Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
In Italia, una persona su quattro fuma e il fumo è il fattore di rischio evitabile che più incide sulla salute. Smettere non è facile, ma possibile: ecco su quali aiuti si può contare (e l'e-cig non è tra questi!).
Si stima che, su 1.000 maschi adulti che fumano, uno morirà di morte violenta, sei moriranno in un incidente stradale e 250 moriranno a causa delle malattie provocate dal tabacco.
“L'85 per cento dei tumori polmonari è dovuto al fumo, il 90 per cento se consideriamo anche il fumo indiretto” dice Ugo Pastorino, direttore della Chirurgia toracica dell'Istituto nazionale tumori (INT) di Milano. Oltre al tumore del polmone il fumo di sigaretta è responsabile anche di una quota di tumori della bocca, della faringe, della laringe, dell'esofago, dello stomaco, dell'intestino, del pancreas, del fegato, della cervice uterina, dell'ovaio, dei reni, della vescica e del sangue. Non solo: gli oncologi molecolari hanno scoperto che i tumori causati dal fumo hanno mutazioni particolari (chiamate proprio mutazioni da fumo) che rendono la malattia meno responsiva ad alcuni farmaci rispetto ai tumori non legati al fumo.
La nicotina presente nel tabacco aumenta la frequenza cardiaca, fa contrarre le cellule del cuore con più forza e causa il restringimento dei vasi sanguigni. Il fumo, infatti, aumenta il rischio di infarto, malattie delle coronarie e delle arterie periferiche, aneurismi dell’aorta e ictus.
Il fumo toglie il fiato: causa bronchiti acute e croniche, enfisema e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), una malattia cronica delle vie respiratorie. Inoltre, aumenta il rischio di asma e peggiora la malattia in chi è già asmatico. Infine, il fumo ha profondi effetti sul metabolismo corporeo e i fumatori hanno un rischio più alto di sviluppare il diabete di tipo 2.
Non esiste una “dose sicura” di sigarette. Una metanalisi che ha raggruppato studi condotti su oltre 6 milioni di persone ha stabilito che chi fuma una sigaretta al giorno ha solo la metà del rischio di sviluppare una malattia coronarica rispetto a chi ne fuma venti. Fumare poche sigarette è impropriamente considerato poco rischioso.
“Nei forti fumatori il rischio di tumore polmonare aumenta con l’età, quando si smette di fumare l’aumento del rischio si congela. Anche smettere a 60 o 70 anni è utile” spiega Pastorino.
“Da tre anni è attiva la campagna ‘Smettila e respira’, promossa da Federfarma e dall’INT, che si occupa di prevenzione e di diagnosi precoce di BPCO. Grazie a un angolo antifumo organizzato nelle farmacie, abbiamo intercettato molti fumatori che non sapevano di avere questa patologia” racconta Roberto Boffi, responsabile della pneumologia e del Centro antifumo dell’INT, che aggiunge: “Parlare di disassuefazione dal fumo in farmacia ha senso perché è lì che si trovano tutti i prodotti per superare questa dipendenza”.
I sintomi dell’astinenza possono infatti essere attenuati con cerotti, gomme, caramelle, inalatori e spray sublinguali contenenti nicotina, venduti come farmaci di automedicazione. “La sostituzione della nicotina è di supporto ma non elimina il problema della dipendenza” precisa Pastorino. “Oggi esistono farmaci, come il bupropione, che nell’arco di breve tempo sopprimono completamente il bisogno di fumare. La vareniclina è ancora più efficace, anche se può dare effetti collaterali e richiedere la ripetizione del trattamento. All’INT abbiamo optato per la citisina, simile alla vareniclina, ma meglio tollerata e più economica. I farmaci antifumo dovrebbero rientrare nei livelli essenziali di assistenza (le prestazioni gratuite del SSN) perché hanno dimostrato di essere efficaci ma spesso non sono usati per via dei costi.”
