Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
L'inquinamento è nocivo per la salute, non ci sono dubbi. Accanto a malattie respiratorie e cardiovascolari, oggi la ricerca si concentra anche sul cancro, sebbene vi sia ancora discussione tra gli esperti. Ognuno di noi può però adottare comportamenti virtuosi che gioveranno alla salute in generale.
Come ogni inverno, tornano puntuali le preoccupazioni delle famiglie per i rischi associati all'inquinamento dell'aria, poiché le emissioni delle caldaie per il riscaldamento domestico si sommano a quelle degli impianti industriali e ai gas di scarico delle auto. Occorre chiarire subito che, per quanto riguarda il legame tra inquinamento atmosferico e cancro, le dimostrazioni non sono conclusive: il nesso appare meno solido di quello legato ad altre malattie come quelle respiratorie e cardiovascolari, per le quali esistono prove più sostanziali. Secondo le stime più aggiornate pubblicate sulla rivista Lancet, si può imputare alla "mal aria" al massimo il 3 per cento dei casi di tumore del polmone.
"La causa di gran lunga più importante di tumore del polmone rimane il fumo di sigaretta. Una piccolisima quota di casi è dovuta all'esposizione professionale e una quota ancora più piccola all'inquinamento atmosferico. Quest'ultima, però, comprende anche i casi di chi per lavoro passa la giornata in mezzo alla strada e respira i gas di scarico delle auto, in particolare a gasolio" spiega Luigi Bisanti, direttore del servizio di epidemiologia della ASL Milano, parte del gruppo collaborativo di ricerca EpiAir che ha pubblicato un ampio rapporto sul legame tra inquinamento atmosferico e salute.
L'attenzione all'inquinamento dell'aria non è un fenomeno recente, come attesta la data ufficiale di nascita della parola "smog" - frutto della fusione dell'espressione smoky fog (nebbia fumosa) - che fu pronunciata nel 1905 dallo scienziato francese Henry Antoine Des Voeux, membro della Società londinese per l'abbattimento del fumo di carbone, in un discorso tenuto a un congresso di sanità pubblica. I primi episodi di smog risalgono all'estate del 1943: a Los Angeles si registrarono parecchi giorni in cui molti cittadini lamentarono bruciore agli occhi, difficoltà respiratorie, nausea e vomito. L'analisi di quei fenomeni portò negli anni Cinquanta a identificare le responsabilità del traffico automobilistico, e nel decennio successivo a introdurre leggi per l'adozione di dispositivi per limitare le emissioni dannose, poi adottate anche in Europa.
Già dagli anni Trenta gli epidemiologi stavano raccogliendo dati sulla relazione tra inquinamento dell'aria e salute e da allora sono stati compiuti notevoli progressi, anche se il quadro globale non è molto migliorato: mentre le normative per il controllo della qualità dell'aria - con le conseguenti innovazioni tecnologiche in ambito industriale, tra cui i miglioramenti nella qualità dei combustibili - facevano calare i livelli di inquinanti tradizionali come il biossido di zolfo, l'inarrestabile aumento del volume di traffico automobilistico ha fatto crescere i nuovi inquinanti.
Gli studi epidemiologici effettuati nelle città più inquinate hanno dimostrato che gli effetti dell'inquinamento atmosferico non si limitano ai fastidi immediati, più o meno intensi. Un'analisi condotta nel 2006 dall'OMS in 13 città italiane ha stimato che ogni anno oltre 8.200 decessi sono attribuibili alle elevate concentrazioni di PM10 (superiori ai 20 microgrammi/m3). Si tratta ovviamente di persone già fragili o affette da malattie croniche. In pratica, però, l'inquinamento è responsabile di circa il 10 per cento della mortalità per tutte le cause naturali (quindi principalmente le malattie respiratorie e cardiache) nella popolazione oltre i 30 anni di età. I ricoveri ospedalieri attribuibili al PM10 sono dello stesso ordine di grandezza.
A questo si aggiunge l'impatto dell'ozono, che per concentrazioni superiori ai 70 microgrammi/m3 aggrava dello 0,6 per cento il dato della mortalità generale, e di un valore ancora maggiore il tasso di malattie o sintomi respiratori e i ricoveri. Siccome l'azione dell'inquinamento ambientale è spesso amplificata da fattori legati a comportamenti individuali come il fumo attivo e passivo, è chiaro che se si riesce ad agire su più fronti si ottengono i maggiori benefici. Per quanto riguarda per esempio la bronchite cronica, una ricerca ha valutato che si potrebbe prevenire addirittura il 70 per cento dei casi se si riuscisse a ridurre contestualmente inquinamento ambientale e numero dei fumatori, con ovvie ricadute positive anche sulla prevenzione oncologica.
Le indicazioni che l'epidemiologia fornisce alla sanità pubblica sono quindi chiare: nel promuovere comportamenti individuali più sani occorre incentivare tutti gli interventi per ridurre il traffico automobilistico, che negli ultimi 30 anni ha registrato un vertiginoso aumento ed è oggi divenuto un importante problema di sanità pubblica.
