Ultimo aggiornamento: 22 luglio 2021
Nella lotta al cancro abbiamo un alleato, il sistema immunitario. Alcune ricerche si sono concentrate su una popolazione di globuli bianchi il cui nome è significativo: cellule “natural killer”
In due recenti ricerche sono state identificate nuove strategie per favorire l’intervento delle cellule natural killer (NK) in caso, rispettivamente, di tumore del seno e di glioblastoma multiforme, il più aggressivo tra i tumori del cervello. Molti dei recenti progressi nella lotta al cancro sono stati raggiunti grazie all’immunoterapia, un approccio che consiste nel rendere possibile e potenziare la risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali. Le cellule NK, in particolare, sono globuli bianchi la cui caratteristica è proprio, come dice il loro nome, uccidere le cellule infettate da virus e quelle tumorali. Con opportune modifiche, la loro efficacia anti-tumorale può essere aumentata.
Il primo studio, realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Clemson, in Carolina del Sud, si è focalizzato su come fare incontrare cellule NK e “vittime designate”. Le cellule tumorali possiedono sulla propria superficie alcune proteine che legano molecole capaci di stimolare la proliferazione cellulare. In linguaggio tecnico si dice che esprimono recettori per alcuni fattori di crescita. Le cellule del tumore del seno spesso esprimono il recettore per gli estrogeni, il recettore per il progesterone o un recettore per il fattore di crescita epiteliale chiamato HER2. Questi recettori sono da tempo il bersaglio di terapie antitumorali. Un tumore del seno su cinque, tuttavia, è detto triplo negativo perché non esprime nessuno dei tre recettori e di conseguenza non può essere curato con queste terapie.
Sapendo che molti tumori del seno, inclusi alcuni triplo negativi, esprimono il recettore per la prolattina, l’ormone coinvolto nell’allattamento, i ricercatori americani hanno pensato di usarlo come bersaglio per le cellule NK. Hanno perciò creato in laboratorio una proteina sintetica di cui una metà lega il recettore della prolattina e l’altra metà aggancia e attiva le cellule NK. Crescendo insieme in coltura alcune cellule di tumore della mammella che esprimono il recettore della prolattina e le cellule NK, i ricercatori hanno osservato che l’aggiunta della proteina creata in laboratorio promuoveva la distruzione delle cellule tumorali da parte delle NK. Le cellule natural killer uccidono rilasciando il contenuto dei loro granuli, piccole vescicole contenenti perforina e granzima: la perforina forma dei pori nella membrana della cellula bersaglio attraverso cui entra il granzima che induce la morte della cellula. I risultati di questa ricerca potrebbero portare allo sviluppo di un’immunoterapia specifica per i tumori del seno positivi per il recettore della prolattina, compresi alcuni tumori triplo negativi.
Al killer non basta trovarsi nel posto giusto al momento giusto per eliminare la vittima designata, deve poter usare la propria arma. Le cellule tumorali tuttavia spesso sfuggono ai tentativi di annientamento. Studiando il glioblastoma multiforme, i ricercatori dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, Texas, hanno scoperto che cosa impedisce alle cellule NK di uccidere le cellule tumorali.
Il glioblastoma multiforme è un tumore cerebrale estremamente aggressivo, solo un paziente su quattro è ancora vivo a due anni dalla diagnosi. Dagli esperimenti in cellule in coltura è emerso che le cellule del glioblastoma, incluse le staminali tumorali (una sottopopolazione di cellule tumorali che funge da riserva per l’espansione del tumore), sono potenzialmente riconosciute e uccise dalle cellule NK. Confrontando le cellule NK presenti nei glioblastomi con quelle presenti nel sangue di soggetti sani, i ricercatori texani hanno però riscontrato delle differenze, come se il tumore fosse in grado di rendere le NK inoffensive. Dai loro esperimenti hanno compreso che ciò dipendeva dalla produzione di una molecola, la citochina TGFβ1, prodotta in seguito al contatto tra i due tipi cellulari. Utilizzando animali di laboratorio in cui hanno provato a riprodurre un glioblastoma, i ricercatori hanno dimostrato che agendo sulla produzione di TGFβ1 si ripristinava l’attività delle cellule NK. Gli autori dello studio ipotizzano che il glioblastoma potrebbe essere curato somministrando le cellule NK di un donatore assieme a un farmaco che blocca TGFβ1. In alternativa si potrebbero usare cellule NK modificate geneticamente così da non stimolare la produzione di TGFβ1 quando vengono a contatto con le cellule tumorali.
Sebbene queste ricerche siano basate su studi preclinici, aprono la strada a terapie innovative basate sulle cellule NK per due tipi di tumore che oggi hanno limitate possibilità di cura.
Agenzia Zoe