Prevenzione e diagnosi precoce: sono le parole chiave del programma SMILE, avviato dall'INT di Milano. È gratuito e indirizzato a persone di età compresa tra 55 e 75 anni, fumatori o ex-fumatori da meno di 10 anni, con un consumo medio di un pacchetto di sigarette al giorno per 30 anni. A un gruppo di partecipanti viene fornito un farmaco antifumo, la citisina, la sostanza naturale da cui è ricavata la vareniclina. Deve essere assunta più volte al giorno, ma questo può essere vantaggioso perché mima la ripetitività del gesto di accendere la sigaretta.
“Abbiamo scoperto che, a parità di fumo e di età non tutti hanno lo stesso rischio di tumore: il rischio è maggiore per chi ha alti livelli di infiammazione cronica, che possiamo misurare dosando la proteina C reattiva nel sangue” continua Pastorino. Per contrastare l'infiammazione, si interviene sia farmacologicamente, somministrando la cardioaspirina, sia agendo sulla dieta e aumentando l'attività fisica quotidiana.
Anche se i dati disponibili non sono conclusivi, c’è molto scetticismo sul fatto che la sigaretta elettronica (e-cig) possa essere d’aiuto per smettere di fumare. “Il 70 per cento
di chi fa uso delle sigarette elettroniche fuma anche le sigarette tradizionali, fuma all’aperto e svapa al chiuso” dichiara Boffi.
Le e-cig sono meno dannose delle sigarette tradizionali, ma non si tratta di dispositivi innocui. Rispetto alle sigarette viene ridotto il rischio legato ai prodotti di combustione, ma si è comunque esposti a sostanze potenzialmente tossiche e a metalli pesanti. Il riscaldamento del glicole propilenico e della glicerina contenute nei liquidi porta alla formazione di formaldeide, una sostanza cancerogena. “La legge andrebbe adeguata: le sigarette elettroniche non dovrebbero essere usate nei i luoghi pubblici” commenta Boffi che ricorda che
le e-cig sono già vietate nelle scuole.
Per disincentivare i fumatori si sono provate varie strategie, compreso consentire solo pacchetti senza marca, come in Francia, o imporre “il colore più brutto del mondo”, come in Australia. Le strategie di provata efficacia per contrastare la diffusione del fumo sono il suo bando totale o parziale, lanciare campagne stampa adeguate, fare prevenzione primaria nelle scuole, sostenere economicamente i centri antifumo e aumentare il prezzo del tabacco.
“Uno studio americano ha dimostrato che con un aumento di un dollaro a pacchetto di sigarette il numero dei fumatori diminuisce del 20 per cento” riferisce Boffi. “Da noi l’aumento dovrebbe essere di almeno un euro e rappresentare una tassa di scopo, ossia andare a finanziare la ricerca e gli interventi per aiutare i fumatori che vogliono smettere e non ce la fanno.”
“Oggi, per ragioni economiche, ma anche di efficacia, si considerano candidabili ai programmi di screening e diagnosi precoce solo i forti fumatori, cioè coloro che hanno fumato un pacchetto di sigarette o più al giorno per un periodo abbastanza lungo e che hanno più di 55 anni. Chi fa una TC con risultato negativo e non ha altri fattori di rischio potrà ripeterla dopo 2-3 anni; chi ha un livello di rischio più alto dovrà ripeterla tutti gli anni” spiega Pastorino, che aggiunge: “Nei primi 10-15 anni da quando si smette di fumare, il rischio di tumore del polmone rimane alto, per cui può avere senso aderire allo screening”. L’INT sta portando avanti, grazie al contributo di AIRC, un progetto sullo studio dei microRNA, piccole molecole che circolano nel sangue, da usare come marcatori per predire lo sviluppo del tumore del polmone. Pastorino spiega che “il test dei microRNA ci aiuterà a individualizzare il programma di monitoraggio sulla base del rischio individuale”.
Elena Riboldi