Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Al termine del primo finanziamento di cinque anni, molti programmi che AIRC ha sostenuto con i fondi del 5 per mille sono giunti a un passo dal letto del paziente. Per garantire il raggiungimento pieno dell'obiettivo vengono rifinanziati per altri due anni.
Dal 2006 più di un milione di italiani ha dato la propria fiducia ad AIRC, devolvendo all'Associazione il 5 per mille delle tasse nella dichiarazione dei redditi. A questa scelta è seguito uno slancio senza pari nel mondo della ricerca oncologica. La risposta è stato l'avvio di due programmi innovativi: il Programma speciale di oncologia clinica molecolare, partito nel 2010, e il Programma diagnosi precoce e analisi del rischio di sviluppare un tumore, avviato nel 2011.
Insieme i due programmi affrontano il problema cancro a tutto tondo, con 14 progettualità di ampio respiro che vedono all'opera il meglio della ricerca oncologica italiana.
Il primo programma ha portato risultati innovativi nel campo delle terapie personalizzate fino al letto del paziente. Ora bisogna verificare eventuali effetti tossici e valutare la reale efficacia dei nuovi trattamenti, rispetto alle terapie già in uso nei pazienti.
Anche per il secondo programma i risultati non si sono fatti attendere e sono già stati identificati nuovi marcatori di vari tumori, in grado di rendere la diagnosi e la prognosi molto più precise e di offrire metodiche innovative per identificare una combinazione di farmaci specifica per il tumore di ogni singolo paziente.
Per questo AIRC ha deciso di lanciare, a maggio del 2015, un bando di estensione aperto ai responsabili dei programmi che hanno terminato il primo quinquennio di ricerche. Le domande sono state sottoposte a una valutazione da parte di revisori internazionali, come accade per tutte le richieste di finanziamento presentate ad AIRC. Il budget totale stanziato è di oltre 15 milioni di euro l'anno, per due anni. Una dotazione, in questa fase "ponte", indispensabile a far sì che i risultati, validati e rafforzati, possano passare alla necessaria sperimentazione su larga scala prima che le cure possano entrare nella pratica clinica e raggiungere i pazienti. Ecco chi sono i protagonisti di questo lavoro e dove vogliono arrivare al termine di questo biennio.
Il carcinoma del colon-retto e le caratteristiche molecolari e genetiche che lo rendono resistente ai farmaci sono al centro delle attenzioni dei ricercatori coordinati da Paolo Comoglio, direttore dell'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, vicino a Torino, in stretta collaborazione con gli oncologi dell'Ospedale Niguarda di Milano. Nei cinque anni della prima fase del lavoro sono stati raggiunti molti traguardi, tra cui l'identificazione di importanti dettagli molecolari per la diagnosi e la cura e di elementi distintivi delle cellule staminali responsabili della recidiva. Sono stati generati modelli animali molto speciali (PDX) nei quali è stato possibile ricreare i tumori dei singoli pazienti. In questa seconda fase, i ricercatori estenderanno i risultati terapeutici già ottenuti nei pazienti (con la sperimentazione chiamata Heracles) per andare un passo più avanti nella conoscenza biologica, nella diagnosi e nella cura della malattia. Si cercherà, tra il resto, di identificare nel DNA circolante nel sangue dei pazienti nuove mutazioni che rendono il tumore resistente ai trattamenti e di generare algoritmi capaci di prevedere quali tumori risponderanno alle terapie.
Come affermano i ricercatori coinvolti nel programma, i prossimi due anni di lavoro saranno dedicati a "costruire un ponte" che colleghi i risultati ottenuti nei precedenti cinque anni del programma, finanziati da AIRC grazie ai fondi del 5 per mille, con la pratica clinica. Un compito non certo semplice visti i molti e importanti risultati già ottenuti dal gruppo coordinato da Ruggero De Maria, dal 2016 professore ordinario di patologia generale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Concentrandosi ancora una volta sui tumori di colon e polmone, i ricercatori si dedicheranno nei prossimi 24 mesi allo studio di due terapie sperimentali: una basata sull'uso della molecola fenretinide e una sulla combinazione di tre diversi farmaci che agiscono bloccando altrettanti bersagli. Per quanto riguarda la fenretinide, nel percorso verso la clinica sarà utilizzata la molecola sviluppata proprio nel corso del programma quinquennale, modificando la molecola originale per renderla più solubile e biodisponibile, riducendone gli effetti collaterali. Dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni da parte degli enti regolatori si procederà al primo studio sull'uomo. Per quanto riguarda invece la combinazione di inibitori, dopo studi per determinare i biomarcatori genetici che rendono i tumori sensibili al trattamento si procederà con uno studio clinico che convalidi i risultati.
