Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Chiedere il parere di un secondo esperto non significa “fare un torto” al proprio oncologo, ma piuttosto aumentare le probabilità di una diagnosi corretta e di un trattamento su misura
Secondo uno studio i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista JAMA Open, la diagnosi di melanoma risulta più accurata e attendibile per i pazienti che a seguito di una diagnosi hanno richiesto un'opinione a un secondo medico, in particolare quando viene interpellato un patologo esperto in dermatologia e oncologia. “La diagnosi rappresenta il fondamento per il successivo trattamento ed è importante che sia corretta e accurata, anche perché dietro a ogni campione analizzato c’è un paziente in carne e ossa” spiega Joann Elmore, dell’Università della California Los Angeles (UCLA), che ha guidato il gruppo di lavoro. Come ricordano gli autori, i secondi pareri aiutano il paziente perché portano in genere a esiti migliori grazie a diagnosi e scelte terapeutiche più precise. Sono utili anche ai sistemi sanitari poiché si traducono in un utilizzo più efficiente delle risorse economiche. Nonostante questi vantaggi, però, sono ancora tanti i pazienti che si fanno scrupoli quando si tratta di interpellare un altro specialista.
Non è detto che il secondo parere debba essere richiesto dopo ogni diagnosi di tumore, ma è importante sapere che ciascun paziente ha il diritto di riceverlo se lo desidera. Le ragioni per rivolgersi a un altro medico sono tante: essere sicuri di ricevere il miglior trattamento disponibile oppure ottenere una valutazione da parte di specialisti più esperti. Ma ci sono anche motivazioni in un certo senso più soggettive e non per questo meno valide, come per esempio la conferma di quanto già detto dal primo medico, con il quale magari non si riesce a instaurare un rapporto sufficientemente libero e aperto. Non bisogna però dimenticare che chiedere una seconda opinione potrebbe comportare anche qualche rischio, in particolare un ritardo nell’inizio dei trattamenti, la necessità di spostarsi in un altro centro, magari lontano da casa, e il dover sopportare lo stress di sentire ancora una volta la diagnosi. Potrebbe anche succedere che il secondo medico consultato giunga a risultati differenti dal primo. Che fare in questi casi? Nessuno vieta di interpellare un altro esperto, ma per evitare inutili pellegrinaggi è bene ricordare che è sempre possibile rivolgersi nuovamente al primo medico, e che spesso i due specialisti si possono confrontare direttamente tra loro per arrivare alla decisione migliore per il paziente.
Di fronte a dubbi sulla diagnosi, a volte è il medico stesso a richiedere il parere di un collega, soprattutto nei casi di tumori più rari o di incertezza sulla corretta strategia terapeutica. A conferma dell’atteggiamento positivo dei medici verso la seconda opinione, l’Associazione italiana di oncologia medica ha presentato nel corso del congresso nazionale del 2018 il Decalogo della seconda opinione in oncologia: dieci punti che aiutano il medico a sostenere il paziente nel suo percorso e nelle esigenze anche psicologiche.
Il futuro potrebbe riservare anche altre possibilità per aiutare medici e pazienti a raggiungere i risultati migliori in termini di diagnosi e di terapia. Passi avanti sono già stati fatti grazie alle reti oncologiche, che permettono ai medici di confrontarsi sui casi più complessi e più rari con i colleghi in forza a centri di riferimento per una specifica patologia. Nuove speranze sono riposte anche nei progressi tecnologici, in particolare negli sviluppi della cosiddetta intelligenza artificiale, che in alcuni casi ha già dimostrato come sistemi computerizzati adeguatamente “istruiti” a leggere i risultati degli esami clinici possano aiutare i medici nella diagnosi.
Una volta decisi a chiedere il secondo parere, è necessario innanzitutto scegliere il medico o il centro a cui rivolgersi. La scelta dovrebbe in linea generale ricadere su un istituto con provata esperienza e casistica nella specifica patologia che è stata diagnosticata. Chiedere al medico di fiducia o al primo oncologo consultato può essere utile per indirizzare la propria scelta. In effetti, molti centri oncologici italiani mettono a disposizione dei pazienti un servizio di “seconda opinione”: consultando i siti web dei singoli istituti è possibile ottenere tutte le informazioni necessarie su come fare la richiesta, sui documenti necessari e sui tempi di attesa per ricevere il nuovo parere. Tempi e costi possono rappresentare un problema: richiedere una visita privata per la seconda opinione a uno specialista potrebbe essere costoso e inoltre non sempre è il caso di rimandare l’inizio dei trattamenti in attesa di sentire altri pareri. Un dialogo aperto con lo specialista è sempre la scelta migliore per decidere come procedere.
Agenzia Zoe