Ultimo aggiornamento: 22 novembre 2024
In alcuni casi potrebbe essere possibile evitare la biopsia del linfonodo sentinella, una procedura da tempo utilizzata per capire se il tumore si stia diffondendo.
Le donne con un piccolo tumore al seno che in base ai risultati dell’ecografia non si è diffuso ai linfonodi dell’area ascellare potrebbero evitare di sottoporsi alla biopsia del linfonodo sentinella, senza che ciò comprometta l’efficacia della terapia prevista. È quanto emerge da uno studio coordinato dall’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano. I risultati potrebbero portare avanti il percorso verso una terapia del tumore al seno con un minore impatto sulla vita delle donne.
La rimozione di uno o due linfonodi sentinella?
La biopsia del linfonodo sentinella è una procedura da tempo utilizzata nell’ambito del cancro al seno, oltre che nel melanoma, per capire se un tumore si è diffuso ai linfonodi e si sta quindi propagando in altre zone dell’organismo. Questa tecnica prevede l’identificazione del linfonodo sentinella, e cioè il primo linfonodo con la maggiore probabilità di essere stato raggiunto dalle cellule tumorali. Una volta individuato, viene quindi asportato e analizzato. I linfonodi interessati potrebbero essere più di uno, e i risultati ottenuti aiutano i medici a decidere se rimuovere o meno gli altri linfonodi della zona. Una donna con un cancro al seno senza cellule tumorali nel linfonodo sentinella, quindi un risultato negativo della biopsia, potrebbe così evitare la cosiddetta dissezione linfonodale ascellare, un’operazione chirurgica più importante e molto utilizzata soprattutto in passato, con la quale si procede all’asportazione di altri linfonodi dell’ascella. In questo modo la paziente evita inoltre i possibili effetti collaterali e le complicanze associate.
Negli ultimi anni le cose stanno cambiando nuovamente. I risultati di una ricerca del 2017, pubblicati sul Journal of the American Medical Association (JAMA), hanno mostrato che dopo la biopsia, la rimozione dei linfonodi dell’ascella non porta vantaggi neanche alle pazienti che presentano uno o due linfonodi sentinella positivi, se sono state trattate con un’operazione chirurgica conservativa, terapie sistemiche e radioterapia. Il risultato principale dice che a 10 anni dalla diagnosi le donne sottoposte a dissezione linfonodale ascellare presentavano una sopravvivenza simile a quella delle donne che avevano effettuato solo la biopsia del linfonodo sentinella.
O non rimuoverne nessuno?
Grazie a SOUND, questo il nome dello studio dello IEO, si fa un altro passo in avanti. Si dimostra infatti che “la biopsia del linfonodo sentinella nei tumori iniziali non fornisce informazioni che possono modificare le terapie postoperatorie e migliorare la guarigione. Naturalmente, a patto che i linfonodi vengano studiati, oltre che con l’esame clinico, anche con una accurata ecografia, per escludere la presenza di grossolani interessamenti metastatici” ha spiegato Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia IEO e alla guida del gruppo di ricerca.
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Jama Oncology, hanno coinvolto oltre 1.400 donne di qualsiasi età tra Italia, Svizzera, Spagna e Cile a cui era stato trovato un tumore al seno con una dimensione di al massimo 2 centimetri e in cui l’ecografia non aveva messo in evidenza metastasi tumorali a livello dei linfonodi dell’ascella. Tutte le partecipanti hanno dovuto effettuare un’operazione chirurgica per rimuovere il tessuto tumorale, seguita da radioterapia e terapia farmacologica. Prima di tali trattamenti, circa la metà delle donne è stata sottoposta a biopsia del linfonodo sentinella e l’altra metà no. I ricercatori hanno quindi analizzato la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni dalla diagnosi, senza riscontrare differenza tra i 2 gruppi di donne.
I risultati suggeriscono che le pazienti con tumore al seno di piccole dimensioni nelle quali l’ecografia non ha evidenziato metastasi nei linfonodi ascellari potrebbero evitare qualsiasi tipo di chirurgia a livello dell’ascella. I vantaggi ci sarebbero sia per le pazienti, dato che la chirurgia del cancro al seno diventerebbe ancora meno invasiva, sia anche per il Sistema sanitario nazionale, che vedrebbe una riduzione dei costi. “Forse un domani diremo addio al bisturi, ma nel frattempo già ora le donne si possono avvicinare alla prevenzione con sempre meno paura: un eventuale tumore scoperto per tempo si può curare davvero in modo mininvasivo, come un’altra qualsiasi malattia, senza mettere uno stop alla propria vita” ha affermato Veronesi.
Referenze:
Agenzia Zoe