Ultimo aggiornamento: 20 gennaio 2022
Una TC polmonare che può essere usata per la diagnosi precoce del cancro al polmone potrebbe svelare anche lo stato di salute di cuore e vasi
Se ci si sottopone a un esame per la diagnosi precoce di un tumore, come la TC polmonare per lo screening sperimentale del cancro al polmone nei fumatori, tanto vale sfruttare le sue capacità diagnostiche anche per verificare come stanno cuore e vasi.
È questo il messaggio che arriva da uno studio sostenuto dalla Regione Toscana, che mostra come la TC a basso dosaggio usata sperimentalmente per diagnosticare precocemente il cancro polmonare consenta anche di stimare il rischio di andare incontro a infarti o altri gravi problemi cardiovascolari.
I risultati di grandi studi come NELSON e NSLT hanno dimostrato che la TC a basso dosaggio può essere utile a diagnosticare precocemente il tumore ai polmoni nei grandi fumatori. Negli Stati Uniti l’esame è utilizzato già da qualche anno, mentre in Europa si sta ancora valutando se possa essere utilizzato come esame di screening di popolazione, dato il rischio di diagnosi falsamente positive. Se si potesse dimostrare che l’esame è utile anche per ridurre il rischio cardiovascolare, il rapporto tra costi, rischi e benefici potrebbe forse essere più favorevole.
“Nei fumatori e negli ex-fumatori la TC a basso dosaggio permette anche di valutare il rischio di sviluppare altre malattie comuni in chi ha fumato, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, e di rilevare segnali di pericolo, come la calcificazione delle arterie coronarie, preludio a possibili infarti” spiegano gli autori dell’articolo pubblicato sulla rivista European Journal of Radiology.
Lo studio ha assegnato un punteggio da 1 a 4 alle immagini del sistema cardiovascolare e dei polmoni ottenute in anni passati con la TC a basso dosaggio nell’ambito dello studio ITALUNG, sulla base di segni di rischio non legati direttamente al cancro. I ricercatori sono poi andati a valutare la mortalità cardiovascolare negli 11 anni successivi. ITALUNG è una ricerca che era stata condotta per valutare la possibilità di usare l’esame per uno screening di popolazione nelle province di Firenze, Pisa e Pistoia e che ha arruolato negli anni passati 3.100 fumatori ed ex-fumatori tra i 55 e i 69 anni.
Il 31,7 per cento dei partecipanti aveva un livello di calcificazione delle coronarie lieve, il 26,2 per cento un livello moderato e il 7,6 per cento un livello grave. Il livello di danno ai vasi è soprattutto associato all’età, al sesso maschile, al numero di pacchetti di sigarette fumati per anno, alla presenza di ipertensione polmonare o diabete, all’obesità e al colesterolo alto. Un livello di calcificazione moderato o grave si associava in modo significativo a una più alta mortalità anche al netto di tutti gli altri fattori di rischio noti. Ma è nelle persone che hanno un'elevata calcificazione delle arterie in assenza di altri fattori di rischio che l’esame potrebbe fare la differenza, dato che nel loro caso la mortalità è risultata piuttosto elevata, e il decesso è spesso sopraggiunto improvvisamente. “La valutazione visiva della calcificazione delle arterie coronariche sulla base di una scala condivisa andrebbe inclusa nel referto di tutte le TC a basso dosaggio fatte per diagnosi precoce oncologica” affermano i ricercatori, che ricordano come, se si scopre per tempo l’entità del danno, si può intervenire con farmaci, posizionamento di stent o altri interventi in grado di evitare che l’ostruzione porti all’infarto cardiaco vero e proprio.
Agenzia ZOE