Ultimo aggiornamento: 27 ottobre 2025

Assistere un familiare malato di tumore è un impegno intenso e spesso invisibile. Tra permessi, congedi e burocrazia, c’è ancora molto da fare per garantire ai caregiver nel nostro Paese un adeguato sostegno per stare al fianco dei propri cari.
Quando una persona riceve una diagnosi di tumore, quasi sempre è un familiare – un figlio, un genitore, un coniuge – ad assumere il ruolo di caregiver e a prendersi così cura del malato nel quotidiano: accompagnandolo alle visite, aiutandolo nella gestione delle terapie, facendosi carico delle incombenze pratiche ed emotive. Un impegno importante, che può durare mesi o anni. Ma quali sono le tutele a disposizione di chi assiste?
Viene generalmente considerato caregiver chi presta assistenza in modo gratuito e continuativo a un parente con grave disabilità o malattia. Nonostante le numerose proposte presentate negli ultimi anni, però, in Italia non esiste una definizione unica e vincolante per questa figura nel nostro ordinamento giuridico, e non è in vigore una legge specifica a sostegno dei caregiver. Escludendo le leggi regionali 2/2014 e 5/2024 varate in Emilia-Romagna, le uniche tutele a livello nazionale riguardano chi assiste persone con disabilità grave riconosciuta ai sensi della legge 104. Così, però, resta escluso chi si prende cura di un familiare oncologico non ancora riconosciuto come disabile grave. Si pensi per esempio al periodo di degenza postoperatoria, durante il quale non sono state ancora espletate le pratiche per il riconoscimento dell’invalidità. O ancora, è escluso chi non può richiedere permessi poiché libero professionista, parasubordinato, precario o disoccupato – tutte figure che spesso si trovano ad affrontare l’assistenza senza alcuna tutela economica o contributiva.
La persona malata o chi da lei delegata deve presentare all’INPS (per via telematica) la domanda per l’accertamento dell’invalidità civile e dell’handicap causato dalla malattia o dalle terapie. Entro 15 giorni (di norma) l’interessato è convocato per una visita medica dalla propria azienda sanitaria locale. Da lì a un mese si riceve il verbale di accertamento che riconosce l’eventuale condizione di disabilità oncologica.
In caso di riscontro positivo, una volta che il paziente ha ottenuto i benefici della legge 104, il caregiver lavoratore ha 2 soluzioni per stargli accanto:
Per entrambe le soluzioni, se il richiedente vive a più di 150 chilometri dal paziente, occorre espletare alcuni
adempimenti burocratici. Nel caso dei permessi, il lavoratore caregiver è tenuto ad accompagnare la richiesta esibendo ogni volta i titoli di viaggio che gli hanno permesso di raggiungere il parente da assistere. Per usufruire del congedo straordinario, invece, occorre trasferire (momentaneamente) la residenza per renderla uguale a quella dell’assistito.
Entrambe le soluzioni sono regolamentate dall’INPS, a cui va inoltrata una domanda (direttamente o tramite un patronato) presentando la documentazione sanitaria del paziente. Le richieste dei permessi o del congedo straordinario non vanno negoziate con il datore di lavoro, che non può in nessun modo opporsi.
Queste 2 soluzioni offrono al caregiver l’opportunità di avere più tempo per accompagnare il malato a sottoporsi alle visite e a svolgere terapie salvavita (come chemio o radioterapia). Nel caso in cui si rivelassero insufficienti, esistono altre possibilità:
Un’altra soluzione a disposizione dei caregiver lavoratori è rappresentata da forme di orari flessibili o lavoro agile. In tali casi è necessario chiedere l’autorizzazione, ma, come precisa anche l’Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici (AIMAC), molti enti pubblici e aziende private si stanno adeguando, anche sulla spinta delle norme sul lavoro agile post-pandemia (legge 81/2017 e successive).
Tante opportunità, dunque, che richiedono però spesso percorsi burocratici articolati. Il consiglio è quello di attivarsi sin dalle prime fasi dopo la diagnosi, in modo da poter avere quanto prima più tempo da dedicare al proprio congiunto.
Non di sole esigenze fisiche è fatta però la vita del caregiver. Chi assiste un malato oncologico può vivere forti stati di stress, ansia e solitudine. Purtroppo, il Servizio sanitario nazionale a oggi non offre percorsi di supporto psicologico per i caregiver, né formazione per affrontare l’assistenza in modo più consapevole e sicuro. Esistono però, pur se concentrati in alcune aree del territorio italiano, dei servizi di sostegno, quasi tutti gestiti da realtà non profit. È sempre utile chiedere informazioni in merito al personale curante.
AIRC ha realizzato una serie di video dedicati ai caregiver, per aiutarli a prendersi cura dei malati durante le terapie oncologiche. I video sono stati prodotti con la collaborazione di Valentina Di Mattei, professoressa associata di psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e responsabile del Servizio psicologia clinica della salute presso l’Ospedale San Raffaele. Puoi vedere i video a questo link.
Fabio Di Todaro