Ultimo aggiornamento: 22 novembre 2024
L’oncologia deve ancora compiere molti passi avanti per garantire alle donne un trattamento equo nella sfida contro il cancro.
Tra le donne colpite in maniera diretta o indiretta dal cancro, ci sono innanzitutto le pazienti, ma anche dottoresse, infermiere, ricercatrici e, da non dimenticare, le caregiver che si prendono cura dei malati. Eppure, ancora oggi le donne pagano le conseguenze di un’oncologia e una società spesso troppo declinate al maschile. Ciò porta a grandi differenze di genere nell’accesso ai programmi di screening e alle cure, nel potere di prendere decisioni per sé e per gli altri e anche, come conseguenza, nell’efficacia dei trattamenti e nelle possibilità di carriera.
Questo quadro non certo favorevole per le donne emerge da un recente documento pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet da un gruppo di esperti che fanno parte di una commissione dedicata proprio allo studio del complesso rapporto tra donne e cancro, valutato da diversi punti di vista. “Valutiamo, mettiamo in luce e sfidiamo le asimmetrie di potere prevalenti in relazione al cancro in tre ambiti chiave: il processo decisionale, la conoscenza e l’economia” scrivono gli autori del documento, nel quale si fa il punto della situazione sul tema e si propongono anche alcune azioni da introdurre per migliorarla.
Le differenze sono un dato di fatto
Secondo i dati dell’Osservatorio globale sul Cancro, nel 2020 si sono registrate circa 9,2 milioni di nuove diagnosi di tumore nelle donne su un totale di circa 19,2 milioni a livello globale. In altre parole, questo significa che in linea generale uomini e donne condividono equamente l’impatto delle diagnosi di cancro, con all’incirca il 48 per cento di nuovi casi nelle donne e il 52 per cento negli uomini. Molto meno equi sono però alcuni altri aspetti del rapporto con il tumore, spesso ancora sbilanciato in favore degli uomini.
Partendo dalle pazienti, gli esperti sottolineano che almeno 1,5 milioni di decessi prematuri a causa del cancro potrebbero essere evitati tra le donne, su un totale di 2,3 milioni, se le donne avessero davvero accesso a misure di prevenzione primaria e di diagnosi precoce. Altre 800.000 pazienti potrebbero sopravvivere se fosse garantito loro l’accesso a cure ottimali.
“Ci sono importanti implicazioni sociali e ripercussioni economiche per le famiglie e la società quando le persone vanno incontro a una diagnosi di tumore, in qualunque paese e a qualunque età” si legge nel rapporto. Gli esperti sottolineano anche che tali implicazioni sono particolarmente pesanti quando la paziente è una donna che sta crescendo dei figli. “Le stime per il 2020 parlano di circa 1 milione di orfani di madre a causa del cancro” precisano gli autori.
L’impatto economico del cancro
Un fatto da non dimenticare è che le donne che affrontano un tumore sono anche più a rischio di difficoltà finanziarie importanti e di bancarotta rispetto agli uomini, e che in molti paesi le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di non disporre delle informazioni necessarie né del potere sufficiente per prendere decisioni consapevoli sulla propria salute.
Infine, nel rapporto si trova il non meno importante capitolo dedicato al cosiddetto caregiving, ovvero al tempo, all’energia e alle risorse che le persone dedicano alla cura dei malati di cancro. La maggior parte di questi oneri è sulle spalle delle donne, che svolgono un lavoro importantissimo e non pagato. “Servono nuovi metodi per stimare il reale valore di questo impegno femminile” affermano gli autori dell’articolo.
La (difficile) carriera al femminile
Il rapporto tra donne e cancro è complicato anche quando si parla di ricerca e pratica clinica. In primo luogo, gli esperti spiegano che servirebbe un cambio di rotta nella scelta delle tematiche da affrontare nella ricerca, puntando i riflettori sullo studio dei fattori alla base dei tumori femminili, inclusi quelli legati alle esposizioni a fattori di rischio sul posto di lavoro.
Resta poi tanto da fare per eliminare le differenze di genere e le discriminazioni sul posto di lavoro: sono poche le donne ai vertici della ricerca oncologica mondiale, poche quelle che si trovano in posizioni di rilievo tra chi prende le decisioni politiche, mentre sono troppe quelle che subiscono episodi di bullismo o molestie sessuali da parte dei colleghi e ricevono stipendi più bassi rispetto ai colleghi maschi.
Per modificare questo quadro piuttosto preoccupante non basta l’impegno di pochi volenterosi, ma servono un cambio di rotta generale e un approccio di vera equità di genere a tutto quello che riguarda l’oncologia, dall’accesso alle cure ai finanziamenti alla ricerca, senza dimenticare l’educazione di medici e cittadini.
Agenzia Zoe