Ultimo aggiornamento: 1 luglio 2021
Con il progredire delle conoscenze, gli esperti hanno riesaminato le linee guida riguardo ai programmi di screening per la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto e della prostata.
Gli esperti della United States Preventive Services Task Force (USPSTF) raccomandano che tutte le persone adulte inizino a sottoporsi a screening regolare per il tumore del colon-retto a partire dai 45 anni e non dai 50 anni come suggerito in precedenza. L’USPSTF è un gruppo indipendente di esperti che riesamina sistematicamente le prove di efficacia e, sulla base dei risultati ottenuti, raccomanda quali servizi di prevenzione devono essere inclusi tra le prestazioni erogate senza costi aggiuntivi dalle compagnie di assicurazione che operano negli Stati Uniti. Gli esperti dell’USPSTF hanno stabilito che lo screening per il tumore del colon-retto va anticipato perché i dati epidemiologici mostrano che questo tumore è sempre più frequente anche nella popolazione giovane. Cambiano le informazioni a disposizione, cambia il profilo demografico dei malati e, di conseguenza, cambiano anche gli screening, come è stato ampiamente discusso al convegno dell’American Association for Cancer Research (AACR), dove questa proposta è stata avanzata ufficialmente.
Gli screening oncologici mirano a scoprire precocemente la comparsa di un tumore in soggetti apparentemente sani. Uno screening universale porterebbe più svantaggi che vantaggi e non sarebbe sostenibile. Per questo motivo i ricercatori studiano le caratteristiche che accomunano i pazienti a cui viene diagnosticato un certo tipo di tumore, al fine di individuare precocemente la malattia in chi appartiene alla cosiddetta “popolazione a rischio”. Chi ha cioè maggiori probabilità di essere colpito dalla malattia e di beneficiare da uno screening per la diagnosi precoce. Sulla base di tali informazioni, le linee guida nazionali e internazionali identificano i destinatari dei vari programmi di screening.
Per esempio, lo screening mammografico per la diagnosi precoce del tumore del seno è rivolto a tutte le donne di età compresa tra 50 e i 69 anni perché si è visto che nelle donne giovani il rischio di tumore è basso e che nelle donne più anziane il beneficio dello screening è ridotto. Nel caso del tumore del colon-retto, oggi in Italia lo screening è offerto gratuitamente a tutti gli adulti tra i 50 e i 69 anni, mentre le linee guida adottate negli USA raccomandano lo screening tra i 50 e i 75 anni.
“L’incidenza del tumore colorettale negli adulti di età compresa tra 40 e 49 anni è aumentata di quasi il 15 per cento dal 2000-2002 al 2014-2016” spiegano gli esperti dell’USPSTF nel documento che hanno pubblicato su JAMA, la rivista dell’American Medical Association, la più grande associazione medica degli Stati Uniti. “Si stima che il 10,5 per cento circa dei nuovi casi di tumore colorettale si verifichi in persone con meno di 50 anni.”
I dati epidemiologici più recenti suggeriscono quindi che vada rivista al ribasso l’età in cui cominciare a sottoporre gli individui allo screening per intercettare precocemente un numero maggiore di tumori. In Italia lo screening si effettua tramite ricerca di sangue occulto nelle feci o mediante esame endoscopico (rettosigmoidoscopia). L’American Cancer Society già nel 2018 si era espressa a favore di questa possibilità: “Abbassare l’età raccomandata per lo screening per il cancro del colon-retto renderebbe tali esami accessibili a milioni di persone in più negli Stati Uniti. In questo modo potrebbero essere salvate auspicabilmente molte più vite umane, tramite l’identificazione precoce del cancro e la prevenzione” ha scritto Kimmie Ng, direttore del Centro per il tumore del colon-retto a insorgenza giovanile del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, in un articolo di accompagnamento al documento dell’USPSTF.
Gli esami per la diagnosi precoce del tumore del colon-retto non sono gli unici riguardo al quale ci sono novità. Uno studio i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Plos Medicine suggerisce che, per gli uomini con casi di tumore della prostata in famiglia, il momento in cui prendere in considerazione l’eventualità di sottoporsi alla misurazione dei livelli di PSA (antigene prostatico specifico) potrebbe essere anticipato anche di 12 anni rispetto all’età suggerita da alcune linee guida (50 anni). Analizzando i dati relativi alla Svezia, riguardanti complessivamente oltre sei milioni di uomini, un gruppo di ricercatori del German Cancer Research Center (DKFZ) di Heidelberg ha concluso che chi ha avuto in famiglia casi di tumore della prostata ha un rischio decisamente più alto di sviluppare questo tipo di cancro rispetto al resto della popolazione e potrebbe trarre vantaggio dall’anticipazione del test.
Il test del PSA per il tumore della prostata è oggetto di intenso dibattito tra gli oncologi perché, a differenza dello screening per il tumore del colon-retto, della mammella e della cervice uterina, l’esito dell’esame non è sempre attendibile e anche per questo il rapporto fra rischi e benefici non è così nettamente positivo. Da una parte sottoporsi al test può ridurre la probabilità di morire per tumore della prostata in alcuni uomini. Dall’altra parte, il test del PSA può portare all’identificazione di tumori a lentissima crescita che non avrebbero messo in pericolo la vita del paziente, avviando inutilmente un percorso terapeutico con complicanze potenziali non irrilevanti, come incontinenza e disfunzione erettile. Anche per queste ragioni in Italia il test del PSA non fa parte degli screening offerti gratuitamente alla popolazione.
L’USPSTF raccomanda che la decisione di sottoporsi periodicamente a test del PSA per gli uomini di età compresa tra 55 e 69 anni venga fatta a livello individuale: ogni uomo deve discutere con il medico i potenziali rischi e benefici, e prendere una decisione anche in base alle proprie preferenze. L’USPSTF ha riconosciuto che probabilmente il test offre maggiori benefici agli individui con una storia familiare di tumore della prostata rispetto agli altri, ma gli esperti non hanno formulato una raccomandazione specifica per questa categoria. “In uno sforzo teso verso la personalizzazione dell’uso del test del PSA, in contrasto con la strategia ‘a taglia unica’ del passato, sulla base dei nostri risultati suggeriamo di dividere gli uomini con familiarità in 5 gruppi diversi in modo da essere in grado di proporre una selezione più accurata delle persone e interventi di prevenzione che tengano conto dei loro livelli di rischio” scrivono gli autori dello studio. Questa proposta potrebbe in futuro essere incorporata da alcune linee guida.
Agenzia ZOE