Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Cosa si sa sulla relazione tra i trattamenti per l’infertilità e il rischio di tumori femminili? I risultati complessivi delle ricerche fatte finora sono rassicuranti.
Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, circa il 15 per cento di tutte le donne italiane in età teoricamente fertile non riesce ad avere figli; inoltre l’infertilità è femminile nel 37 per cento delle coppie che si rivolgono ai centri per la procreazione medicalmente assistita. I numeri sono peraltro in crescita, a causa anche dell’età sempre più avanzata in cui si decide di avere figli. Non sorprende, quindi, che il numero di donne che assumono farmaci per superare problemi di infertilità sia andato crescendo negli anni e che molte di esse, tra le quali una lettrice di AIRC, si chiedano se queste cure posano influenzare il rischio di ammalarsi di tumore.
I farmaci più utilizzati sono il clomifene citrato, per stimolare l’ovulazione, e le gonadotropine (ormone follicolo-stimolante, ormone luteinizzante, gonadotropina corionica), per curare la sindrome dell’ovaio policistico e indurre l’iperstimolazione ovarica al fine di poter facilmente prelevare un numero sufficiente di ovuli per la fertilizzazione in vitro.
Si tratta di farmaci che modificano i livelli degli ormoni femminili in modo importante: la stimolazione ovarica con gonadotropine aumenta i livelli di estrogeni e di progesterone anche di 10 volte rispetto a quelli che si raggiungono normalmente durante il ciclo mestruale. È quindi ragionevole chiedersi se questi trattamenti possano aumentare il rischio di tumori dell’ovaio, dell’utero e del seno, che sono influenzati dagli ormoni sessuali femminili. La buona notizia è che sono stati fatti molti studi in materia, i cui risultati, però non sono sempre concordi. Le differenze dipendono in parte dai metodi di studio: alcuni hanno esaminato poche pazienti e altri hanno scelto il gruppo controllo in modo non corretto. In parte la difficoltà dipende dal fatto che alcuni tumori sono poco frequenti e si sviluppano a distanza di molti anni dai trattamenti, dunque non è facile stabilire un nesso di causa ed effetto. Le revisioni più recenti della letteratura scientifica, ossia le sintesi critiche di tutti i dati disponibili, mandano però messaggi rassicuranti.
“Si è visto che le donne che hanno problemi di fertilità hanno di per sé un rischio un po’ più alto di sviluppare tumori femminili, indipendentemente dalle eventuali cure per favorire la gravidanza, probabilmente proprio perché hanno livelli ormonali alterati in partenza” spiega Sandro Pignata, direttore dell’Oncologia medica uro-ginecologica dell’Istituto tumori di Napoli. “Per quanto riguarda in modo specifico le donne che fanno ricorso a trattamenti per l’infertilità, non sembra esserci un aumento del rischio di tumore dell’ovaio, dell’endometrio, della cervice e della mammella. L’unico rischio è l’aumento molto contenuto del numero di tumori ovarici borderline. Si tratta di tumori poco aggressivi, curabili quasi nel 100 per cento dei casi e quindi di malattie assai meno gravi rispetto agli altri tumori che abbiamo nominato”. I tumori ovarici borderline rappresentano meno dell’1 per cento di tutti i tumori ovarici e hanno una prognosi eccellente: più del 95 per cento delle donne colpite sopravvive a distanza di 5 anni dalla diagnosi. Inoltre, trattandosi di una patologia rarissima, l’aumento del rischio assoluto collegato alle cure per l’infertilità è estremamente basso. “Quando si inizia un trattamento per l’infertilità è comunque opportuno avvisare la paziente di questa remota possibilità” afferma Pignata. Per i tumori dell’ovaio non esistono esami di screening, perciò è importante sottoporsi a visite di controllo annuali dal ginecologo, compresa l’ecografia transvaginale.
La Società americana di medicina riproduttiva (ASMR) ha pubblicato nel 2016 le linee guida sui farmaci per la fertilità e tumori in cui si afferma che, sulla base dei dati disponibili, non sembra esserci un aumento del rischio di tumori invasivi e che, per quanto riguarda il tumore dell’ovaio borderline, non ci sono elementi sufficienti per sconsigliare i farmaci per la fertilità al fine di evitare la formazione di queste neoplasie.
Affermazioni molto simili sono state fatte anche dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in un documento del 2018 che aggiunge però una raccomandazione: è importante che i ginecologi informino le donne infertili che sono a rischio aumentato di sviluppare tumori ginecologici indipendentemente dalla scelta di ricorrere o meno a tecniche di fecondazione assistita, e che quindi devono sottoporsi con regolarità a visite di controllo.
Agenzia Zoe