Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
“Prendersi cura di ogni paziente, imparare da ogni paziente”: con questo slogan l’American Society of Clinical Oncology (ASCO), la più grande società scientifica di oncologia medica, ha aperto la scorsa estate a Chicago il proprio meeting annuale, un evento che ha riunito oltre 45.000 esperti da tutto il mondo.
Fino a qualche anno fa si poteva pensare di fare ricerca clinica in oncologia senza coinvolgere direttamente i pazienti. Oggi non è più così perché i protocolli di cura più personalizzati richiedono una raccolta altrettanto personalizzata degli effetti, compresi quelli indesiderati. Oggi si chiede ai pazienti di indicare quali cure consentono loro non solo di vivere più a lungo, ma di vivere meglio: con una qualità di vita più elevata si possono fare scelte più appropriate.
Ecco perché le grandi società scientifiche hanno lanciato strumenti per facilitare la raccolta di queste informazioni, come database di cartelle cliniche e app che consentono ai pazienti di segnalare gli effetti collaterali 24 ore su 24. In alcuni casi i dati raccolti comprendono anche informazioni genetiche e demografiche, test di laboratorio, cure somministrate e risultati ottenuti, e possono essere utilizzati, se i pazienti forniscono il consenso, in forma anonima anche per studi e ricerche.
Sempre più spesso, inoltre, i pazienti sono coinvolti nella fase di progettazione di una ricerca clinica, una iniziativa in grado, secondo gli scienziati che hanno scelto questa strada, di migliorare la qualità e l’applicabilità dei risultati sia nella ricerca clinica sia in quella di base.
E in laboratorio? È certamente più complicato chiedere il parere di una persona non specializzata quando si tratta di ricerche di base, che non hanno come obiettivo misurare l’efficacia di una cura o i suoi effetti. Eppure si può fare, soprattutto nel caso delle ricerche traslazionali, che vogliono portare al letto del malato quanto è stato ottenuto in laboratorio. I pazienti possono infatti contribuire a orientare la scelta dei settori in cui investire maggiormente e talvolta fornire idee originali e innovative nate dalle loro esperienze, come hanno scritto James McCarthy e collaboratori in un recente articolo pubblicato sulla rivista PLOS One e dedicato proprio ai requisiti necessari per avvicinare le persone comuni alla ricerca medico-scientifica.
Agenzia Zoe