Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Enzimi e sistemi di riparazione del nostro codice genetico protagonisti del Nobel per la chimica di quest'anno e anche della ricerca sul cancro. Tra i premiati lo svedese Lindahl, presidente del comitato scientifico di IFOM, e molto vicino ad AIRC e FIRC.
La ricerca sul cancro rimane protagonista del premio Nobel anche quest'anno, sebbene non nella categoria della medicina (vinta dagli scopritori di alcuni farmaci contro la malaria) ma in quella della chimica. Il maggior riconoscimento scientifico è infatti andato a tre ricercatori, Tomas Lindahl, svedese, Aziz Sancar, turco naturalizzato statunitense, e Paul Modrich, statunitense, per lo studio di diversi meccanismi molecolari che permettono di riparare i danni del DNA. La comunità dei chimici è rimasta delusa da questa assegnazione, più legata al mondo della biochimica e della biologia che a quello della chimica in senso stretto, ma la portata delle scoperte è tale da aver messo rapidamente a tacere le polemiche.
Uno dei tre nominati, Tomas Lindahl, ha anche un legame particolare con l'Italia e con FIRC-AIRC: è infatti presidente del comitato scientifico di IFOM, l'Istituto FIRC di oncologia molecolare dove, dal 2010, insieme ad altri quattro scienziati internazionali, valuta l'andamento delle ricerche portate avanti nel grande centro di ricerca milanese. Fondamentale lo aveva intervistato, due anni fa, proprio sulla sua visione della ricerca oncologica. In quell'occasione Lindahl aveva ricordato quanto il suo specifico ambito di interesse fosse essenziale per arrivare a una cura contro il cancro: "La cellula è una macchina che combatte contro i danni al DNA. Questi avvengono continuamente, durante la duplicazione cellulare, per esposizione alla luce, per ciò che mangiamo o per come viviamo. E gli errori nella sequenza del DNA, nell'appaiamento delle basi così come eventuali rotture della doppia elica sono all'origine di molte malattie ereditarie e non, ma in primo luogo della trasformazione tumorale della cellula. Per fortuna l'evoluzione ci ha dotati di meccanismi di riparazione raffinatissimi ed efficienti, che rendono il cancro un evento tutto sommato raro se confrontato con il numero di danni e mutazioni che colpiscono le cellule del nostro organismo".
La divisione cellulare inizia fin dalla fertilizzazione dell'ovulo: le due cellule, materna e paterna, si fondono e cominciano a dividersi fino a dar luogo a un individuo completo. A una settimana di vita un embrione consta di circa 128 cellule e contiene oltre 300 metri di DNA, una molecola costituita da quattro diversi tipi di basi azotate che, come le perline di una collana, si dispongono in sequenze che vengono "lette" dagli altri sistemi della cellula e costituiscono il nostro "libretto di istruzioni". Non è difficile immaginare come, con così tante "fotocopie" dello stesso filamento originario di DNA, possano comparire errori ed imperfezioni, soprattutto perché, raggiunta l'età adulta, il numero delle divisioni cellulari (e quindi delle copie del DNA) arriva a qualche miliardo.
Gli enzimi di riparazione identificati da Lindahl e dagli altri vincitori del Nobel sono dei correttori di bozze: viaggiano lungo il DNA alla ricerca di errori di trascrizioni e li aggiustano.
"Dal punto di vista chimico, un numero così elevato di riproduzioni della stessa molecola sfiora l'impossibile" hanno scritto i membri del comitato dei Nobel nella motivazione al premio. "Tutti i processi chimici sono esposti a errori casuali. Inoltre, il DNA è sottoposto quotidianamente a fattori che lo danneggiano e all'azione di molecole in grado di reagire con lui. Di fatto, dovremmo essere un caos chimico ben prima di arrivare a svilupparci in forma di feto".
Se il "caos chimico" non avviene, è proprio grazie ai meccanismi di riparazione del DNA.
Esiste però una situazione in cui la cellula sfrutta proprio questo caos e inibisce o rallenta i meccanismi di riparazione: è il cancro, che ha bisogno di conservare le mutazioni che gli danno la capacità di invadere l'organismo. E lo sviluppo di farmaci in grado di riattivare o potenziare i meccanismi naturali di riparazione del DNA (o di eliminare selettivamente una cellula contenente uno specifico errore) potrebbe fare la differenza nella cura, come ha spiegato, dopo l'annuncio del premio, Bert Vogelstein, oncologo del Johns Hopkins Cancer Center. Nel suo laboratorio è stato testato proprio quest'anno un farmaco attivo su forme avanzate di cancro del colon alla cui origine vi sono errori di appaiamento delle basi del DNA. Anche gli inibitori di PARP, farmaci nuovi e promettenti per la terapia del cancro dell'ovaio, lavorano su meccanismi legati alla riparazione del codice genetico.
Gli scienziati degli anni sessanta, quando fu pubblicata la scoperta della struttura del DNA, pensavano che fosse una molecola molto stabile. Fu proprio Tomas Lindahl, lavorando all'Istituto Karolinska di Stoccolma, a identificare migliaia di potenziali errori e danni al DNA. Osservando i batteri, Lindahl andò a cercare quali enzimi lavoravano per riparare queste alterazioni che avrebbero reso impossibile la vita. La sua prima pubblicazione è del 1974. Nel 1980 si trasferì in Gran Bretagna, in quello che oggi è il centro di ricerca di Cancer Research UK, la maggiore charity di finanziamento della ricerca sul cancro del Paese.
Aziz Sancar, scienziato turco trapiantato negli USA, ha invece lavorato su uno dei maggiori fattori ambientali che danneggiano il DNA: i raggi UV. Durante la sua permanenza all'Università di Yale, Sancar ha identificato gli enzimi che riparano i danni che la luce solare infligge al nostro codice genetico, prima nel modello animale e in seguito anche nell'uomo.
Paul Modrich ha invece trascorso più di 10 anni a costruire una mappa di tutti gli enzimi coinvolti nella correzione degli errori di appaiamento (che avvengono quando nel filamento della doppia elica le basi di un filamento si trovano appaiate in modo scorretto con quelle del filamento complementare). Su 1.000 errori che compaiono durante la duplicazione del DNA, 999 vengono aggiustati proprio dagli enzimi correttori dei difetti di appaiamento.
Daniela Ovadia