Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Le conoscenze su ciò che è meglio fare per mantenersi in salute (specialmente sul piano dell'alimentazione) sono state acquisite di recente e, nelle trenta edizioni dell'iniziativa di piazza per la distribuzione delle Arance della Salute, AIRC ha contribuito a diffonderle
Se AIRC ha scelto proprio le arance come frutto simbolo di una sana alimentazione, un po’ lo si deve anche a James Lind, medico della marina britannica vissuto agli inizi del XVIII secolo. Fu lui, infatti, a scoprire che lo scorbuto – una malattia che colpiva i marinai che compivano lunghe traversate senza mai toccare terra – dipendeva da una carenza alimentare: la mancanza di frutta e verdura fresca, che Lind risolse caricando sulle navi grandi quantità di agrumi, in grado di conservarsi a lungo. Oggi sappiamo che nell’alimentazione dei marinai veniva a mancare la vitamina C, di cui sono ricchi proprio limoni e arance.
Quella di Lind è considerata la prima ricerca medica moderna e la prima ricerca scientifica in tema di nutrizione, anche se già nell’antichità i medici attribuivano grande valore al cibo e alle sue proprietà protettive o, viceversa, ai suoi potenziali pericoli.
Il nesso tra alimentazione e sviluppo di una certa malattia viene studiato dall’epidemiologia. È questa la scienza che raccoglie una gran mole di dati sugli stili di vita delle persone e li analizza cercando di trovare un elemento comune a tutti coloro che si ammalano di una specifica malattia. Può sembrare semplice ma non lo è affatto, anche perché l’associazione di due fattori non significa necessariamente che vi sia tra loro una relazione di causa ed effetto.
Non è quindi sufficiente sapere che chi si ammala sia stato un grande consumatore di un determinato alimento: è necessario anche formulare un’ipotesi sui meccanismi che possano eventualmente collegare il consumo di quel cibo alla malattia. Per questo la ricerca moderna sta puntando sull’epidemiologia molecolare, che cerca di individuare le relazioni biologiche tra una determinata abitudine di vita e l’aumentato rischio di sviluppare una certa malattia.
Un altro sistema per verificare l’esistenza di una reale relazione di causa ed effetto è la sperimentazione in laboratorio (per esempio su tessuti trattati con grandi concentrazioni di un principio attivo contenuto in un alimento) o su modelli animali. Se l’esposizione a una certa sostanza in laboratorio induce la formazione di tumori (o la trasformazione della cellula), è possibile, talora anche probabile, che la stessa situazione si verifichi anche all’interno dell’organismo umano.
Quanto incide davvero l’alimentazione sul rischio di cancro? Il tema è dibattuto e non è semplice dare una risposta univoca. Secondo il World Cancer Research Fund, la maggiore istituzione internazionale dedicata all’analisi di quanto sappiamo in materia di alimentazione e cancro, le cattive abitudini alimentari sarebbero responsabili di circa il 30 per cento dei casi di tumore, una percentuale che sale se, oltre a non seguire una dieta equilibrata, si è anche sedentari.
Dagli inizi del XX secolo a oggi sono stati condotti molti studi epidemiologici importanti. Lo studio Framingham ha analizzato gli stili di vita degli abitanti della omonima cittadina del Massachusetts per ben 72 anni (l’osservazione è iniziata nel 1948) fornendo dati importanti sul ruolo dell’obesità nello sviluppo di malattie cardiovascolari e tumori.
Il Nurses’ Health Study, che analizza gli stili di vita delle infermiere americane fin dal 1976, ha permesso di scoprire il ruolo dell’alimentazione nello sviluppo dei tumori femminili.
Infine lo studio EPIC, a cui ha contribuito in passato anche AIRC, ha permesso di scoprire quali abitudini alimentari degli europei aiutino a prevenire i tumori e quali, invece, ne rendano più probabile l’insorgenza. Lo studio è partito nel 1992 ed è ancora in corso; nei prossimi anni potrà dare informazioni importanti, perché i ricercatori hanno a disposizione campioni biologici (sangue, tessuti) di molti dei partecipanti e contano di verificare quali caratteristiche molecolari sono cambiate nel corso del tempo in relazione agli stili di vita e di mettere queste variazioni in relazione con la sviluppo di eventuali malattie.
