Il traffico crea problemi di mobilità alle nostre difese anche nei polmoni

Ultimo aggiornamento: 21 luglio 2022

Il traffico crea problemi di mobilità alle nostre difese anche nei polmoni

Il particolato fine che inquina l’aria ostacola il pronto intervento del sistema immunitario, favorendo l’insorgenza del cancro al polmone.

Un gruppo di ricercatori cinesi ha scoperto un meccanismo con cui il particolato fine facilita la formazione dei tumori del polmone. Queste sostanze presenti nell’aria inquinata, e accomunate dalle piccole dimensioni, sono coinvolte in un rimodellamento del tessuto polmonare che può dare origine a cellule cancerose qualora manchi l’intervento delle difese immunitarie. I ricercatori hanno anche identificato una proteina che svolge un ruolo cruciale in questo meccanismo, aprendo la strada a potenziali interventi preventivi e terapeutici.

Più in dettaglio, il particolato fine è costituito da particelle inalabili di varia natura, con un diametro di pochi millesimi di millimetro. Si tratta di inquinanti presenti nell’aria, soprattutto nelle grandi città, ma, si noti bene, anche nel fumo di tabacco. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito il particolato fine nel gruppo delle sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani. Studi epidemiologici hanno dimostrato che un aumento anche piccolo nella concentrazione di particolato fine è associato a un incremento della mortalità per cancro polmonare. Il meccanismo con cui il particolato fine esercita la propria azione cancerogena non è però chiaro e i risultati di ricerche recenti hanno mostrato che non promuove direttamente la proliferazione delle cellule del polmone.

Alcuni ricercatori dell’Università di Nanchino hanno raccolto il particolato fine dall’aria di sette città cinesi e ne hanno studiato gli effetti in animali di laboratorio. Hanno così osservato che i topi esposti al particolato erano più suscettibili alla formazione dei tumori al polmone, rispetto a quelli non esposti. Analizzando i polmoni degli animali, i ricercatori si sono accorti che l’esposizione al particolato comportava una ridotta migrazione nel polmone di alcuni globuli bianchi, i linfociti T citotossici, che svolgono un’importante attività antitumorale. I ricercatori hanno poi stabilito che il particolato non alterava l’abilità intrinseca delle cellule immunitarie di migrare nei tessuti, ma che induceva un ispessimento della matrice cellulare (la materia in cui sono immerse le cellule), creando un ostacolo fisico all’intervento dei linfociti.

Ulteriori esperimenti hanno permesso di accertare che il particolato fine si legava a una proteina, la peroxidasina, la cui specialità è creare legami crociati fra le fibre di collagene. Legata al particolato, la peroxidasina è molto più attiva del normale e determina quindi la formazione di una matrice cellulare particolarmente densa. In queste condizioni il sistema immunitario non è in grado di penetrare nel tessuto ed esercitare l’azione di sorveglianza necessaria a eliminare le cellule maligne appena sviluppate.

“Complessivamente il nostro studio rivela un meccanismo completamente nuovo con cui le microparticelle inalate promuovono lo sviluppo del tumore del polmone” scrivono gli autori dell’articolo pubblicato sulla rivista eLife. “La peroxidasina non è mai stata considerata un protagonista importante nella carcinogenesi del polmone, specialmente nelle fasi iniziali, prima del nostro studio. I nostri dati mostrano che questa proteina è un bersaglio specifico e inatteso del particolato fine. Grazie a questi risultati sarà possibile mettere a punto approcci preventivi o terapeutici specifici per la peroxidasina”.

  • Agenzia Zoe

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