Ultimo aggiornamento: 4 agosto 2020
La pandemia di Covid-19 ha dato una grande spinta alla telemedicina, mettendone in luce le molte potenzialità anche per tempi più tranquilli. Ma i limiti non mancano.
“La pandemia lascerà un segno indelebile sulla società ed è probabile che dia una spinta a nuovi modelli di cura, come la telemedicina.” Lo scrivono sulla rivista JAMA Oncology gli autori di un articolo nel quale si analizza l’uso che si è fatto finora della telemedicina durante la pandemia di COVID-19. La telemedicina è un contatto a distanza, tramite la rete internet, in cui un paziente può ricevere assistenza, consigli, monitoraggio di terapie in corso, prescrizioni e promemoria, mentre il personale medico-sanitario di piccoli centri clinici in aree remote può essere aiutato a distanza nel corso di interventi e ricoveri di pazienti con patologie complesse.
Quando l’emergenza da COVID-19 sarà sperabilmente un ricordo, quale potrà essere il ruolo della telemedicina?
Come ricordato anche in un articolo recentemente pubblicato sul sito AIRC, i giovani oncologi sono convinti che la pandemia possa rappresentare una buona occasione per incrementare l’utilizzo della telemedicina nella pratica clinica, quando possibile. Qualche passo in questa direzione è già stato compiuto anche in Italia: basti ricordare l’esempio della dematerializzazione delle ricette, ovvero la possibilità di ricevere questi documenti via sms, via mail o direttamente in farmacia, evitando che i pazienti debbano recarsi nello studio medico o che siano costretti a usare strumenti tecnologici ai quali magari sono poco abituati.
In situazioni di emergenza come quella imposta dalla pandemia di COVID-19, la telemedicina può permettere agli ospedali di continuare a garantire un certo livello di cura riducendo ai minimi termini i rischi per i pazienti, i medici e gli infermieri, e alleggerendo il peso su sistemi sanitari già molto provati. Ma perché pensare a questo tipo di tecnologia anche in futuro, a emergenza conclusa? Le risposte a questa domanda variano a seconda delle patologie e dei contesti sociali nei quali si opera.
Uno dei vantaggi della telemedicina può essere il monitoraggio anche quotidiano di alcuni parametri clinici e sintomi che, per esempio attraverso una app, possono essere misurati o riferiti dai pazienti. La telemedicina consente inoltre l’accesso alle visite anche a pazienti che, per diverse ragioni, faticano a recarsi in ospedale o nello studio del medico, o che vivono in aree mal collegate ai centri di cura. Inoltre, i consulti a distanza (e anche alcuni test) si sono rivelati essenziali in questo periodo di emergenza sanitaria, per poter portare avanti le sperimentazioni cliniche che altrimenti si sarebbero dovute interrompere.
C’è però anche un altro lato della medaglia. Non tutti i pazienti dispongono della tecnologia necessaria – anche solo una semplice linea internet – per poter usufruire dei servizi di telemedicina, o magari non hanno le capacità per utilizzare tali strumenti, condizione particolarmente frequente nelle persone più anziane, anche se sempre con maggior frequenza le persone in questa fascia d’età hanno un buon rapporto con la tecnologia. C’è quindi il rischio che un servizio nato per raggiungere un numero ampio di persone crei in realtà differenze nella popolazione, con la possibilità di “lasciare indietro” alcune categorie già svantaggiate, come per esempio i più poveri, gli anziani o chi vive in contesti sociali disagiati.
Non mancano poi le persone – anche giovani – che preferiscono un rapporto diretto con il proprio medico e non si ritengono soddisfatte con una visita virtuale. Dal punto di vista della qualità delle cure, infine, non è sempre facile mettere in atto tutte le misure necessarie perché la visita virtuale abbia un’accuratezza e una precisione comparabile a quella di una visita di persona.
Nel corso dello speciale congresso virtuale che l’American Association for Cancer Research (AACR) ha organizzato dal 20 al 22 luglio sul tema Covid-19 e cancro, un incontro è stato dedicato proprio alla telemedicina nelle cure oncologiche. Cinque esperti, coordinati da Karen Knudsen, del Sidney Kimmel Cancer Center di Philadelphia, negli Stati Uniti, hanno preso parte alla discussione che aveva lo scopo principale di definire quanto emerso di positivo nel corso della pandemia sull’uso della telemedicina in oncologia, ma anche di identificare le sfide vecchie e nuove che questo strumento comporta per medici e pazienti.