Più recentemente, un panel di studiosi si è riunito sotto la sigla EAT Lancet per tentare di mettere ordine nella gran mole di studi pubblicati su cibo e salute, le cui conclusioni sono talvolta in contrasto tra loro. L'obiettivo era ambizioso: identificare le caratteristiche universali di una dieta salutare, ovvero l'equilibrio tra i diversi cibi applicabile a tutti i diversi stili alimentari e a tutte le culture.
Le critiche al progetto EAT Lancet non mancano (secondo alcuni le raccomandazioni non sarebbero abbastanza stringenti per essere davvero protettive), ma si tratta comunque di un tentativo interessante che considera anche la sostenibilità ambientale della produzione del cibo, perché una dieta sana deve esserlo sia per l'individuo, sia per l'ambiente.
Tutti gli studi, però, convergono su un punto: nessun alimento, da solo, è in grado di prevenire i tumori (o qualsiasi altra malattia). L'effetto preventivo dell'alimentazione è una questione di dieta, più che di singoli cibi. La dieta mediterranea è la più facile da seguire e quella a favore della quale esiste la maggior quantità di studi disponibili. Le regole sono semplici: consumare molti alimenti di origine vegetale, un po' di frutta, carboidrati provenienti soprattutto da cereali integrali, proteine prevalentemente vegetali (come i legumi) riducendo quelle di origine animale, un po' di pesce e olio d'oliva come fonte privilegiata di grassi.
La ricerca sulle specifiche cause di cancro legate all'alimentazione inizia a produrre significativi risultati. Sono identificati alcuni cancerogeni chimici, in seguito vietati ed eliminati.
Uno studio dimostra che gli immigrati giapponesi negli USA si ammalano, dopo qualche anno, di tumori simili a quelli degli americani. A conferma del ruolo degli stili di vita nello sviluppo dei tumori.
L'oncologo Burkitt ipotizza che la mancanza di fibre nella dieta occidentale possa contribuire allo sviluppo del cancro del colon.
Lo IARC di Lione diffonde i dati di incidenza del cancro divisi per Paesi. Numeri e tipi variano moltissimo: un'indicazione che le cause possano essere legate ad ambiente e stili di vita, oltre che a caratteristiche genetiche di ciascuna popolazione.
Vengono pubblicati alcuni studi sulla relazione tra conservazione dei cibi sotto sale, bassi livelli di vitamina C e cancro dello stomaco.
Due epidemiologi britannici, Richard Doll e Richard Peto, stimano che il 30-35 per cento dei tumori possa essere prevenuto con una dieta caratterizzata da meno grassi e carne e più frutta e verdura.
La National Academy of Sciences pubblica negli USA il primo grande rapporto su cibo e cancro, che comprende anche le prime linee guida per una corretta alimentazione.
Vengono pubblicati molti studi che confermano la relazione tra alcuni cibi e il cancro ed evidenziano molte altre associazioni fra stili di vita e tumori. Risultano correlati il consumo di alcolici e i tumori del colon e del seno.
L'epidemiologa italiana Silvia Franceschi osserva che per la prevenzione del cancro una dieta varia è migliore di una dieta anche sana ma molto restrittiva.
Gli epidemiologi Steinmetz e Potter dimostrano che le diete ricche di vegetali e frutta (comprendenti quindi fibre, sostanze antiossidanti e altri micronutrienti) riducono il rischio di ammalarsi.
Si chiude la raccolta dei dati di EPIC, lo studio epidemiologico sulle abitudini di vita degli europei, cofinanziato da AIRC. I risultati indicano che la dieta mediterranea è il modello alimentare più efficace nella prevenzione del cancro.
I dati EPIC evidenziano che il consumo di flavonoidi (antiossidanti contenuti in molti cibi di origine vegetale) riduce il rischio di cancro gastrico. Si conferma inoltre il rischio associato al consumo di carni lavorate.
Da EPIC arrivano altre informazioni che dimostrano come l'obesità costituisca un fattore di rischio per molti tipi di tumori, in particolare se aumenta la circonferenza addominale.
Redazione