Dall'oncologia pediatrica alla ricerca di base

Ultimo aggiornamento: 1 febbraio 2023

Dall'oncologia pediatrica alla ricerca di base

Oncologa pediatra, Angela Di Giannatale si occupa oggi anche di ricerca di base sul neuroblastoma, dopo aver lavorato in Francia e negli Stati Uniti

Quando a sei anni Angela Di Giannatale, oncologa pediatrica presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, disse alla mamma che da grande avrebbe voluto fare la scienziata, e in particolare il medico, già mostrava una spiccata predilezione per la chirurgia, testimoniata dalle ardite operazioni che eseguiva su tutte le sue bambole. Negli anni del liceo, il classico Saffo di Roseto degli Abruzzi sulla costa adriatica, fu affascinata dal giornalismo e dall’idea di viaggiare e raccontare il mondo, e convinse suo padre a comperarle in edicola ogni settimana una rivista di attualità politica che pubblicava un corso di giornalismo in fascicoli: studiava, imparava e metteva in pratica nella redazione del giornale del liceo; qui scoprì anche la passione per il teatro, quando la scuola portava in scena le tragedie greche.

La laurea in medicina

Per una “perfettina” – come si definisce oggi Di Giannatale – l’ottimo voto di 55 su 60 all’esame di maturità rimase a lungo indigesto. “Colpa dello scritto di latino, e dei suggerimenti confusi che il professore ci diede nell’intento di aiutarci, finendo per farci sbagliare.”

Subito dopo la maturità c’è un nuovo esame da affrontare, quello per l’ammissione alla Facoltà di medicina dell’Università Cattolica, a Roma, che supera senza troppa fatica: “Dopo il primo anno, passato in un appartamento, mi sono potuta trasferire in collegio, diventando molto amica delle altre ragazze ospitate, tanto che due di loro sono state poi mie testimoni di nozze”.

Da studentessa esigente con se stessa non ha difficoltà a tenere una media che le garantisca l’ottenimento di borse di studio, e trova anche il tempo per interessi extracurricolari e una gioiosa vita sociale: “Sono stati anni molto belli, scanditi da scherzi goliardici e molta attività fisica. In primavera sfidavamo gli altri collegi della Cattolica nelle Collegiadi, e io ero bravissima nella corsa nei sacchi” racconta nel suo appartamento nella zona della Piramide Cestia a Roma, in strategica collocazione tra le strutture in cui divide oggi le sue giornate, la sede del Gianicolo dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e quella di ambulatori e laboratori in zona San Paolo.

Da Roma a Parigi e ritorno

Quando Fondamentale la raggiunge per questa intervista, è reduce da un faticoso turno notturno in ospedale, e ogni tanto viene interrotta dal piccolo Emanuele, che ha quattro anni e fa capolino dalla porta, mentre la piccola Myriam, che ha solo un anno, è in compagnia del padre Christian.

I due si sono conosciuti a Parigi, dove Angela si era trasferita nel 2007, durante l’ultimo anno di specializzazione in pediatria: “Nella scuola di specializzazione, sempre alla Cattolica, ero entrata subito ottenendo una delle sei borse disponibili” ricorda. Il concorso si era svolto dopo la laurea, conseguita questa volta con il massimo dei voti e la lode. “A Parigi volevo andare per migliorare le mie conoscenze sui tumori solidi pediatrici e sullo sviluppo di nuovi farmaci.” E così entra con uno stage al prestigioso centro oncologico Gustave Roussy di Villejuif, al confine meridionale della Ville Lumière.

L’incontro galeotto con Christian avviene nella cucina comune della Maison d’Italie, Casa Italia, all’interno della città universitaria, dove anche lui, di un anno più grande, ha trovato una camera mentre completa il dottorato in storia medievale alla Sorbona. Dopo avere ultimato il corso di specializzazione in pediatria, Angela ottiene di rimanere come interna mentre lui, per approfondire i suoi studi sui papi medievali, si trasferisce ad Avignone, nel sud della Francia, che fu sede del papato per gran parte del Trecento.
Dopo sei mesi, ad Angela viene proposto di tornare a Roma per una sostituzione di maternità, nel reparto di oncologia pediatrica del Policlinico Gemelli diretto da Riccardo Riccardi, e al rientro della collega ha l’occasione di trascorrere circa un anno nel reparto di neuroncologia dell’Ospedale Giannina Gaslini di Genova, sotto la guida di Maria Luisa Garrè, a imparare tutto quello che riesce sui tumori cerebrali.

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Terapie pediatriche innovative

Il primo, vero incontro con la ricerca avviene quando Birgit Geoerger, nel cui gruppo ha lavorato a Villejuif, le propone di tornare a Parigi per lavorare nell’ambito del consorzio europeo per le terapie oncologiche pediatriche innovative (Innovative Therapies for Children with Cancer, ITCC), con una borsa di ricerca di due anni. Oltre a seguire i piccoli pazienti arruolati in sperimentazioni cliniche, Angela ha il compito di stendere i protocolli per studi clinici di fase 1 (in cui si verificano sicurezza e tollerabilità di un nuovo farmaco su piccoli gruppi di soggetti) e di fase 2 (in cui si esaminano gli effetti terapeutici osservati nelle fasi 1 e si determina il dosaggio ottimale dei farmaci). “È stata un’esperienza molto formativa, che ha suscitato in me un forte interesse per la ricerca di base” ricorda. Grazie a questo ruolo, firma il primo studio importante come prima autrice, che le vale l’invito al prestigioso congresso annuale dell’associazione americana di oncologia clinica (ASCO), a Chicago: “Mentre il francese lo avevo studiato a scuola e al liceo per tanti anni, e lo parlavo bene, il mio inglese era molto incerto, e in vista della presentazione orale dello studio TOTEM sul neuroblastoma presi diverse lezioni di inglese a Parigi, finendo per parlarlo con un marcato accento francese” racconta ridendo.

