Mastectomia preventiva: una scelta informata e personale

Ultimo aggiornamento: 8 ottobre 2025

Mastectomia preventiva: una scelta informata e personale

In alcune donne con mutazioni genetiche, come BRCA1 e BRCA2, la probabilità di sviluppare un tumore alla mammella nel corso della vita può superare il 70%. L’asportazione del seno, da valutare con un team di esperti multidisciplinare, può essere un’opzione per ridurre drasticamente questo rischio.

Il tumore al seno è in assoluto la neoplasia più frequente in Italia, con circa 53.000 nuove diagnosi l’anno. Tra le strategie di prevenzione oggi a disposizione c’è anche la mastectomia, ovvero l’asportazione delle ghiandole mammarie. Questo intervento può essere consigliato ad alcune donne che presentano un alto rischio di ammalarsi, perché portatrici di determinate mutazioni nel loro DNA.

La mastectomia preventiva è una possibilità in più di ridurre le probabilità di cancro, accanto ai corretti stili di vita e agli screening, resa disponibile grazie agli studi di genetica. Così sono stati identificati geni come BRCA1 e BRCA2, che se mutati aumentano di molto il rischio di alcuni tumori, come alle ovaie, alla prostata e al pancreas, e appunto quello alla mammella. Nelle donne portatrici di queste mutazioni, infatti, la probabilità di sviluppare un cancro al seno nel corso della vita può arrivare anche al 70%, contro il 13% circa che si registra nella popolazione generale. E l’asportazione del tessuto ghiandolare tramite mastectomia può ridurre tantissimo questo rischio. “La mastectomia profilattica è raccomandata alle persone sane, che quindi non hanno mai sviluppato il tumore ma presentano un’alterazione in alcuni geni” spiega Matteo Lambertini, oncologo presso l’Ospedale San Martino di Genova e professore associato di oncologia medica presso l’ateneo genovese. “Il caso più famoso è quello di Angelina Jolie, persona sana che non ha mai sviluppato un tumore della mammella, ma che, dopo aver saputo di essere portatrice di una mutazione nei geni BRCA che predispone al carcinoma, per ridurre il rischio di ammalarsi ha deciso di rimuovere entrambe le ghiandole della mammella. Parliamo dunque di una procedura che va fatta solamente in casi selezionati, in persone che hanno un’alterazione genetica che predispone allo sviluppo del tumore.”

Ma come sapere se si ha una predisposizione di questo tipo? I test genetici che permettono di trovare le mutazioni nei geni incriminati – non solo BRCA 1 e 2, che pure sono i più frequenti – non sono raccomandati per la popolazione generale. “Per fare il test ci sono dei criteri molto chiari e stabiliti dalle linee guida nazionali e internazionali” riprende Lambertini. “Casi di tumore al seno verificatisi in famiglia sono uno di questi criteri, ma non l’unico, e solo l’oncologo e il genetista sono in grado di capire se questi casi giustifichino il ricorso ai test genetici.” Nel valutare se indirizzare o meno una paziente alla consulenza genetica, infatti, vengono presi in considerazione diversi fattori, come il grado di parentela dei casi di tumori in famiglia, l’età di insorgenza e i tipi di cancro diagnosticati. A raccomandare l’eventuale consulenza genetica, considerando tutti questi fattori, dovrebbe essere il primo specialista di competenza con cui la donna viene in contatto, sottolinea l’esperto: “Può essere il ginecologo, per una ragazza molto giovane che non si sottopone ancora alla mammografia, o può essere invece il radiologo o il senologo, in chi ha già iniziato lo screening mammografico o magari ha deciso per conto proprio di sottoporsi ai controlli qualche anno prima dell’età raccomandata per gli screening”.

Nel caso in cui i test genetici evidenzino la presenza di mutazioni a rischio, due sono le strade che si aprono alle donne. La mastectomia preventiva è una di queste, raccomandata e discussa con le pazienti in considerazione di diversi fattori, che tengono conto sia della storia medica familiare e personale sia della percezione del rischio individuale, riprende Lambertini. “La mastectomia riduce di oltre il 90% il rischio di sviluppare un tumore della mammella, ma per questa neoplasia sappiamo che esistono anche strategie di screening molto efficaci.” Nelle donne con predisposizione genetica, queste strategie includono anche la risonanza magnetica, eseguita a intervalli temporali ravvicinati, insieme a ecografia e mammografia a seconda dell’età, per favorire la diagnosi precoce di malattia, spiega l’oncologo. “Il percorso di screening è leggermente differenziato a seconda dei geni mutati. Nel caso di mutazioni a carico del genere BRCA1, i controlli sono più serrati, ogni 6 mesi. Per le portatrici di alterazioni a carico di BRCA2, invece, è raccomandato farli una volta l’anno.”