Due dei principali protagonisti della fase di estensione del programma coordinato da Giannino Del Sal, a capo dell'Unità di oncologia molecolare del Laboratorio nazionale CIB (LNCIB) di Trieste, sono YAP e TAZ, proteine di estrema importanza per la progressione del tumore e la formazione di metastasi. YAP e TAZ possono rappresentare bersagli ideali per la terapia, con particolare riferimento ai tumori del seno "tripli negativi", ancora piuttosto difficili da trattare. E partendo proprio dai risultati ottenuti nella fase quinquennale del progetto, Del Sal e colleghi punteranno nei prossimi mesi a mettere meglio a fuoco gli aspetti clinici delle scoperte di laboratorio, con studi ad hoc per valutare nuove vie per colpire la coppia YAP/TAZ, o combinazioni di farmaci nuove e più letali (per il tumore). C'è poi il capitolo, aperto nei cinque anni precedenti, della creazione di nuovi materiali e mezzi di trasporto per far arrivare il farmaco a destinazione. I primi risultati sembrano molto promettenti, tanto che nei prossimi mesi i ricercatori si prepareranno a testarli con un farmaco antitumorale molto comune, il paclitaxel. Infine, utilizzando colture cellulari tridimensionali dette "organoidi", si cercheranno nuove vie verso una medicina sempre più personalizzata, basata sulle caratteristiche molecolari delle terapie.
Altri due anni per consolidare ed estendere ulteriormente i già ragguardevoli risultati ottenuti nei primi cinque anni di lavoro finanziato da AIRC. I ricercatori coinvolti nel programma coordinato da Robin Foà dell'Università Sapienza di Roma e dedicato a diversi tipi di tumori del sangue hanno raggiunto e ampiamente superato gli obiettivi che si erano prefissi e puntano ora a migliorare la trasferibilità dei risultati ottenuti in laboratorio al letto del paziente. Con diversi approcci, si lavorerà quindi per ottimizzare le piattaforme diagnostiche stabilite in precedenza, definire in modo più preciso la classificazione dei pazienti sulla base della prognosi di malattia (alla quale si giunge grazie alle caratteristiche molecolari del tumore) e dare il via a ulteriori studi clinici - inizialmente di fase 1-2, ma probabilmente anche di fasi più avanzate - per pazienti con diversi tumori del sangue. Si porranno inoltre le basi per arrivare a nuove strategie di trattamento personalizzate con la speranza di metterle in campo entro i due anni di estensione del programma. Il tutto con la convinzione forte che l'approccio integrato, fatto di diversi specialisti e delle tecnologie più avanzate, si possa tradurre in una gestione ottimale delle risorse, anche quelle economiche.
Quattro erano i progetti all'interno del programma originale della durata di cinque anni, coordinato da Federico Caligaris Cappio, e sempre quattro sono quelli inclusi nella fase di estensione coordinata da Paolo Ghia, della Fondazione Centro San Raffaele di Milano. Nel corso dei prossimi 24 mesi, i ricercatori coinvolti nel programma concluderanno il percorso che, partendo dal bancone del laboratorio, porterà fino al paziente alcune delle numerose scoperte emerse dal lavoro degli anni precedenti, incentrate sullo sfruttamento da parte del tumore delle cellule normali che lo circondano, piegate a suo vantaggio. Un primo capitolo riguarderà l'angiogenesi, ovvero la capacità del tumore di formare nuovi vasi per potersi nutrire, un meccanismo fondamentale sia nella leucemia linfatica cronica sia nel mieloma multiplo: si studieranno nuove vie per contrastare questo processo e far "morire di fame" il tumore. Un'altra parte del programma esplorerà nuove strategie per migliorare l'attività antitumorale di alcuni trattamenti innovativi, per superare la resistenza a queste terapie, "ingolfando" il motore della cellula. La terza parte del programma prevede lo studio di approcci diretti a specifiche vie di comunicazione all'interno della cellula tumorale, che si sono rivelate fondamentali per l'espansione della malattia. Infine, la quarta e ultima parte sarà incentrata sulla possibilità di impedire alle cellule tumorali la permanenza all'interno dei tessuti dove trovano un ambiente favorevole alla loro sopravvivenza.
