Le guerre portano più cancro

Ultimo aggiornamento: 10 novembre 2025

Le guerre portano più cancro

I conflitti aumentano anche l’incidenza e la mortalità per cancro, perché accrescono le possibilità di contatto con sostanze cancerogene e riducono le possibilità di accedere a esami e a cure oncologiche.

Tra il 1949 e il 1989, l’Unione Sovietica ha condotto oltre 450 test nucleari – atmosferici, al suolo e sotterranei – in vaste aree del Kazakhstan, allora una delle repubbliche federate a Mosca. La popolazione locale, tenuta completamente all’oscuro di quanto stesse avvenendo, venne successivamente tenuta in osservazione in uno studio, il cui scopo dichiarato, ma falso, era il monitoraggio della brucellosi, una malattia infettiva. Si stima che fino a 1,5 milioni di persone siano state esposte alle radiazioni emesse nel corso di tal test, con effetti anche cancerogeni, osservati per decenni. Oggi la regione è ancora fortemente radioattiva, a più di trent’anni dall’ultimo test.

 

Questo è solo un esempio di come le armi sviluppate e testate per scopi di difesa o attacco possono avere un notevole impatto sulla salute delle persone. Lo stesso vale per altre dinamiche legate ai conflitti, come la fame. Proiettili, missili e bombe, oltre a infliggere traumi e ferite, possono anche rilasciare sostanze dannose con effetti a lungo termine, tra cui il cancro. La distruzione degli edifici espone le persone a sostanze tossiche, tra cui l’amianto. La presenza di conflitti mette, peraltro, a dura prova le istituzioni sanitarie, riducendo l’accesso a esami per la diagnosi precoce del cancro e alle cure che oggi salvano quotidianamente la vita a molte persone. Da non sottovalutare poi gli effetti sulla salute mentale delle persone coinvolte, come ansia, stress e traumi.

Dove c’è guerra non si pianifica la salute

Sotto le bombe è difficile effettuare esami o programmi di screening. Anche le cure, le visite e gli esami di follow-up per i pazienti sono spesso interrotti. A volte non sono neppure assicurate le medicine necessarie anche per altre patologie, come il diabete e le malattie cardiovascolari. In un’analisi pubblicata sulla rivista BMC Medicine, gli autori hanno rilevato che i conflitti armati tra il 1990 e il 2017 sono stati associati a oltre 29 milioni di morti in eccesso dovuti a effetti indiretti delle guerre, tra cui malattie trasmissibili, malnutrizione e servizi sanitari materni e infantili inadeguati. Tali effetti indiretti persistono a lungo dopo la fine dei conflitti, influenzando gli esiti sanitari per generazioni e ponendo sfide significative per la salute pubblica globale.

Possiamo prendere ad esempio due noti conflitti contemporanei. L’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) dell’ONU ha contato settimanalmente gli ospedali e i presidi sanitari che sono stati attaccati, chiusi, evacuati nella striscia di Gaza. A maggio 2025 il conto riportava oltre il 94% degli ospedali danneggiati o distrutti e più di 1.500 operatori sanitari uccisi.

Anche prima del conflitto iniziato a ottobre 2023 dopo l’attacco di Hamas contro Israele le condizioni sanitarie nei territori palestinesi occupati, ossia Gaza, la West Bank e Gerusalemme Est, erano gravi. Un’analisi della sopravvivenza dei pazienti di Gaza indirizzati alla terapia oncologica dal 2008 al 2017 ha rivelato che ritardi o dinieghi dei permessi per accedere alle cure hanno aumentato la probabilità di morte per cancro di 1,5 volte.

Nel 2022, circa un terzo delle 20.295 richieste di tali permessi per pazienti palestinesi a Gaza è stata negata. Il 35% circa delle richieste riguardava malati di cancro.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, invasa dalla Russia nel 2022, la situazione dei pazienti oncologici nel Paese si è rapidamente aggravata. Centri di trattamento, ospedali e altre strutture sanitarie continuano a subire danni a causa degli attacchi, mentre lo spostamento dei pazienti verso Paesi vicini mette a rischio la continuità delle cure.