"Per quanto riguarda per esempio Milano, una delle città più inquinate d'Italia, si stima che una riduzione del 5 per cento rispetto ai livelli di inquinamento registrati nel quinquennio 2005-2010 (superiori ai valori limite suggeriti dagli organismi regolatori internazionali) potrebbe evitare ogni anno circa 12 decessi per tumore del polmone, sul totale di circa 900; una riduzione forse modesta in assoluto, ma certo importante da perseguire" conclude Bisanti.
In molti Paesi del mondo è oggi consuetudine informarsi sull'Indice della qualità dell'aria, che riassume a beneficio della popolazione il livello di salubrità dell'aria e la previsione dell'evoluzione nel corso della giornata. "In alcune città italiane, come Firenze, i dati sull'inquinamento dell'aria sono resi pubblici su display disposti in giro per la città" spiega Luigi Bisanti, direttore del servizio di epidemiologia della ASL Milano , "ma si tratta di iniziative locali".
Conoscere il grado di inquinamento dell'aria consente di concentrare l'attività fisica all'aperto nei giorni più adatti, e di scoprire il grado di reattività del proprio organismo ai diversi livelli di inquinamento: se è vero che i sintomi come l'irritazione alla gola e la tosse possono essere variabili da individuo a individuo, il livello di inquinamento che li provoca deve suggerire a tutti - ma in particolare agli anziani e ai malati - di limitare le attività faticose all'aria aperta. Nell'attesa che anche in Italia venga istituito un servizio informativo di questo tipo, chiaro e capillare, è possibile accedere a informazioni locali sulla qualità dell'aria interrogando il sito dell'ISPRA a questo link.
Come ogni inverno, tornano puntuali le preoccupazioni delle famiglie per i rischi associati all'inquinamento dell'aria, poiché le emissioni delle caldaie per il riscaldamento domestico si sommano a quelle degli impianti industriali e ai gas di scarico delle auto.
Occorre chiarire subito che, per quanto riguarda il legame tra inquinamento atmosferico e cancro, le dimostrazioni non sono conclusive: il nesso appare meno solido di quello legato ad altre malattie come quelle respiratorie e cardiovascolari, per le quali esistono prove più sostanziali.
Secondo le stime più aggiornate pubblicate sulla rivista Lancet, si può imputare alla "mal aria" al massimo il 3 per cento dei casi di tumore del polmone.
"La causa di gran lunga più importante di tumore del polmone rimane il fumo di sigaretta. Una piccolisima quota di casi è dovuta all'esposizione professionale e una quota ancora più piccola all'inquinamento atmosferico.
Quest'ultima, però, comprende anche i casi di chi per lavoro passa la giornata in mezzo alla strada e respira i gas di scarico delle auto, in particolare a gasolio" spiega Luigi Bisanti, direttore del servizio di epidemiologia della ASL Milano, parte del gruppo collaborativo di ricerca EpiAir che ha pubblicato un ampio rapporto sul legame tra inquinamento atmosferico e salute.
Quandosi parla di PM10 e PM2,5 ci si riferisce alle polveri sottili di diametro inferiore rispettivamente a 10 e a 2,5 micrometri (µm), che in virtù delle loro dimensioni sono in grado di penetrare in profondità nell'organismo. Non tutte queste polveri sono prodotte dall'attività umana. Contribuiscono infatti sorgenti naturali come l'aerosol marino, gli incendi, alcuni microrganismi, pollini e spore, l'erosione delle rocce e le eruzioni vulcaniche. Tra le fonti generate dall'attività umana figurano le emissioni dei motori dei mezzi di trasporto, le emissioni del riscaldamento domestico (in particolare gasolio, carbone e legna), i residui dell'usura del manto stradale, dei freni e delle gomme dei veicoli, le emissioni di impianti industriali, alcune lavorazioni agricole (che arrivano al 50 per cento del PM in Val Padana) e infine inceneritori e centrali elettriche. Per avere un'idea delle loro dimensioni, si può confrontare la sezione di un capello, pari a circa 60 micrometri, con il loro diametro, fino a 24 volte più piccolo.
Secondo la classificazione dell'Agenzia federale americana per la protezione dell'ambiente (Environmental Protection Agency, EPA), le sostanze potenzialmente pericolose presenti nell'aria sono 188. Di alcune di queste si conosce l'effetto cancerogeno a fronte di esposizione massiccia e prolungata (come può accadere nel caso dell'esposizione professionale), mentre studi di laboratorio hanno segnalato per altre la possibilità che causino danni al DNA. Infine è noto che alcune sostanze hanno un'azione sinergica col particolato, cioè potenziano gli effetti negativi e irritanti delle polveri sottili. Non è ancora dato sapere se questi effetti si verifichino anche per l'esposizione alle concentrazioni, più modeste, tipiche dell'inquinamento ambientale, ma il dubbio - assieme alla consapevolezza che l'inquinamento è certamente responsabile di problemi respiratori e cardiovascolari - è sufficiente a giustificare ogni sforzo per difendere la qualità dell'aria che respiriamo.
Ossidi di azoto (NOx)
Ossidi di zolfo (SOx)
Ozono (O3)
Particolato (PM)
Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
Composti organici volatili (COV)