Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
L'incontro che si è tenuto nel capoluogo emiliano è il secondo di questo genere e, come il primo, favorisce la collaborazione tra coloro che hanno vinto il bando più selettivo.
Nella cornice della storica Università di Bologna, su forte spinta degli stessi giovani ricercatori, si sono incontrati per la seconda volta i titolari di Start-up, i finanziamenti quinquennali per i giovani ricercatori rientrati dall'estero per avviare, da zero, il proprio laboratorio di ricerca in Italia. Il bisogno di incontrarsi è per loro una necessità primaria, non solo perché condividono alcune problematiche pratiche (come i controlli e le rendicontazioni) ma anche la curiosità di conoscere l'attività dei propri colleghi e, magari, di collaborare. I cartelli indicano una stanza nel piano interrato dell'edificio: sembra quasi di tornare ai tempi degli esami. Ma questi ragazzi un esame difficile l'hanno già superato: la Start-up è infatti il bando AIRC più competitivo, che premia solo quei ricercatori giovani che hanno dimostrato di avere le potenzialità per diventare i futuri leader della ricerca sul cancro. AIRC, come molte agenzie per la ricerca scientifica, favorisce, con queste riunioni, lo scambio di esperienze tra "novellini" e "senior", coloro che hanno già alle spalle un paio o più anni di attività indipendente.
In questo caso c'è un motivo di orgoglio in più: sono stati proprio loro, i titolari dei grant, a organizzarlo in modo autonomo, malgrado agende ricche di impegni, spinti dalla necessità di sentirsi parte di una comunità che condivide lo stesso obiettivo. La creazione di network e collegamenti tra scienziati impegnati sullo stesso fronte è alla base di una ricerca di successo, come recente mente ribadito anche dagli esperti della European School of Oncology e come esplicitamente previsto dai bandi dei prestigiosi National Institutes of Health statunitensi. E infatti dall'incontro di due anni fa, il primo di questo genere organizzato da AIRC, sono emerse collaborazioni fruttuose e nuove idee che hanno dato risultati positivi.
La voglia di cooperare nasce anche dalle affinità biografiche: un'importante esperienza all'estero, il rientro in Italia e la soddisfazione di essersi guadagnati un finanziamento così competitivo. Alberto Del Rio, chimico dell'Università di Bologna e promotore dell'incontro, sorride soddisfatto: sono presenti tutti i titolari delle Start-up in corso, 16 in totale, a dimostrare che non è solo suo il desiderio di fare network, ma di tutto il gruppo. "Il meeting del 2010 è stato talmente utile che abbiamo voluto organizzarne un altro" commenta Del Rio, che sta portando avanti numerose collaborazioni nate proprio dal primo consesso. Una di queste è con Alessio Nencioni, medico dell'Università di Genova, che spiega: "Insieme stiamo cercando nuove sostanze in grado di rallentare la crescita tumorale. Alberto crea le nuove molecole e io testo la loro potenzialità antitumorale in laboratorio".
Dopo di lui anche gli altri ricercatori spiegano come stanno usando i finanziamenti AIRC e quali sono i risultati più promettenti. Thomas Vaccari, ricercatore all'IFOM di Milano, racconta: "Questi dati sono frutto di una stretta collaborazione nata proprio due anni fa con Letizia Lanzetti", titolare di Start-up e ricercatrice all'IRCC di Candiolo, Torino. I due non perderanno un minuto: sul treno di ritorno da Bologna a Milano si scambieranno infatti dati preziosi racchiusi nei loro inseparabili computer.
La pausa pranzo si svolge in una piccola stanza dal sapore antico, con vecchi strumenti di misura impolverati racchiusi nelle ante degli armadi. E i talenti italiani già pensano al futuro: "Cosa succederà dopo questi cinque anni?" chiede Rosanna Piccirillo durante la tavola rotonda del pomeriggio. Tutto dipende da loro: dovranno dimostrare di aver fatto fruttare questo importante finanziamento e di poter essere considerati leader nel loro settore.
Francesca Ciccarelli, ricercatrice all'Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano ed ex titolare di una Start-up ormai conclusa è un ottimo esempio. "AIRC mi ha dato la possibilità di far partire il mio progetto, molto innovativo, in un istituto che faceva tutt'altro" dice Francesca, che ora ha ottenuto un Investigator grant, cioè un finanziamento per scienziati dall'esperienza ormai consolidata. Oggi è venuta per sostenere chi comincia e portare la sua esperienza come esempio, a dimostrazione che AIRC non abbandona i giovani a progetto concluso, purché continuino a meritarselo.
Nel frattempo questo meeting insegna che unire le forze aiuta a fare passi avanti. Del resto il cancro è una malattia così complessa che la fusione di competenze diverse è necessaria. Ed è importante che questi giovani scienziati, nel pieno delle loro energie e creatività, abbiano modo di confrontarsi. E il fatto che siano stati proprio loro a organizzare questo incontro testimonia una sincera voglia di lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune.
Durante la pausa caffè si parla non solo di scienza ma anche della fatica di tornare nel proprio Paese a fare ricerca. "L'esperienza a Harvard è stata fondamentale, ma sentivo di non appartenere a quel mondo" confida Rosanna Piccirillo, rientrata dagli Stati Uniti per mettere in piedi il suo laboratorio all'Istituto Mario Negri di Milano. "Lì ho però creato un motto che ho trasmesso ai miei giovani studenti: lavoro, lavoro, lavoro". Altri non erano così convinti di lasciare il laboratorio estero: "All'inizio non volevo rientrare, non pensavo che in Italia avrei potuto condurre una ricerca indipendente, invece AIRC mi ha dato fiducia" ammette soddisfatta Anna Chiara De Luca, a capo di un giovane gruppo di ricerca al CNR di Napoli. Anche Simone Sabbioneda, che tutti i giorni raggiunge il CNR di Pavia dalla sua Milano, ammette: "È duro e molto faticoso, soprattutto per la burocrazia italiana, ma sono contento di essere tornato".
Ilaria Guerini