Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Nelle cartelle cliniche dei pazienti e nei laboratori di tutto il mondo vi è un tesoro di dati che potrebbe aiutare la ricerca sul cancro. Il problema? Sono moltissimi e sono tutti registrati in formati diversi. Anche quando si riescono a mettere insieme, ci vogliono calcolatori potentissimi per interrogare tali dati e far emergere i risultati più interessanti. È questa la sfida dei Big data in oncologia, una sfida analoga a quella che devono fronteggiare altri settori della scienza. Gli esperti hanno individuato cinque ambiti nei quali i Big data possono dare una mano alla ricerca sul cancro.
La capacità di sequenziare il DNA di un gran numero di tumori permette ai ricercatori di capire quali mutazioni genetiche si nascondono dietro a ciascun tipo di cancro. Le informazioni ottenute possono essere usate per testare nuovi farmaci contro nuovi obiettivi molecolari. I Big data ottenuti dagli studi preclinici sono già utilizzati per capire quali farmaci o combinazioni di farmaci sono i migliori candidati per passare dal laboratorio al letto del paziente attraverso studi clinici controllati.
Ogni nuovo farmaco viene testato in studi clinici controllati, che però coinvolgono al massimo il 2 per cento di tutti i malati di cancro. Quando poi la cura arriva negli ospedali e nelle farmacie, compaiono nuovi effetti che è importante continuare a studiare. A questo punto però il numero dei pazienti è maggiore di quello coinvolto nelle sperimentazioni: tecnologie potenti sono necessarie a elaborare tutte le informazioni che da loro provengono.
Conoscere la prognosi di un tumore consente ai medici di decidere se intervenire con terapie più o meno aggressive. Il miglior modo per avere previsioni attendibili è esaminare il decorso di un gran numero di pazienti, incrociando la loro diagnosi e le loro caratteristiche personali (età, abitudini di vita, caratteristiche genetiche) con quelle del paziente che si vuole curare. A questo serviranno le grandi banche dati create attraverso la condivisione delle cartelle cliniche.
I Big data consentono agli epidemiologi di fare un salto di qualità nelle loro ricerche, perché consentono loro di osservare il destino un grandissimo numero di individui, incrociando abitudini di vita e caratteristiche genetiche e molecolari. In questo modo si potranno identificare meglio le abitudini di vita da promuovere e i fattori di rischio per lo sviluppo della malattia.
I malati di cancro ora possono contribuire direttamente alla ricerca scientifica, condividendo su apposite piattaforme le informazioni sul loro stato di salute o su eventuali effetti delle cure. La raccolta diretta di dati dai malati aumenterà la quantità di informazioni da elaborare, ma ne migliorerà la qualità, rendendo i risultati più simili a ciò che avviene nella vita reale piuttosto che a ciò che emerge dagli studi clinici.