Anomalie nel test prenatale? A volte indicano un tumore nella madre

Ultimo aggiornamento: 21 maggio 2025

Anomalie nel test prenatale? A volte indicano un tumore nella madre

Il test prenatale non invasivo (NIPT) potrebbe aiutare a rilevare tumori silenti nelle donne in gravidanza.

Utilizzato per analizzare il DNA fetale e individuare possibili anomalie genetiche del nascituro, il test prenatale non invasivo (NIPT) può rivelare anche tumori silenziosi nella madre. Un grande studio clinico ha evidenziato che, in quasi la metà dei casi con risultati anomali, la causa era un tumore materno.

Non solo DNA fetale: cosa può segnalare il NIPT

Il test NIPT, introdotto in Italia e in molti altri Paesi negli ultimi anni, ha cambiato profondamente lo screening delle principali anomalie cromosomiche fetali, come la trisomia 21 (sindrome di Down), e le trisomie 18 e 13. Basta infatti un semplice prelievo di sangue dalla futura mamma per analizzare il cosiddetto DNA libero circolante, costituito da frammenti genetici che derivano sia dal feto (e più precisamente dalla placenta) sia dalla madre.

In alcuni casi, però, può succedere che il test restituisca un risultato “non interpretabile”, oppure che segnali anomalie che non trovano riscontro né nel feto, né nella placenta. Un crescente numero di studi suggerisce che uno dei possibili motivi dietro questi segnali potrebbe essere un tumore silente nella madre.

Un’indagine approfondita su più di 100 donne

A indagare questa ipotesi è stato un gruppo di ricercatori dei National Institutes of Health (NIH), negli Stati Uniti. I risultati dello studio, pubblicati a dicembre 2024 sul New England Journal of Medicine, ha coinvolto 107 donne in gravidanza o che avevano partorito da poco, tutte con esiti di test NIPT anomali e nessun sintomo apparente di tumore.

I risultati sono stati sorprendenti: in 52 casi (pari al 48,6%) è stata effettivamente diagnosticata una forma tumorale. I tipi di cancro più comuni sono stati i linfomi (soprattutto di tipo Hodgkin), seguiti da tumori solidi, come il carcinoma del colon-retto, quello mammario e altre neoplasie più rare. Inoltre, la metà delle pazienti oncologiche, la malattia era completamente asintomatica; in altri casi, sintomi lievi come nausea o dolore addominale erano stati attribuiti alla gravidanza, ritardando la diagnosi.

Il DNA tumorale “disturba” i risultati del test

Com’è possibile che un test progettato per identificare eventuali problemi del feto riesca a rilevare un tumore nella madre? La spiegazione sta nella natura del materiale genetico analizzato. Circa il 90% del DNA libero nel sangue materno proviene dalla donna stessa, e solo il 10% dalla placenta. Se è presente un tumore, anche questo può rilasciare nel sangue frammenti di DNA alterato, che interferiscono con l’analisi bioinformatica effettuata nell’ambito del test NIPT.

Con lo studio i ricercatori hanno identificato pattern genetici molto specifici e particolarmente sospetti: alterazioni che coinvolgono più di 3 cromosomi con duplicazioni o delezioni di materiale genetico. Tali alterazioni, rilevate con il sequenziamento completo del DNA circolante, sono infatti state osservate in quasi tutti i casi in cui si è poi confermata la presenza di un tumore.

Come proseguire dopo un risultato sospetto?

Tutte le donne coinvolte nello studio hanno seguito un protocollo di screening approfondito, che ha incluso una visita oncologica, alcuni esami ematici e test dei marcatori tumorali, oltre a esami di imaging con risonanza magnetica “total body”, eseguita in modalità sicura per la gravidanza.

La risonanza si è dimostrata lo strumento più efficace, con una sensibilità del 98% e un numero molto basso di falsi positivi. Al contrario, esami del sangue e di marcatori tumorali si sono dimostrati poco sensibili. La visita oncologica, invece, è risultata utile solo in una minoranza dei casi.

Quando non è un tumore: altre possibili spiegazioni

Non tutte le anomalie rilevate dal test NIPT, però, indicano un tumore. In circa metà delle partecipanti allo studio non è stato identificato alcun cancro. In molti casi, le alterazioni genetiche erano spiegate dalla presenza di fibromi uterini, anomalie placentari o, raramente, da mutazioni innocue del sangue materno. In ogni caso, la presenza di un risultato NIPT non interpretabile dovrebbe sempre spingere a valutare attentamente anche la salute della madre, soprattutto se le alterazioni genetiche osservate sono compatibili con quelle associati ai tumori.

Verso una nuova frontiera della diagnosi precoce

I dati ottenuti dallo studio hanno messo in luce un potenziale ancora poco esplorato: utilizzare il test NIPT non solo per valutare la salute del feto, ma anche come primo segnale d’allarme per la salute della donna. Molte forme tumorali diagnosticate grazie a questo studio erano in stadio avanzato, ma in alcuni casi erano ancora curabili. Se identificate prima dell’insorgenza dei sintomi, alcune neoplasie potrebbero essere affrontate tempestivamente, migliorando le prospettive di cura e di sopravvivenza.

Per ora il NIPT non è stato approvato come test oncologico, e serve ancora molta cautela nell’interpretazione dei risultati. La scoperta, però, apre la strada a nuove ricerche su strumenti integrati di diagnosi precoce che proteggano, con un solo esame, sia la madre che il bambino.

Referenza

  • Raffaella Gatta

    Biotecnologa con un dottorato in Scienze genetiche e biomolecolari, ha svolto attività di ricerca preclinica in oncologia presso l’Istituto Mario Negri. Dal 2018 è freelance scientific writer e medical writer, e collabora con fondazioni, agenzie e testate specializzate nella produzione di contenuti destinati a medici, operatori sanitari e al grande pubblico. Si occupa principalmente di medicina e ricerca clinica, raccontando con chiarezza e rigore l’evoluzione della conoscenza scientifica e il suo impatto sulla salute.