Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2024
Dopo oltre 20 anni di attività chiude i battenti il National Cancer Research Institute, un vero terremoto che avrà conseguenze sulla ricerca indipendente, non solo britannica.
“Cari colleghi, è con un misto di orgoglio e rammarico che vi scriviamo per informarvi che, dopo 22 anni straordinari, il NCRI chiuderà i battenti.” Inizia così la lettera scritta da Fiona Driscoll, direttrice del National Cancer Research Institute (NCRI), a nome dei membri del Consiglio di amministrazione dell’istituto.
L’annuncio della chiusura ha suscitato forti reazioni all’interno della comunità scientifica del Regno Unito, che da un lato si è mostrata indignata per questa decisione e dall’altro ha espresso preoccupazione per il futuro della ricerca indipendente nel Paese e per il benessere dei pazienti.
“La decisione non è stata presa alla leggera e ha avuto un grande impatto su tutto lo staff del NCRI” scrive Driscoll, spiegando che alla base della chiusura c’è l’incertezza del contesto economico e di ricerca. “Queste incertezze hanno generato domande relative alla sostenibilità del modello operativo del NCRI alle quali non abbiamo trovato risposta”, ha affermato, aggiungendo: “A malincuore, quindi, il Consiglio ha deciso che il rischio di fallimento operativo era troppo alto per continuare”.
Oltre 20 anni di successi
Il NCRI nasce ufficialmente nel 2001, a seguito della pubblicazione del primo piano oncologico del servizio sanitario britannico (National Health Service o NHS). L’obiettivo primario dell'Istituto era identificare le aree della ricerca oncologica dove erano concentrati i problemi e bisogni maggiori, e contribuire alla loro soluzione, con una grande attenzione agli aspetti clinici e ai pazienti. L’istituto si sarebbe occupato di affrontare tali temi anche in regioni decentrate del paese. Nel tempo, l’istituto ha lavorato per trovare soluzioni alle sfide identificate e ha sviluppato progetti che potessero portare a far progredire la ricerca oncologica.
I finanziamenti raccolti attraverso i partner associati al NCRI sono significativi. Come si legge in un articolo pubblicato sulla rivista Lancet, nel biennio 2020-2021 i partner di NCRI hanno investito 630 milioni di sterline (circa 735 milioni di euro). I numeri sono raccolti in un database, istituito nel 2002, il cui scopo è tenere traccia dei fondi destinati alla ricerca oncologica. “È la colla che unisce la comunità della ricerca oncologica” ha detto Hashim Uddin Ahmed, direttore dell’urologia all’Imperial College di Londra, descrivendo il NCRI.
La parola agli esperti
Immediatamente dopo l’annuncio della chiusura, nel giugno scorso, gli esperti hanno fatto sentire la propria voce e alcune delle loro reazioni sono state raccolte dal Science Media Centre britannico, un ente di informazione indipendente che sostiene il lavoro dei giornalisti.
“Spero che questa decisione non preceda un ulteriore deterioramento della ricerca clinica oncologica nel Regno Unito: potrebbe essere devastante per le persone colpite dal cancro in questo paese”, ha commentato Nick James, dell’Institute of Cancer Research di Londra, che definisce sconvolgente la chiusura del NCRI. Gli fa eco Mark Lawler della Queen’s University di Belfast, che parla della chiusura come di una “martellata”. “La ricerca oncologica non è un lusso, è una necessità per far progredire le cure del cancro nel ventunesimo secolo. È un brutto giorno per i pazienti oncologici”.
Proprio i pazienti sono al centro delle preoccupazioni di tanti esperti, poiché rischiano di perdere il ruolo di primo piano che si sono conquistati grazie al lavoro del NCRI. “È importante il modo in cui il NCRI ha sostenuto la voce dei pazienti e del pubblico nella definizione degli obiettivi della ricerca” afferma Robert Huddart, dell’Institute of Cancer Research di Londra.
L’altra potenziale “vittima” della chiusura del NCRI è la ricerca indipendente. Molti medici e scienziati lamentano il fatto che, nel nuovo scenario, potrebbe venire a mancare una discussione aperta e trasparente tra i diversi enti finanziatori. Sorge quindi il timore che ci siano meno controlli e meno possibilità di discussioni davvero indipendenti da parte del governo. Richard Sullivan, direttore dell’Istituto di politiche oncologiche presso il King’s College di Londra, teme che la ricerca si sposti prevalentemente verso interventi farmacologici, allontanandosi dagli altri obiettivi dell’NCRI. “È arroganza strategica pensare che il Governo o il Cancer Research UK, il più grande ente indipendente mondiale per il finanziamento della ricerca oncologica, possano portare avanti quegli obiettivi senza l’NCRI”, conclude.
Nei prossimi mesi sarà possibile vedere quali di queste previsioni potrebbero diventare realtà ma, senza dubbio, la ricerca oncologica, non solo britannica, ha perso una grande struttura a garanzia dell’indipendenza della scienza.
Agenzia Zoe