Nei primi cinque anni del programma coordinato da Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, sono emersi dati molto importanti sulla molevola PTX3, una dei principali protagonisti del lavoro del gruppo di ricerca. E nei due anni della fase di estensione i ricercatori continueranno a puntare su questa molecola con diversi approcci: preparare una proteina utilizzabile in clinica, seguendo tutte le procedure richieste dalle autorità regolatorie, disegnare e far partire studi clinici con la molecola e continuare a studiarla come possibile strumento per la diagnosi e la prognosi dei tumori ematologici. L'altro grande filone di ricerca che verrà portato avanti nei prossimi due anni riguarda la terapia cellulare e ancora una volta parte dai promettenti risultati ottenuti nei cinque anni precedenti. È previsto innanzitutto il completamento degli studi clinici già in corso, ma si intende anche partire con tre nuovi studi clinici che prendono spunto dai risultati ottenuti in passato sulla possibilità di "addestrare" le cellule e modificarle per trasformarle in armi contro i tumori del sangue, anche quelli che si manifestano in età pediatrica.
Con la conclusione dei primi cinque anni di finanziamento, molti degli obiettivi previsti nel programma coordinato da Pierfrancesco Tassone, dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, sono stati raggiunti. Come affermano gli stessi ricercatori, però, l'estensione del sostegno AIRC per altri due anni è di enorme valore poiché permetterà di portare a pieno compimento i progetti, sia in termini di conoscenza sia sul piano piùù applicativo. In primo luogo, nella fase di estensione sarà possibile dare il via a studi clinici sull'utilizzo in pazienti di terapie basate sull'inibitore del microRNA-221, una molecola messa a punto nelle fasi precedenti del programma e che ha già superato i test formali di tossicità previsti dagli enti regolatori. Sulla stessa linea progettuale, si procederà con lo sviluppo e lo studio anche in clinica di un'altra molecola (LNA Gapmer 17-92 inhibitor), anch'essa di grande rilevanza nel mieloma multiplo, la patologia oggetto del programma di Tassone e colleghi, ma potenzialmente di grande interesse in diversi altri tipi di tumori umani. E sempre grazie all'importante opportunità offerta dal programma di estensione, sarà possibile realizzare una strategia mirata direttamente al tumore con molecole "aptameriche", capaci di indirizzare i microRNA proprio nel cuore del tumore, esaltando quindi le potenzialità terapeutiche di queste piccole molecole per la cura delle neoplasie umane.
Un ulteriore passo avanti verso la traslazione in clinica delle informazioni e dei risultati ottenuti nella prima fase del progetto. Così i ricercatori coordinati da Alessandro Maria Vannucchi, ematologo dell'Università di Firenze, definiscono i due anni di estensione del finanziamento che permetteranno di approfondire alcuni dei più importanti risultati emersi nel campo dei tumori mieloproliferativi cronici. In particolare, l'attenzione dei ricercatori si concentrerà sui pazienti definiti "tripli negativi", quelle persone cioè che, pur avendo la malattia, non presentano nessuna delle mutazioni del DNA attualmente note: l'obiettivo è trovare nuovi marcatori molecolari per facilitare la diagnosi e la prognosi. Inoltre, nei 24 mesi di estensione sarà possibile confermare e approfondire le potenzialità diagnostiche e prognostiche delle mutazioni già identificate in precedenza e studiare nel dettaglio le anomalie, non solo delle cellule direttamente coinvolte in queste malattie, quali i megacariociti del midollo, ma anche delle cellule che circondano quelle tumorali, e che interagiscono con esse, come per esempio le cellule endoteliali. Non mancano in questa nuova parte del programma alcuni studi clinici che, con i loro risultati, potrebbero cambiare il modo di diagnosticare, classificare e trattare queste patologie.
Cristina Ferrario