Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Dalle parole del primo vincitore, nel 1996, il senso di un riconoscimento che vuole premiare e sostenere coloro che applicano concretamente sui pazienti i risultati dei propri sforzi scientifici.
La prima edizione del premio FIRC Guido Venosta, che ora viene tradizionalmente consegnato dal Presidente della Repubblica al Quirinale in occasione della Giornata per la ricerca sul cancro, si tenne in una piovosa serata del 1996 a Milano, in una sala del museo Poldi-Pezzoli. Quella sera Guido Venosta in persona, grande esempio di lungimiranza sul non profit in Italia e acuto mecenate della ricerca a cui oggi il premio FIRC è intitolato, era giunto al termine di un trentennio alla guida dell'AIRC e della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro. Al piccolo pubblico convenuto disse che era tempo che non fossero solo i calciatori e la moda a dare lustro al nostro Paese, ma che anche il lavoro delle imprese e le intelligenze delle persone avessero il giusto riconoscimento. Invitò sul podio un giovane chirurgo a cui strinse entrambe le mani in un caldo saluto e a cui disse con sincero affetto: "Bravo! Mi raccomando, continui così, continui a credere nella ricerca".
Dopo la cerimonia, dopo gli applausi, il medico cercò un nuovo incontro con il grande vecchio dalla stretta affettuosa, ma non ci riuscì mai: troppo complesso il suo mestiere, troppo poco il tempo che rimaneva a entrambi, troppo stretta la via dell'"arte lunga e della vita breve" che a titolo diverso avevano deciso di percorrere. Quell'invito a credere nel valore della ricerca come strumento di concreto miglioramento della medicina rimane però, oggi come allora, a segnare profondamente i giorni dell'assistenza, della solidarietà, della sconfitta e del successo di quel medico, come di tutti i medici impegnati con le proprie mani o con gli strumenti della tecnologia o con i farmaci a curare gli ammalati di tumore.
Lo studio che allora valse il premio FIRC era una "ricerca clinica" ovvero condotta sulle persone malate di cancro e non sulle numerose forme della malattia create artificialmente in laboratorio. In quello studio pubblicato su una delle riviste mediche più importanti, il New England Journal of Medicine, si dimostrava che con il trapianto si poteva guarire dal cancro del fegato e si definivano i criteri da applicare nella scelta delle persone da indirizzare a questo intervento per ottenere con alta probabilità la loro guarigione. Quei criteri furono progressivamente applicati in tutto il mondo, sino a trasformare il trapianto di fegato per tumore da indicazione negletta e improponibile a strumento indispensabile per programmare al meglio le cure disponibili.Dodici anni dopo, nel 2008, l'enorme sforzo della ricerca porta a un nuovo diretto beneficio sui pazienti affetti da tumore epatico.
Il New England pubblica i risultati positivi di un grande studio cooperativo di cui l'ormai non più giovane chirurgo fa ancora parte e in cui per la prima volta un farmaco a bersaglio molecolare, totalmente diverso dai chemioterapici tradizionali, si dimostra attivo contro il tumore epatico: un risultato storico che ancora una volta rivoluziona l'approccio alla cura e permette di orientarla verso terapie "integrate", in cui varie combinazioni di trattamenti e nuove classi di farmaci biologici vengono selezionate sulla base delle caratteristiche del paziente e del tumore. Sull'infinito spettro delle differenze individuali, sui bio-marcatori, sulla prevedibilità del risultato delle cure, sia i clinici sia i ricercatori hanno deciso di focalizzare questi anni di sforzo comune.
La sfida sta nel ricercare ciò che davvero conta nel determinare il successo di ogni terapia, eliminando i fattori di confondimento e i rumori di fondo. Per fare questo, non possono che essere i clinici con i loro pazienti e il carico della realtà della malattia, a rientrare nella complessa rete della ricerca, orientandone le intuizioni e le scoperte al servizio delle persone malate o predisposte alla patologia tumorale: un processo che rende la ricerca davvero "traslazionale", ovvero piegata al suo fine più nobile, che è quello del trasferimento delle conoscenze al servizio dei bisogni di ciascuno. Il premio Venosta, dunque, celebra e aiuta concretamente chi a questo obiettivo ha dedicato la vita.
Nel corso della Giornata per la ricerca sul cancro, Lisa Licitra, direttrice del Reparto di oncologia medica dei tumori della testa e del collo all'Istituto nazionale tumori di Milano, ha ricevuto il premio FIRC Guido Venosta dalle mani del Presidente Napolitano. Questa la motivazione: "Per i suoi importanti studi sui tumori della testa e del collo che, attraverso un approccio multidisciplinare, hanno portato alla definizione di nuove cure personalizzate, ideando un modello applicabile al trattamento di altre patologie tumorali".
Licitra, di cui potete leggere un profilo completo su Fondamentale di dicembre 2010, ha alle spalle una lunga carriera come oncologo e come ricercatrice. La caratteristica dei suoi studi è l'applicabilità diretta sui malati, in particolare su quelli affetti da tumori di grande impatto sulla vita quotidiana, dal momento che sia le cure sia gli interventi chirurgici