Tumore del seno: le ultime novità della ricerca

Ultimo aggiornamento: 4 febbraio 2021

Tumore del seno: le ultime novità della ricerca

Dal simposio di San Antonio, negli Stati Uniti, arrivano importanti novità su prevenzione, diagnosi precoce e qualità della vita per le pazienti con cancro mammario.

Il San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS) rappresenta da decenni uno degli appuntamenti più importanti dell’oncologia mondiale, per quanto riguarda le ultime ricerche sul tumore del seno. Nato come una conferenza locale della durata di un giorno, oggi l’incontro si svolge nell’arco di cinque giorni e vede la partecipazione di ricercatori e medici provenienti da decine di Paesi di tutti i continenti.

Tante le novità emerse anche nell’edizione 2020, svoltasi in modalità virtuale a causa della pandemia di coronavirus, ma comunque ricca di spunti fondamentali per chi si occupa di questa malattia e per chi ne è affetta.

Prevenire è meglio che curare

Di prevenzione si è parlato tanto nel corso del congresso. In particolare, in un mini-simposio dedicato proprio a questo argomento è emerso un messaggio molto chiaro: non tutte le strategie di prevenzione vanno bene per tutte le pazienti. Una delle più importanti resta senza dubbio l’adozione di abitudini e comportamenti salutari. “Una alimentazione varia ed equilibrata, il mantenimento di un peso nella norma e l’esercizio fisico costante dovrebbero far parte del programma di prevenzione fin dall’inizio” ha affermato Melinda Irwin, della Yale School of Public Health e del Yale Cancer Center, ricordando che, a seconda dei comportamenti e delle abitudini di vita che teniamo, possiamo intervenire su tre aspetti che influenzano il rischio di ammalarsi di tumore del seno: gli estrogeni, la sensibilità all’insulina e l’infiammazione.

Fondamentale anche il ruolo degli screening, efficaci per una diagnosi il più possibile precoce, anche se al momento mancano strumenti di alta precisione e in grado di predire il rischio di malattia futura, come ha ricordato Constance Lehman della Harvard Medical School.

La mastectomia profilattica, ovvero la rimozione chirurgica del seno a scopo preventivo, è capace di ridurre il rischio di sviluppare un tumore della mammella almeno del 90 per cento, ma resta una strategia molto invasiva e non sempre accettata di buon grado dalle pazienti ad alto rischio per familiarità con la malattia. Per questa ragione è essenziale portare avanti anche la ricerca sulla farmacoprevenzione. “Alcuni farmaci che modulano il recettore dell’estrogeno possono dimezzare la probabilità di ammalarsi in pazienti a rischio elevato, ma gli effetti collaterali non sono trascurabili” ha detto Powel Brown, dell’MD Anderson Cancer Center. Infine nel corso del meeting sono stati presentati alcuni studi su vaccini terapeutici che sembrano dare buoni risultati senza grandi effetti tossici.

Insomma, a oggi le strade percorribili per prevenire un tumore del seno sono tante, ma è fondamentale continuare a indagare per ridurre il più possibile i disagi per le pazienti.

La ripresa non è solo clinica

La guarigione dal tumore e garantire un’aspettativa di vita più lunga possibile alle pazienti sono senz’altro gli obiettivi cui qualunque medico presta maggiore attenzione nel corso della terapia. Ma non sono gli unici aspetti da considerare nel valutare il ritorno a una vita normale dopo un tumore del seno. Come emerso da una sessione del congresso dedicata proprio al questo tema, vanno presi in considerazione anche gli strascichi psicologici della malattia. Molte donne per esempio hanno problemi ad accettare le modifiche nel proprio aspetto fisico o nella sfera sessuale dopo la diagnosi e i trattamenti, disagi particolarmente sentiti dalle pazienti più giovani. “Il 60 per cento delle donne che ha superato un tumore del seno presenta disfunzione sessuale, ma solo il 7 per cento riceve un sostegno da parte dei propri medici” ha spiegato Ann Partridge del Dana-Farber Cancer Institute. E vanno valutati anche gli aspetti legati alla fertilità e alla possibilità di concepire e partorire. Uno studio condotto dai ricercatori italiani del Policlinico San Martino di Genova ha riportato risultati per molti versi rassicuranti in questo senso. Le donne in età fertile sopravvissute a un tumore del seno hanno in effetti minor probabilità di rimanere incinte e hanno un rischio maggiore di alcune complicazioni, ma una volta intrapresa la gravidanza, in genere partoriscono bambini sani e non hanno per questo effetti negativi sulla propria prognosi.

Inoltre, secondo uno studio presentato dai ricercatori dell’Università della California a Los Angeles, interventi comportamentali come quelli focalizzati su meditazione e consapevolezza possono aiutare le giovani pazienti a superare i sintomi depressivi, lo stress e la fatigue che possono durare anche per molti anni dopo la diagnosi.

Aggiungere o togliere terapie

Stando ai risultati di diversi studi presentati nel corso del simposio, pare che in alcuni casi sia possibile evitare determinate terapie senza rischiare di compromettere l’efficacia della cura e riducendo allo stesso tempo il rischio di inutili effetti collaterali.

Per esempio, dallo studio PRIMEII è emerso che non sottoporre a radioterapia pazienti anziane con tumore positivo per il recettore ormonale (HR+) dopo chirurgia conservativa non determini un’aspettativa di vita più bassa rispetto alle donne in cui la radioterapia viene invece effettuata.

Secondo un altro studio, invece, per alcune donne in post-menopausa si potrebbe evitare la chemioterapia adiuvante (ovvero effettuata dopo l’intervento chirurgico). Diverso il discorso per le donne in pre-menopausa che invece traggono beneficio da questo trattamento.

Infine, ma non certo meno importante, uno studio condotto dai ricercatori del Dana-Farber - Brigham and Women's Cancer di Boston, mostra che in pazienti con tumore del seno triplo negativo in fase iniziale somministrare l’immunoterapia in aggiunta alla chemioterapia standard rende più probabile una risposta immunitaria senza diminuire la qualità di vita delle pazienti stesse.

  • Agenzia Zoe