Ultimo aggiornamento: 8 marzo 2021
Identificato una nuova associazione tra un gene coinvolto nei ritmi circadiani e il cancro della prostata in fase avanzata, a conferma dell’importanza dell’orologio biologico per la salute dell’organismo.
Oltre a essere un importante regolatore del cosiddetto orologio biologico, il gene CRY-1 ha un ruolo di primo piano nella riparazione dei danni al DNA e potrebbe essere un nuovo bersaglio per il trattamento dei tumori della prostata.
Questa è la conclusione di un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications, uno degli ultimi in ordine di tempo ad approfondire lo stretto legame tra ritmi circadiani e cancro.
I ricercatori del Sidney Kimmel Cancer Center (SKCC)-Jefferson Health di Philadelphia, negli Stati Uniti, hanno dimostrato che CRY-1, la cui espressione aumenta nei tumori della prostata in stadio avanzato, partecipa alla risposta contro i danni al DNA. Più precisamente, CRY-1 regola direttamente la disponibilità di alcuni fattori necessari a riparare i danni; modifica le risposte delle cellule tumorali quando è il loro DNA a subire un’alterazione; se il danno è indotto da radiazioni, l’espressione di CRY-1 aumenta.
Come spiegano gli autori, CRY-1 potrebbe quindi da un lato aiutare a proteggere i tessuti sani dai danni causati dalle terapie anticancro, dall’altro, nei tumori con livelli elevati di questo gene, rendere meno efficaci i trattamenti che vanno a colpire i meccanismi di riparazione del danno al DNA.
L’orologio biologico (o circadiano) è un meccanismo molecolare che permette all’organismo di “tenere il tempo”, regolando le oscillazioni dei processi biologici nel corso della giornata, in modo da sincronizzarli con i ritmi di luce e buio. L’importanza di questi meccanismi per la salute umana non è certo passata inosservata, tanto che il premio Nobel per la medicina è stato assegnato nel 2017 a Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young “per le loro scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano”.
Le interferenze con questo orologio si traducono spesso in problemi per la salute. Del resto, anche un’interferenza lieve e temporanea, come viaggiare attraverso zone con diversi fusi orari, causa qualche disagio. Interferenze più durature, come lavorare di notte anziché di giorno, sono associate anche al rischio di sviluppare diversi tumori (prostata, mammella, colon, fegato, pancreas, ovaio e polmone).
I primi studi a mettere in luce questo legame sono stati proprio quelli che hanno analizzato gli effetti di lavori che prevedevano turni da svolgere in orari notturni. I ricercatori hanno osservato che in persone che svolgevano lavori di questo tipo da oltre 20 anni e che di conseguenza avevano un ritmo di sonno-veglia fortemente alterato, vi era un aumento del rischio relativo di sviluppare tumore del seno e della prostata rispetto alla popolazione che non aveva queste caratteristiche. Tuttavia, come è spiegato in un articolo pubblicato su Trends in Cancer, la maggiore incidenza di cancro osservata nella popolazione di questo tipo di studi potrebbe essere anche dovuta a fattori diversi che possono rendere le conclusioni meno certe. Innanzitutto le caratteristiche del lavoro su turni possono variare notevolmente da un lavoratore all’altro (cambiano gli orari, la frequenza dei cambiamenti di turno, ecc.). Inoltre in questi studi vi sono sempre effetti confondenti, come il consumo di alcol, l’abitudine al fumo, le scelte alimentari e molto altro ancora, di cui occorre tenere conto.
Grazie agli sforzi dei ricercatori, oggi sappiamo che l’orologio biologico si basa su meccanismi piuttosto complessi e non ancora del tutto noti, che hanno come protagonisti diversi geni. Tra i più importanti si possono ricordare i fattori di trascrizione CLOCK/BMAL1 o BMAL1/NPAS2, che regolano a loro volta l’espressione di geni circadiani chiave come i Cryptochromes (CRY1 e CRY2) e i geni Period (PER1, PER2, PER3).
Questi geni interagiscono più o meno direttamente con molti meccanismi legati alla formazione e alla progressione dei tumori: dal dialogo tra le cellule alla morte cellulare, dalla riparazione dei danni al DNA al metabolismo.
Per questo motivo è stato ipotizzato che alterazioni nei geni regolatori dell’orologio biologico potrebbero in principio essere marcatori importanti per la diagnosi di alcuni tumori, una volta stabilito il legame tra singolo gene e cancro.
Inoltre, dal momento che i geni dell’orologio biologico sono influenzati dal ritmo sonno-veglia e dalla disponibilità di cibo, i ricercatori stanno cercando di capire se e come sia possibile modificare dieta e sonno allo scopo di “risincronizzare” l’orologio biologico e proteggere di conseguenza dai tumori da esso influenzati.
Infine, un altro ambito di ricerca che necessita di ulteriori indagini è la cronoterapia, ovvero la somministrazione di farmaci anticancro in orari ben precisi della giornata per tenere conto anche del ritmo circadiano. Questa modalità di trattamento è oggetto di studio già da diversi anni, ma non è ancora entrata nella pratica clinica in oncologia per molte ragioni. Innanzitutto gli studi si sono concentrati solo su pochi farmaci, i dati raccolti fino a oggi non sono considerati sufficientemente affidabili e, inoltre, potrebbe essere difficile conciliare i tempi della cronoterapia con quelli dei reparti ospedalieri dove si effettuano i trattamenti.
Nonostante queste difficoltà, resta chiaro che il legame tra ritmo circadiano e cancro esiste e rappresenta un’importante area di studio per allargare le conoscenze sui tumori e le possibilità di curarli in modo più efficace.
Agenzia Zoe