Ultimo aggiornamento: 18 aprile 2023
Secondo gli autori di un recente articolo, le linee guida per donne ad alto rischio dovrebbero prevedere un processo decisionale condiviso. Si potrebbe così decidere insieme se e quando sottoporre le persone a screening mammografici e somministrare loro farmaci per ridurre il rischio di ammalarsi, tenendo conto dei fattori di rischio individuali.
I risultati di uno studio pubblicati sul Journal of Clinical Oncology mostrano come, nelle donne considerate ad alto rischio di sviluppare un cancro al seno, l’aggiunta agli esami di screening previsti di un farmaco per la prevenzione primaria, potrebbe diminuire ulteriormente il rischio di morte a causa della malattia. Gli autori sottolineano che i benefici e i rischi della combinazione tra farmaci e screening potrebbero comunque variare in base ai fattori di rischio individuali.
“Generalmente si ritiene che il carcinoma mammario positivo al recettore degli estrogeni (ER+) abbia una prognosi favorevole. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che, dopo una diagnosi di cancro al seno ER+, i tassi annuali di recidiva e morte potrebbero restare fissi al 3 per cento circa per quasi tre decenni” si legge nell’articolo. “Queste nuove informazioni sull’impatto a lungo termine del cancro al seno ER+ giustificano una riconsiderazione dei benefici e dei rischi dei farmaci che possono essere usati p prevenzione primaria del cancro al seno.”
I ricercatori hanno quindi rivalutato, per donne con un rischio relativo pari ad almeno il 3 per cento in più di sviluppare un tumore al seno entro 5 anni, i rischi e i benefici nel tempo dell’uso di farmaci per la prevenzione primaria. Tra i rischi vi sono alcuni effetti collaterali dei farmaci stessi e degli screening mammografici, mentre tra i benefici vi sono l’evitare tumori invasivi e decessi per cancro al seno.
Per farlo hanno effettuato una simulazione al computer sul modello sviluppato dal Cancer Intervention and Surveillance Modeling Network. Per la simulazione sono stati utilizzati dati derivati da studi osservazionali, studi clinici e metanalisi. I farmaci valutati sono stati il tamoxifene, approvato per ridurre il rischio nelle donne in pre-menopausa, e gli inibitori dell’aromatasi, in questo caso considerando le donne tra i 50 e 65 anni in post-menopausa.
In particolare i ricercatori hanno ipotizzato cinque possibili strategie di prevenzione, e hanno simulato i risultati di ciascuna strategia in 10 milioni di casi. Le strategie erano: screening annuale con mammografia (1), screening annuale più farmaci per ridurre il rischio (2), screening annuale più risonanza magnetica (3), screening, risonanza e farmaci (4) o nessuno dei tre (5).
L’uso di tamoxifene per 5 anni insieme allo screening mammografico annuale, più una risonanza magnetica ove necessario, diminuiva il rischio di sviluppare un cancro al seno invasivo (ER+/ER-) del 40 per cento circa e quello di morte per cancro al seno del 57-58 per cento circa, rispetto a quanto è avvenuto non somministrando il farmaco o non facendo lo screening. Questi dati equivalevano a circa 95-96 tumori in meno e a 42-43 decessi per cancro al seno in meno ogni 1.000 donne ad alto rischio.
È bene ricordare che i farmaci non sono privi di effetti collaterali: il tamoxifene sembra aumentare il numero di tumori dell’endometrio fino a 11 ogni 1.000 donne ad alto rischio. Si è visto inoltre che i benefici e i rischi variano in base all’età o alla storia familiare delle donne.
“Le attuali linee guida per le donne ad alto rischio forniscono informazioni limitate su come modulare la strategia di prevenzione in base ai fattori di rischio individuali o sui possibili benefici di aggiungere farmaci specifici ai programmi di screening” hanno commentato gli autori. Hanno anche suggerito che le linee guida per le donne ad alto rischio dovrebbero prevedere un processo decisionale condiviso per quel che riguarda l’uso di questi farmaci in combinazione con gli screening, che tenga conto delle caratteristiche di ciascuna persona.
Agenzia Zoe