Verso la ricerca di base

Il 2012 si rivela un anno ricco di decisioni importanti: la coppia di giovani ricercatori decide di sposarsi, e lo fa in giugno nella Chiesa Italiana di Parigi, in presenza di familiari e amici intimi. Poco dopo, lei riesce a ottenere un finanziamento svizzero per approdare finalmente alla ricerca fondamentale e al sogno americano: grazie all’interessamento di Birgit Geoerger, riesce a entrare nel laboratorio di David Lyden, alla Cornell University di New York, per occuparsi di biopsia liquida e dei cosiddetti esosomi, piccole vescicole che viaggiano nell’organismo trasferendo messaggi complessi da una cellula all’altra, e che hanno un ruolo anche nello sviluppo e soprattutto nella metastatizzazione dei tumori: “Sono un po’ come le avanguardie dell’esercito invasore, che entrano nelle cellule sane con le istruzioni per imporre loro di preparare l’accampamento su cui poi crescerà la metastasi” spiega. “Quando sono arrivata, nel novembre del 2012, io non sapevo fare nulla da sola in laboratorio, e all’inizio ho avuto anche attacchi di panico quando, nel corso dei meeting di laboratorio, dovevo parlare in inglese di tecniche che conoscevo poco, ma dopo esserci ambientati abbiamo passato un periodo fantastico.”

Con Christian, che a New York ha trovato un posto come visiting scholar alla Columbia University, arreda da zero una casetta a Roosevelt Island: ogni mattina prende la teleferica immortalata in centinaia di film americani per spostarsi a Manhattan, dove il lavoro di ricerca su cellule in vitro e modelli animali la occupa spesso fino alle dieci di sera. All’inizio studia tumori del pancreas, del polmone e del seno, poi propone e ottiene di dedicarsi anche al “suo” neuroblastoma, il tumore sul quale aveva già fatto ricerca in Italia e in Francia. “Quello che mi è piaciuto molto dell’ambiente negli Stati Uniti è l’opportunità di sviluppare il proprio progetto e la consuetudine a dare fiducia anche ai giovani” racconta. “Io ho impiegato il primo anno ad acquisire nuove tecniche e le competenze necessarie a progettare i miei esperimenti, poi ho avuto un contratto per restare ancora 18 mesi a fare ricerca.”

La passione per l'opera

In quel periodo partecipa, una o due volte alla settimana, alle riunioni del gruppo diretto da Cheung Nai-Kong al centro oncologico Sloan Kettering, per seguire le loro attività sul neuroblastoma sotto la guida di Shakeel Modak (che oggi dirige il gruppo specializzato in questo tumore). È un periodo in cui Angela passa moltissime ore al bancone: “Gli americani sono particolarmente bravi a organizzare aperitivi e spuntini di lavoro, col risultato che dopo un breve stacco si riprende a lavorare in laboratorio fino a tardi” spiega con un sorriso malizioso.

Grazie alla convenzione stipulata dalla Cornell con il Metropolitan, tempio dell’opera, scopre anche una nuova passione, condivisa con il marito. “Appena potevamo, andavamo all’opera: ho amato particolarmente il Don Giovanni di Mozart” ricorda.

La fervida attività scientifica e l’intensa vita sociale con colleghi e amici americani, italiani, spagnoli, francesi, portoghesi e tedeschi potrebbe continuare, ma, anziché restare come ricercatore associato, nel 2015 Angela decide di tornare in Europa: viene accolta al Bambino Gesù a Roma, dove, all’interno del Dipartimento diretto da Franco Locatelli, coordina un gruppo in cui alterna l’attività di ricerca e quella clinica, sempre focalizzata sul neuroblastoma, mentre il marito si sposta all’Istituto storico italiano per il medioevo vicino a Piazza Farnese.

Con l’arrivo dei figli, Emanuele nel 2018 e Myriam nel 2021, ha dovuto riorganizzare le proprie giornate per fare i conti con le guardie notturne e i turni nel week-end: ha ridotto i viaggi e le escursioni in montagna e rinunciato al kickboxing, cui si era appassionata durante il secondo anno di specializzazione, fino a diventare cintura nera.

Un Investigator Grant

Nel 2021, insieme all’ultima figlia, è nato anche il suo progetto quinquennale finanziato da un Investigator Grant di AIRC, che punta a conoscere meglio il ruolo degli esosomi nel complesso meccanismo che porta il neuroblastoma a produrre metastasi, preferenzialmente nel midollo osseo. Obiettivo del progetto è individuare e testare, in vitro e in modelli animali, nuovi potenziali farmaci che prevengano la formazione delle metastasi, da proporre poi per le successive fasi di sperimentazione clinica. “Io ho fatto il percorso inverso, partendo dalla ricerca clinica per approdare alla ricerca di base, che mi appassiona moltissimo” conclude.

A breve l’aspettano due viaggi per altrettanti congressi internazionali, in Grecia e a Parigi, per raccontare ciò che osserva con occhiali diversi da quelli che immaginava sognando di fare la giornalista: il mondo dell’instabile equilibrio che nel microambiente tumorale fa la differenza tra l’aggravarsi della malattia e la completa guarigione.

  • Agenzia Zoe

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