Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Con i propri studi valuta il funzionamento del sistema sanitario e scopre se una nuova terapia è valida anche in termini di costi economici per la popolazione. Di tutto questo e di molto altro si occupa l'economista sanitario.
"L'economia è la disciplina che studia il comportamento degli agenti economici (persone, imprese, governi) e si concentra sulle decisioni e le scelte che riguardano la produzione e il consumo di beni e servizi. L'economia sanitaria, in particolare, focalizza la propria attenzione sull'impatto economico che possono avere i sistemi sanitari e sui comportamenti che hanno ricadute sulla salute". Così definisce l'economia sanitaria Livio Garattini, che dirige a Bergamo il laboratorio CESAV (Centro di economia sanitaria A. e A. Valenti) dell'Istituto Mario Negri. Si tratta quindi di una branca dell'economia che si occupa di prezzi e di beni di consumo in modo un po' diverso da quello dell'economia classica. "E questo accade proprio perché il bene in questione è la salute" precisa Alessandro Curto, anche lui in forza al Cesav.
Di certo anche la salute e la ricerca devono fare i conti con l'economia e i budget e in un periodo di crisi, con continui tagli alla spesa sanitaria, questo è ancora più vero. Ma non è solo una questione di crisi. "Bisogna sempre fare delle scelte sensate sia a livello individuale sia a livello di politiche più generali" spiega Aleksandra Torbica, ricercatrice del CERGAS, il Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale dell'Università Bocconi di Milano. E l'economia sanitaria è fondamentale per aiutare a fare le scelte giuste in settori come la salute e la sanità pubblica nei quali è pressoché impossibile riuscire a soddisfare tutti i bisogni - che teoricamente sono infiniti - avendo a disposizione risorse economiche che invece un limite ce l'hanno. In oncologia gli esempi non mancano. "Pensiamo per esempio alla sostenibilità della spesa farmaceutica che oggi è messa a dura prova dalle nuove e assai costose terapie personalizzate" dice Garattini. In questo caso, le valutazioni economiche - se ben utilizzate - possono aiutare le scelte in condizione di risorse scarse, sulla base del rapporto costo-efficacia delle alternative prese in considerazione. C'è poi un altro problema che un economista non può certo ignorare: definire il prezzo di un prodotto sanitario non è quasi mai banale. "È una vera sfida riuscire a definire il valore di un servizio sanitario, sia esso un trattamento specifico o un servizio di assistenza, perché vengono chiamati in causa anche principi che vanno ben oltre quelli tipici dell'economia, come per esempio alcune considerazioni etiche e morali" afferma Torbica.
Come ricordano gli esperti, ci sono diversi aspetti che differenziano la ricerca in economia sanitaria dalle altre branche dell'economia, come per esempio il forte intervento dei governi nazionali nel settore, un'incertezza difficile da trattare che non si riscontra in altre realtà economiche, la difficoltà a ottenere informazioni complete (vuoi per motivi di privacy o per motivi più tecnici). Quali sono le conseguenze di tutto ciò? "Innanzitutto possiamo dire che gli schemi dell'economia classica spesso non possono essere utilizzati, così come sono, nella sanità" afferma Garattini. "In termini puramente economici, le regole del mercato libero non sono applicabili alla salute" prosegue. Per esempio, esiste un'asimmetria informativa, ovvero il fatto che le informazioni non sono distribuite in modo equo tra le varie parti in gioco (basti pensare alle conoscenze del medico rispetto a quelle del paziente di fronte a una malattia). "Un altro aspetto importante è che nel settore sanitario spesso chi decide di acquistare un bene o un servizio non corrisponde poi a chi lo utilizza" aggiunge Torbica. "Per esempio il medico decide di prescrivere un farmaco o un esame che poi sarà utilizzato dal paziente" chiarisce. Tutte queste particolarità, assieme all'enorme quantità di servizi e di prodotti da analizzare, costringono gli economisti a usare le regole classiche dell'economia solo dopo averle adattate e declinate su misura per il settore salute.
L'economia sanitaria non è fatto solo di numeri e di calcoli complessi: si utilizzano infatti dati quantitativi e qualitativi, che cambiano a seconda del tempo di ricerca e degli obiettivi, così come cambiano gli strumenti utilizzati per analizzare tali dati. E spesso sono previsti anche periodi di ricerca "sul campo" per la raccolta di dati empirici, a stretto contatto con la realtà che si vuole studiare. La disponibilità di dati provenienti da enormi database, avvenuta in anni recenti, sta cambiando un po' la figura dell'economista sanitario che deve oggi essere in grado di trattare una grande mole di informazioni attraverso software di gestione dati.
Lo statunitense Kenneth Arrow, premio Nobel per l'economia nel 1972, viene considerato il padre di questa disciplina, nel senso che si è soliti far risalire le origini del termine economia sanitaria al 1963, data di pubblicazione di un suo famoso articolo sulla rivista American Economic Review. "In Italia, per diversi anni l'economia sanitaria ha avuto un ruolo del tutto marginale e solo a partire dagli anni novanta si è assistito a un radicale cambiamento, con un aumento notevole del numero di studiosi e della platea degli interessati, oltre che di produzione di lavori scientifici" precisa Livio Garattini, che sottolinea l'importanza crescente di questa scienza nella società moderna. "Oggi non ci si può basare solo sull'efficacia di un prodotto - magari un farmaco - per determinare le scelte sanitarie" spiega Aleksandra Torbica. "Lo scenario è molto complesso e le valutazioni devono coprire a 360 gradi tutti gli aspetti della salute".
Non esiste un percorso prestabilito per diventare economisti sanitari e, di conseguenza, per chi vuole dedicarsi a questa professione, le strade da percorrere possono essere anche molto diverse tra loro. Si può partire per esempio da una laurea in economia alla quale aggiungere poi uno dei master dedicati all'area economico-sanitaria presenti in molte università italiane. "Non tutte le università propongono questi master, ma in Italia ne esistono di molto buoni, anche a livello internazionale" spiega Aleksandra Torbica, che all'Università Bocconi di Milano dirige il master internazionale MIHMEP. "Un titolo dopo la laurea arricchisce il profilo professionale di un ricercatore" suggerisce Alessandro Curto del CESAV. All'economia sanitaria si può però arrivare senza problemi anche da una laurea in discipline scientifiche, come dimostra la stesa Aleksandra Torbica, laureatasi in farmacia prima di dedicarsi agli aspetti più economici della salute. "La mia formazione mi ha dato la possibilità di capire al 100% l'oggetto che stavo studiando, fosse esso un farmaco o uno strumento diagnostico" precisa la ricercatrice che è anche membro dell'Associazione italiana economia sanitaria.
Cristina Ferrario