Un’indagine promossa nel 2022 dalla Società europea dei farmacisti oncologici (ESOP) e l’Organizzazione europea del cancro (ECO) ha verificato la carenza di farmaci antitumorali nei Paesi circostanti l’Ucraina: a segnalarla è stato circa il 36% dei 46 centri oncologici e degli ospedali di 7 Paesi limitrofi all’Ucraina.

Esplosione di sostanze tossiche e cancerogene fuori controllo

A causa della guerra, vaste aree dell’Ucraina hanno subito gravi danni alle infrastrutture. Uno dei rischi ambientali più gravi derivanti da questa continua attività di distruzione è il rilascio nell’aria, nell’acqua e nel suolo di sostanze tossiche, tra cui fibre di amianto. Si tratta di materiali tossici e cancerogeni che provengono da edifici danneggiati o demoliti in cui l’amianto è stato a lungo utilizzato. A luglio 2025 il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) in Ucraina, con finanziamenti del governo svedese, ha permesso di consegnare un sistema avanzato per il rilevamento delle fibre di amianto all’ufficio regionale dell’Ispettorato ambientale statale dell’Ucraina a Odessa.

 

Simili effetti indiretti sembrano essersi verificati a Gaza. Una mappa delle Nazioni unite ha riportato sospetti detriti contaminati da amianto e rifiuti pericolosi ad agosto 2025, delineando una situazione piuttosto grave. All’incirca il 78% dei circa 250.000 edifici di Gaza è stato danneggiato o distrutto. Ciò potrebbe avere generato 61 milioni di tonnellate di detriti, il volume di circa 25 torri Eiffel. Se i flussi di rifiuti non saranno separati al più presto, circa il 15% di questi detriti sarà considerato come potenzialmente contaminato da amianto, rifiuti industriali o metalli pesanti, e quindi potrà costituire un pericolo per la popolazione.

Un’eredità destinata a perdurare nelle generazioni

L’impatto complessivo sulla salute di queste e altre guerre durerà decenni e non si fermerà per generazioni. Tuttavia non è così facile né immediato misurare precisamente gli effetti. Come sottolinea Pirous Fateh Moghadam, in un capitolo dedicato all’impatto della guerra sulla salute contenuto nel rapportoI numeri del cancro 2024, tra i sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki dell’agosto 1945 si è osservato un marcato incremento del rischio di diversi tipi di tumori durato per circa 60 anni dopo le esplosioni.

Se prevenire pare al momento impossibile, sarebbe auspicabile che gli enti e le organizzazioni internazionali provassero almeno a offrire possibilità di cura. Una possibilità viene dalle indicazioni prodotte dagli esperti nel corso del primo Global Summit on War and Cancer, organizzato online dall’Institute of Cancer and Crisis, una giovane istituzione indipendente, e da OncoDaily, un quotidiano online sul cancro. L’incontro si è tenuto dal 14 al 16 dicembre 2023. Il manifesto pubblicato dopo il Summit elenca alcune raccomandazioni chiave che potrebbero migliorare le possibilità di cura oncologica in contesti di guerra.

Referenze

  • Cristina Da Rold

    Cristina Da Rold (Belluno, 1988) è data-journalist dal 2012. Si occupa di sanità con approccio data-driven, principalmente su Infodata – Il Sole 24 Ore Le Scienze. Scrive prevalentemente di disuguaglianze sociali, epidemiologia e nuove tecnologie in medicina. Consulente e formatrice nell’ambito della comunicazione sanitaria digitale, dal 2015 è consulente per la comunicazione/social media presso l’Ufficio italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal 2021 anche presso la Fondazione Pezcoller per la ricerca sul cancro di Trento. Nel 2015 ha pubblicato il libro “Sotto controllo. La salute ai tempi dell’e-health”(Il Pensiero Scientifico Editore). È docente presso il Master in comunicazione della scienza e della salute dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presso il Master in comunicazione della scienza dell’Università di Parma.