Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
I ricercatori stanno lavorando per capire come sfruttare le abilità di alcuni virus di riconoscere e uccidere le cellule tumorali. Il percorso di ricerca è lungo e complicato, ma alcuni risultati sono incoraggianti.
Una variante del virus del raffreddore potrebbe essere usata come arma contro il tumore della vescica. Lo suggeriscono alcuni ricercatori dell’Università del Surrey, nel Regno Unito, che hanno studiato gli effetti di una forma geneticamente modificata del Coxsackievirus CVA21 in 15 pazienti con un tumore della superficie interna della vescica. Si tratta di un carcinoma che non invade il muscolo. I pazienti, a cui il virus è stato inoculato direttamente in vescica, hanno ben tollerato il trattamento. In tutti loro è stata inoltre osservata una risposta infiammatoria locale, segno di attivazione del sistema immunitario contro il virus, e in un caso il tumore è regredito.
Questo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista medica Clinical Cancer Research, si inserisce nel filone di ricerca che si occupa dei virus oncolitici, ovvero quei virus che, opportunamente modificati, possono infettare e distruggere le cellule tumorali. I primi studi di viroterapia oncolitica (il nome dato alla somministrazione di virus oncolitici a fini terapeutici) risalgono agli anni Cinquanta, quando in alcuni pazienti fu notato che il tumore regrediva in seguito a un’infezione virale. Utilizzando metodi di ingegneria genetica per modificare i virus, i ricercatori hanno iniziato a testare la viroterapia oncolitica in cellule e animali di laboratorio.
Oltre al Coxsackievirus appena descritto, anche l’Herpes virus e il virus del morbillo geneticamente modificati sono stati testati negli esseri umani, seppure il numero dei pazienti fosse limitato. In una piccola percentuale di casi il trattamento è stato efficace. Questi risultati incoraggiano gli scienziati ad avviare nuovi studi per ottimizzare i virus e i protocolli. Dato che esistono dei rischi legati a questo tipo di terapie, le ricerche vengono effettuate in modo strettamente regolamentato. Solo se i risultati positivi si confermeranno in molti pazienti si potrà pensare di utilizzare i trattamenti su scala più ampia.
Si tratta di un approccio serio e prudente, l’unico scientificamente accettabile, ben diverso da quello che sta dietro la commercializzazione in alcuni Paesi di prodotti a base di virus che promettono di funzionare in tutti i pazienti e tutti i tumori: non ci sono studi clinici condotti seguendo le norme della buona ricerca scientifica che permettano di affermare che questi preparati abbiano effetti terapeutici per la cura dei tumori (se vuoi saperne di più leggi la scheda Facciamo chiarezza dedicata all’argomento).
Agenzia Zoe