Nella fase di discussione tra medici e pazienti, in cui le donne valutano e scelgono se sottoporsi a questi controlli o se seguire la via dell’intervento chirurgico, un ruolo di primo piano nell’accompagnarle nella loro scelta è svolto dalla figura dello psiconcologo. “Non è solamente il chirurgo che aiuta la donna a decidere, ma è un team multidisciplinare, fatto di esperti che trattano la stessa patologia da angoli diversi e che insieme possono supportare la donna sana nello scegliere se sottoporsi o meno a questa procedura, valutando tutti i pro e contro” riprende l’esperto.

Dopo l’intervento, le donne possono praticamente azzerare i controlli per il tumore alla mammella, specialmente dopo conferma – con risonanza magnetica – che il tessuto ghiandolare sia stato del tutto asportato con l’intervento. “Per cautela, in queste pazienti si esegue comunque un’ecografia annuale” precisa Lambertini. “D’altra parte, una mastectomia preventiva implica comunque dei rischi, legati alle complicanze dell’intervento chirurgico e alle sue conseguenze a livello estetico.”

A pesare sulla scelta della paziente, però, è anche la percezione, del tutto personale, del rischio oncologico: se alcune persone sono più propense ad accettarlo, e con esso le ansie che comportano i controlli ravvicinati, altre invece preferiscono affrontare un intervento chirurgico. Anche in considerazione della propria storia, prosegue l’oncologo: “Ci sono persone che arrivano da una famiglia in cui si sono verificati molti casi di tumore della mammella, magari in giovane età, e sono più propense ad abbracciare la strada della mastectomia preventiva. Altre invece possono avere famiglie in cui non si sono registrati casi di tumore, o in cui questi si sono sviluppati più in là negli anni, e hanno quindi una percezione completamente diversa della problematica e anche del loro rischio”.

Discorso diverso vale nel caso di una sottopopolazione di pazienti con mutazioni nei geni BRCA: quella delle giovani donne che hanno già sviluppato un tumore. Per loro la raccomandazione a un intervento di mastectomia per ridurre il rischio di un secondo tumore è particolarmente forte. A rafforzarla, di recente, sono state le evidenze emerse da uno studio, sostenuto da AIRC e coordinato da Matteo Lambertini stesso, che ha coinvolto oltre 5.000 pazienti provenienti da più di 100 centri in tutto il mondo. La ricerca ha preso in considerazione gli esiti di un intervento chirurgico di riduzione del rischio nelle donne under 40 che avevano già sviluppato un tumore al seno. I risultati, pubblicati sulla rivista Lancet Oncology, mostrano un netto guadagno di sopravvivenza per le giovani donne con tumore che si sono sottoposte a mastectomia e interventi di rimozione delle ovaie e delle tube (anch’essi raccomandati per le portatrici di questi geni). La media di sopravvivenza di quante si erano sottoposte all’intervento, calcolata su 20 anni, era di quasi 18 anni, contro i 16,6 delle donne che non si erano sottoposte all’intervento. “Sulla base di questi risultati, la raccomandazione oggi di sottoporsi a un intervento di mastectomia bilaterale nelle giovani donne che hanno avuto un tumore al seno è forte” afferma Lambertini. “In questo modo, infatti, possono evitare di sviluppare un secondo tumore della mammella e le sue conseguenze.” Un rischio che è particolarmente elevato in questa popolazione femminile, ricordano gli esperti.

 

  • Anna Lisa Bonfranceschi

    Dopo gli studi in biologia e una breve esperienza nel mondo della ricerca, dal 2010 scrive storie di scienza, salute e innovazione tecnologia. Oggi è giornalista pubblicista. Fuori dal lavoro soprattutto corre e va in mountain-bike.