscenze classiche della biologia molecolare.
"Pensiamo agli stormi di uccelli in primavera: hanno regole di comportamento comuni che vanno oltre il comportamento del singolo componente" spiega ancora Piccolo. "Quando in un sistema compare una proprietà che è maggiore della somma delle proprietà dei singoli componenti, ci si trova di fronte a una proprietà detta emergente, tipica dei sistemi complessi. Ho quindi deciso di studiare le proprietà emergenti del tessuto canceroso, che fanno sì che abbia un comportamento diverso da quello atteso."
I tessuti del corpo umano sono sistemi complessi in cui molte delle regole sono dettate dalle proprietà meccaniche delle singole cellule. Per esempio, un tessuto smette di crescere quando lo spazio che ha a disposizione è tutto occupato. "La singola cellula percepisce la presenza di tutte le altre che le stanno intorno e invia segnali che, attraverso la modulazione dei geni, influenzano il comportamento del tessuto" spiega ancora l'esperto. "Nel cancro questi segnali sono diversi e talvolta mancano, portando a una crescita incontrollata".
In biologia si è studiato a lungo il sistema di messaggi chimici che le cellule si mandano. "Nel caso di un tessuto, però, non si può pensare che tutte le informazioni viaggino solo attraverso la chimica, che influenza le 5 o 6 cellule limitrofe a quella che ha emesso il segnale. Sono invece le proprietà meccaniche, la compressione e distensione delle cellule, le forze fisiche impresse sul tessuto a fare la differenza" racconta il ricercatore. "Misuriamo quindi la tensione cellulare, ovvero l'insieme di forze dovute ai tessuti che si aggrappano alla matrice extracellulare. È questa la vera benzina del tumore, la base della sua crescita e malignità".
Piccolo ha scoperto che le forze sono "lette" dalla cellula attraverso YAP, un potentissimo oncogene, ovvero un gene che può favorire la crescita dei tumori: in sostanza, il sistema di forze meccaniche si manifesta anche a livello molecolare attraverso la modulazione dei geni. L'approccio genetico alla malattia non viene quindi eliminato, ma i geni su cui intervenire dipendono dalle proprietà meccaniche del tessuto.
"Il vero Santo Graal della ricerca oncologica è l'identificazione dei meccanismi chiave di questo complesso passaggio dalla chimica alla meccanica alla genetica e viceversa" spiega Piccolo, che aggiunge: "Così come i gruppi criminali hanno regole al loro interno diverse da quelle della parte sana della società, così anche i tumori devono avere delle proprie regole. A me interessa capire in che modo queste vengono modulate dal microambiente, cioè da tutto ciò che sta intorno al tumore vero e proprio."
"L'idea alla base del nostro progetto finanziato da AIRC è guardare alle cellule metastatiche in un modo diverso da come sono state viste fino a ora. Le metastasi sono entità che sfuggono alla classica definizione di cancro come malattia genetica. Non esistono, nonostante siano stati cercati in modo estensivo, dei drivers genetici di metastasi, cioè non esistono geni che le provocano in senso stretto. Nelle cellule metastatiche troviamo le stesse lesioni che sono presenti nei tumori primari. Quindi, se non esiste un programma genico apposito, vuol dire che i tumori acquisiscono le loro proprietà attraverso meccanismi non genetici. È il microambiente, in ultima analisi, che determina la capacità di crescere di una metastasi".
Un secondo obiettivo del progetto è studiare farmaci in grado di interferire con la particolare rigidità delle cellule tumorali, rigidità che si sviluppa soprattutto quando queste diventano resistenti alle terapie e che dipende da un meccanismo microambientale.
La collaborazione con IFOM costituisce una parte importante dell'attività di Piccolo e del suo laboratorio, come spiega: "L'Italia è diventata un leader nel campo della ricerca in meccanobiologia, e IFOM è uno dei centri più importanti in questo settore. Essere affiliati a questa istituzione, anche se facciamo parte dell'Università di Padova, ci dà più forza e ci permette di acquisire nuove competenze. Ma per il progetto legato al 5 per mille i centri coinvolti sono ben 16 e vanno dal Veneto all'Emilia, dal Lazio alla Sicilia".
Per studiare il fitto dialogo e la "meccanicità" delle cellule del tumore mammario, Piccolo e colleghi passeranno attraverso lo studio della regolazione dei meccano-trasduttori YAP e TAZ e ATR. Lavorando su campioni e modelli cellulari prelevati da pazienti, i ricercatori vogliono verificare se e come le metastasi possano cambiare comportamento in funzione del microambiente in cui vengono poste e che potrà avere caratteristiche diverse, per esempio essere più o meno rigido. Un altro approccio sarà quello di agire sulle cellule e cambiarne le caratteristiche meccaniche per permettere all'ambiente di riportarle alla normalità o a un comportamento meno aggressivo. Per questa parte del progetto saranno utilizzati campioni specifici per ogni singolo paziente, che verranno analizzati in dettaglio grazie a tecniche avanzate. Prima di arrivare al paziente, inoltre, i risultati saranno anche valutati in modelli animali sviluppati ad hoc. Modificare la "meccanicità" agendo sulle cellule metastatiche o sul microambiente che le circonda potrebbe non bastare per eliminare il problema in modo definitivo. Ecco perché all'interno del progetto sono previsti studi clinici che andranno a valutare potenziali nuovi approcci terapeutici, come il ricorso a un trattamento che punti a colpire gli aspetti meccanici, in combinazione per esempio con la chemioterapia.
Daniela Ovadia