Ultimo aggiornamento: 8 febbraio 2021
Grazie ai progressi delle tecnologie, accelerati dall’emergenza sanitaria per la pandemia di Covid-19, in alcuni contesti è stato possibile seguire i pazienti oncologici, mantenendo un alto livello di efficacia. Un’evoluzione apprezzata quando vi sono dedicate risorse adeguate.
Anche in oncologia il ricorso alle nuove tecnologie, che permettono, tra le altre cose, di effettuare visite a distanza e controllare regolarmente i sintomi attraverso sistemi computerizzati, è sempre più diffuso. Come mostra uno studio i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista JAMA Oncology, questo nuovo approccio – se portato avanti in modo corretto – permette di mantenere standard di cura elevati, soddisfa le esigenze di medici e pazienti e produce anche risparmi economici per i pazienti stessi.
Il programma di oncologia virtuale descritto e valutato nello studio è stato messo in campo dal Princess Margaret Cancer Centre, University Health Network, di Toronto (Canada), un importante centro oncologico che ogni giorno accoglie circa 2.000 pazienti ambulatoriali (per visite o esami e trattamenti).
“Siamo stati spinti dall’esigenza del momento a creare velocemente questo programma ampio e audace” spiega Alejandro Berlin, autore principale dell’articolo di Jama Oncology, ricordando che l’emergenza legata alla pandemia di Covid-19 ha in un certo senso costretto tutto lo staff dell’ospedale a rivedere e modificare l’approccio ai pazienti e alle terapie, puntando soprattutto su un programma virtuale di cura.
In effetti, già dopo un paio di settimane dalla dichiarazione ufficiale di pandemia dell’11 marzo 2020, da parte dell’Oms, oltre la metà delle visite ambulatoriali si svolgevano in modalità virtuale (video chiamate o telefonate) e ben presto il numero totale dei pazienti visitati è tornato a essere quello del periodo pre-Covid.
Nei due mesi presi in considerazione nello studio – quelli compresi tra il 23 marzo e il 22 maggio 2020 – sono state effettuate circa 22.000 visite virtuali, in media il 68 per cento delle visite giornaliere.
“Passare dal reale al virtuale ci ha permesso di continuare a vedere e trattare in presenza i pazienti che ne avevano davvero bisogno, diminuendo il numero di persone che entravano in ospedale in modo da facilitare il distanziamento, e garantendo cure in sicurezza per tutti” hanno spiegato gli autori, precisando che non ci sono stati ritardi nei trattamenti di chemio- o radioterapia ritenuti necessari.
Stando ai dati dello studio, la nuova soluzione piace quasi a tutti. L’82 per cento dei pazienti e il 72 per cento dei medici si è infatti dichiarato molto soddisfatto o soddisfatto della modalità virtuale, e nella maggior parte dei casi (oltre 8 pazienti e oltre 6 medici su 10) la qualità delle cure è stata valutata come paragonabile o addirittura migliore rispetto a quella tradizionale. Anche per questa ragione oltre il 65 per cento dei pazienti e dei medici raccomanderebbe questa modalità di cura anche in futuro, una volta passata l’emergenza Covid-19. “La cura a distanza è una rete di sicurezza per i pazienti e una rassicurazione nei tempi incerti della pandemia. I medici erano comunque a disposizione, ma con modalità diverse dal solito” spiegano gli autori.
Infine, ma non certo meno importante, c’è un vantaggio di tipo economico anche per i pazienti che, per esempio, hanno risparmiato i costi legati agli spostamenti.
Attenzione però a non dare per scontato il successo di questo approccio. I dati riportati nello studio si riferiscono infatti a un centro specializzato, nel quale il numero di pazienti è molto elevato e che dispone di risorse non frequenti in altri tipi di ospedali.
Lo si legge anche nell’articolo: il successo dell’iniziativa è stato legato a diversi fattori, come per esempio l’urgenza determinata dalla pandemia, l’avere un obiettivo chiaro in mente (ovvero rendere virtuale il 50 per cento delle visite), un approccio agile e basato in parte su strumenti già presenti e il coinvolgimento di diversi attori ciascuno con un suo ruolo ben definito.
“Dietro a ogni chiamata o ogni appuntamento c’è un medico a disposizione per garantire la continuità delle cure ai pazienti, ma dietro le quinte lavora anche un gruppo affiatato di professionisti con diverse professionalità” hanno concluso i ricercatori.
Agenzia Zoe