“Abbiamo imparato molto negli ultimi mesi sull’impatto dell’uso della telemedicina in oncologia, ma molto dobbiamo ancora imparare” ha esordito Knudsen.
Senza dubbio uno degli obiettivi primari degli esperti è rendere la telemedicina davvero accessibile a tutti. “In un sondaggio effettuato qualche anno fa abbiamo notato che la maggior parte dei nostri pazienti usa uno smartphone o i social media, ma non ne utilizza tutte le potenzialità” ha affermato Greg Garber, collega di Knudsen a Philadelphia. “Inoltre i portali dedicati ai pazienti presuppongono la disponibilità di un indirizzo mail e la capacità di usare password e codici. Tutti potenziali ostacoli per alcuni utenti” ha aggiunto, spiegando che gli sforzi futuri devono essere diretti a superare questi ostacoli.
Proprio per difficoltà come queste, in molti casi la telemedicina si è dovuta limitare a contatti telefonici. “È quanto abbiamo riscontrato nei nostri pazienti più anziani e nei molti che non disponevano di una connessione internet abbastanza buona” ha precisato Anna Tosteson, del Dartmouth-Hitchcock Norris Cotton Cancer Center di Lebanon, in New Hampshire (Stati Uniti), uno dei centri pionieristici nell’uso di questi strumenti.
L’esperienza degli ultimi mesi ha inoltre insegnato che la medicina virtuale può essere un’ottima soluzione in molti casi, ma non in tutti. “Nella gestione del cancro e di molte malattie croniche ci sono tanti modi per utilizzare la telemedicina in modo efficace” ha affermato Ana María López, anch’essa in forza al Sidney Kimmel Cancer Center di Philadelphia, ricordando che però alcuni esami, come la palpazione, sono molto difficili da riproporre in forma virtuale.
Peraltro, una cosa è offrire tele-assistenza a un paziente che già si conosce, un'altra è cercare di fare per esempio una diagnosi in remoto, quando il paziente non può essere visitato con un esame obiettivo attraverso lo schermo. “Un medico che diagnostica per errore un mal di pancia che si rivela essere un cancro allo stomaco ha la stessa responsabilità legale di un medico tradizionale. Per questo motivo i medici virtuali sono tenuti a dire ai pazienti, i cui sintomi sembrano indicare una patologia un po' più complessa, di recarsi in ambulatorio per sottoporsi a una visita medica e per fare degli esami di laboratorio” ha scritto John Seabrook in relazione alla situazione normativa negli Stati Uniti in “The Promise and the Peril of Virtual Health Care” a giugno sul New Yorker. “Inoltre, al suo peggio, la telemedicina può promuovere un atteggiamento che induce a prescrivere a chiunque un antibiotico per ogni raffreddore.”
In Italia il consulto a distanza non è assimilato in tutto e per tutto a una visita vera e propria, ma è un semplice supporto che va poi perfezionato con la visita di persona. Lo ha stabilito una recente bozza di accordo della Conferenza Stato-Regioni, che dovrebbe uniformare, su tutto il territorio nazionale, le regole per i consulti a distanza. Se il medico riterrà di non poter formulare un parere senza visitare fisicamente il paziente (o in assenza di esami e test), la diagnosi fatta al telefono o via Internet non avrà lo stesso valore legale di quella fatta di persona.
“La formazione dei medici e l’educazione e il maggiore coinvolgimento dei pazienti e di chi si prende cura di loro possono fare la differenza” ha precisato López.
Gli esperti concludono confermando di avere a disposizione tecnologie anche molto sofisticate, capaci di eseguire a distanza esami come elettrocardiogrammi e persino ecografie. Bisogna ora lavorare per renderle più fruibili a tutti e aumentare la conoscenza sui pro e sui contro del loro utilizzo. Tra le priorità della ricerca, invece, quella di validare gli strumenti di interazione a distanza tra medici e pazienti, in modo da fornire a tutti una telemedicina su misura, adeguata all’età e alla capacità di maneggiare gli strumenti informatici.
Agenzia Zoe