Ultimo aggiornamento: 25 luglio 2025
Da uno studio condotto in diversi centri di ricerca europei e nel Regno Unito emerge un possibile ruolo per il pioglitazone, un farmaco antidiabetico, nel trattamento del cancro della prostata.
Nel 2022 il tumore della prostata è stato il secondo tumore più frequente al mondo, con circa 1,5 milioni di nuovi casi e 397.000 decessi stimati, secondo i dati più recenti del Global Cancer Observatory, a cura dell’Organizzazione mondiale della sanità. Oltre a essere a rischio di sviluppare il tumore della prostata, gli uomini sono anche più inclini rispetto alle donne a sviluppare il diabete mellito di tipo 2. Si tratta della malattia metabolica cronica più comune a livello globale, caratterizzata da livelli elevati di glucosio nel sangue (iperglicemia) e da una secrezione insufficiente di insulina da parte del pancreas o, più di frequente, da una insulino-resistenza, ovvero una ridotta capacità dell’organismo di rispondere all’insulina, l’ormone essenziale per la regolazione della glicemia. Talvolta il tumore prostatico e il diabete sono presenti nello stesso paziente: questo accade più frequentemente con l’avanzare dell’età e in caso di obesità. La compresenza delle due patologie pone diverse sfide dal punto di vista terapeutico. Il meccanismo che potenzialmente lega il tumore della prostata al diabete di tipo 2 è oggi ancora poco chiaro. I risultati di alcuni studi suggeriscono che il diabete di tipo 2 riduca il rischio di tumore della prostata, mentre altri riportano dati contrastanti.
Il recettore PPAR-gamma è un fattore di trascrizione, ovvero una molecola coinvolta nell’espressione di geni specifici, oltre che nella regolazione della sensibilità all’insulina e in quella del metabolismo dei lipidi e del glucosio. Alcuni farmaci per il trattamento del diabete di tipo 2, i tiazolidindioni (TZD), agiscono attivando tale recettore. Uno di essi, il pioglitazone, aumenta in particolare l’assorbimento del glucosio, riducendo gli acidi grassi liberi nel plasma e i trigliceridi, e migliorando la segnalazione insulinica. Altri medicinali che agiscono in modo simile includono il bezafibrato e il tesaglitazar.
Studi condotti in passato hanno suggerito un ruolo positivo per alcuni di questi farmaci contro il tumore della prostata. L’analisi dei dati clinici ha rivelato inoltre che un’elevata espressione di PPAR-gamma è associata al tumore della prostata in stadio avanzato e a una ridotta sopravvivenza.
Sulla base di queste indicazioni, un gruppo di ricercatori guidato da Lukas Kenner all’Università di Vienna, in Austria, ha valutato e confrontato l’effetto dei farmaci ipoglicemizzanti pioglitazone, bezafibrato e tesaglitazar sullo sviluppo del tumore della prostata.
La ricerca è stata condotta combinando due elementi: da un lato, esperimenti con cellule in coltura di tumore della prostata e con topi di laboratorio con tumore prostatico; dall’altro, i ricercatori hanno effettuato un’analisi retrospettiva su 69 pazienti affetti da tumore della prostata e diabete di tipo 2, seguiti tra il 2014 e il 2023. I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Molecular Cancer.
Nella prima parte dello studio, di laboratorio, il pioglitazone e il tesaglitazar hanno significativamente ridotto la proliferazione cellulare, l’attività metabolica e i livelli della proteina PPAR-gamma in cellule derivate da campioni di tumore della prostata primario e metastatico.
Le analisi hanno mostrato anche che il trattamento con pioglitazone avrebbe indotto un cambiamento del metabolismo delle cellule tumorali, cambiandone alcune caratteristiche e rendendole un po’ meno simili a cellule cancerose. Secondo i risultati dello studio, il pioglitazone avrebbe inoltre inibito la migrazione delle cellule di tumore della prostata e ridotto la crescita tumorale in topi di laboratorio.
La seconda parte dello studio, quella focalizzata sull’analisi retrospettiva dei dati clinici, ha poi mostrato che i pazienti diabetici con tumore della prostata trattati con farmaci ipoglicemizzanti dopo prostatectomia radicale non mostravano recidive rilevabili con esami clinici a distanza di 5-10 anni, a differenza dei pazienti non diabetici con tumore della prostata.
Complessivamente, i risultati dello studio indicano che il pioglitazone riduce la proliferazione delle cellule di tumore della prostata sia in cellule in coltura sia in animali di laboratorio, inibendone la migrazione e cambiando alcune caratteristiche. Ciò suggerisce la possibilità di utilizzare tale farmaco nella terapia del tumore della prostata.
Secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, i risultati ottenuti sono piuttosto promettenti, ma devono essere confermati da ulteriori ricerche cliniche. Sarà inoltre necessario verificare che il trattamento con pioglitazione possa essere utilizzato con successo anche in soggetti con tumore della prostata che non presentano diabete di tipo 2.
Amalia Forte