Ultimo aggiornamento: 22 novembre 2024
L’insonnia e altri disturbi del sonno sono sintomi molto frequenti nei pazienti oncologici, ma sono ancora sottovalutati e poco diagnosticati. Curarli potrebbe permettere di migliorare l’efficacia delle terapie e la qualità della vita.
Più della metà dei malati di cancro dorme male, ma pochi provano davvero a trovare un rimedio. Da un lato perché si dà comprensibilmente priorità alle terapie oncologiche, e quindi il problema del sonno passa in secondo piano; dall’altro perché non si è consapevoli di quanto la mancanza di riposo notturno abbia ripercussioni negative sulla salute psicofisica. Curare un disturbo del sonno in un paziente oncologico può migliorare la risposta alle terapie e ridurre gli effetti collaterali del trattamento. Diminuisce infatti il rischio di comorbidità e di complicanze, migliora l’umore e l’energia e, in definitiva, sembra aumentare la probabilità di sopravvivenza.
Non è un’esagerazione: il sonno, insieme all’alimentazione corretta e all’attività fisica, è uno dei fattori cui porre attenzione per mantenerci in salute. Contribuisce infatti alla regolazione di molti sistemi, da quello cardiovascolare a quello cognitivo, e influisce sull’infiammazione, sul metabolismo e sulla produzione di ormoni che controllano la riparazione cellulare e il sistema immunitario.
La Società europea di oncologia medica (ESMO) sta per pubblicare le Linee guida sul trattamento dell’insonnia in oncologia e Laura Palagini, responsabile dell’Ambulatorio di medicina del sonno dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana, fa parte della task force che le ha redatte: “L’insonnia è il disturbo del sonno più frequente nei malati di cancro: può manifestarsi con la difficoltà ad addormentarsi, a dormire in modo continuativo durante la notte o a dormire a sufficienza. L’insonnia si ripercuote poi sulla vita diurna, provocando sonnolenza, stanchezza, irritabilità, mancanza di concentrazione e attenzione, e difficoltà a prendere decisioni. Inoltre, soffrire d’insonnia favorisce da un lato la depressione, condizione certamente frequente tra i pazienti oncologici, dall’altro la fatigue (la stanchezza legata al cancro). Trattando l’insonnia è possibile quindi intervenire su tutti questi disturbi”.
Diversi elementi possono contribuire allo sviluppo di un disturbo del sonno. Può essere lo stesso tumore a causare problemi, ma anche gli effetti collaterali di alcuni farmaci e trattamenti, i cambiamenti fisici causati dalla chirurgia, il dolore, altri problemi di salute non correlati al cancro e una predisposizione a sviluppare l’insonnia. Anche il ricovero in ospedale può rendere più difficile dormire bene, a volte banalmente per un letto scomodo, e infine, ma non per questo meno importanti, ci sono la paura, l’ansia e lo stress legati alla malattia e al timore di non guarire.
“Non dormire, passare tanto tempo a letto dopo le terapie, spesso rimuginando pensieri negativi, e rimanere sempre in casa perché si è stanchi sono tutti comportamenti che favoriscono l’alterazione o la vera e propria distruzione del ciclo sonno-veglia” spiega Palagini. “Il sonno va ‘costruito’ durante il giorno. È questo uno degli obiettivi della terapia cognitivo comportamentale dell’insonnia: si tratta di una versione ridotta e adattata di quella specifica per la depressione, e punta al cambiamento dei comportamenti per far sì che la persona stia a letto solo il tempo necessario a dormire. Serve a ristrutturare i ritmi circadiani e anche ad allontanare la paura di non riuscire a dormire.”
Altre conseguenze di un’insonnia non curata possono essere la negatività di pensiero (in primis per quanto concerne la patologia) e di emozioni, che si traducono in ansia, avvilimento e senso di impotenza. “Curando l’insonnia si ‘curano’ anche le emozioni, perché alla base ci sono circuiti neurali in comune. Ripristinando il riposo notturno, quindi, si influisce positivamente sulla regolazione del sistema dello stress e delle emozioni.” Quando ci si rende conto di non dormire bene, bisogna riferirlo al proprio medico e rivolgersi a uno specialista del sonno. Questi potrà prescrivere eventuali farmaci o della melatonina, che può essere utile nel ristabilire il ciclo sonno-veglia ma che non deve mai essere autoprescritta.
Molti studi hanno indagato i legami esistenti tra cancro e ritmi circadiani, scanditi dall’orologio interno dell’organismo in sintonia con il ciclo luce-buio. Nel 2019 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il lavoro notturno – quindi a turni e prolungato nel tempo – come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A). In particolare, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare tumori della mammella, della prostata e del colon-retto.
“Non ci sono prove che esista un rapporto causa-effetto tra alterazione dei ritmi circadiani e sviluppo dei tumori. Di certo c’è una correlazione” precisa Maria Paola Mogavero, neurologa all’IRCCS Istituto San Raffaele di Milano. “C’è ancora molto da capire su questo argomento. Oggi sappiamo che, a livello molecolare, i geni circadiani coinvolti nel controllo del ciclo sonno-veglia sono anche coinvolti in processi di carcinogenesi a livello di diversi organi. L’alterazione di un gene circadiano potrebbe forse determinare un’alterazione dei meccanismi di riparazione del DNA o una variazione della produzione di melatonina, un ormone che influisce anche sul controllo delle cellule neoplastiche.”
Un altro promettente filone di ricerca, chiamato cronoterapia, è partito dall’osservazione che ogni cellula ha un suo orologio biologico diverso da quello della cellula di un altro organo. Alcuni ricercatori stanno quindi provando a somministrare determinati chemioterapici o radioterapici negli orari della giornata in cui si verifica la massima attività biologica della cellula tumorale che devono colpire. In questo modo si migliora l’efficacia dei farmaci e si riducono gli effetti collaterali del trattamento. Il fenomeno è stato osservato in particolare per il carcinoma della mammella e del colon-retto.
Molti studi stanno poi indagando la correlazione tra le apnee ostruttive del sonno (OSA) e l’insorgenza a lungo termine di determinati tumori, in particolare quelli della prostata nell’uomo e del seno nelle donne. Nell’OSA, le vie aeree si chiudono completamente o parzialmente molte volte durante il sonno, riducendo i livelli di ossigeno nel sangue e provocando, tra l’altro, stress ossidativo e infiammazione sistemica. Al momento però non è ancora noto quali possano essere i meccanismi scatenati dall’OSA che facilitano l’insorgenza del cancro. Lo sviluppo di un tumore è legato a molte variabili, dalla predisposizione genetica individuale ai fattori ambientali fino allo stile di vita, che possono interagire tra di loro e che variano da persona a persona. “Non bisogna trarre conclusioni affrettate, la strada per comprendere il rapporto tra sonno e cancro dal punto di vista organico è di certo ancora lunga” sottolinea Mogavero. È invece oggi già chiaro che, per chi affronta un tumore, la cura dei disturbi del sonno e in particolare dell’insonnia aiuta a stare meglio e ad avere più energie per affrontare la malattia.
Michela Vuga