Ultimo aggiornamento: 19 febbraio 2020
Secondo i dati più recenti, il 13 per cento circa di tutti i tumori registrati nel mondo è dovuto a un’infezione da parte di un virus, un batterio o un parassita, fattori di rischio per la maggior parte evitabili.
Nel 2018 nel mondo si sono verificati 2,2 milioni di casi di tumore che possono essere attribuiti a un’infezione. Secondo le stime dei ricercatori dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), la media generale è di 25 casi ogni 100.000 persone, con l’incidenza locale più bassa in Nord Europa e Asia occidentale (14 casi ogni 100.000 persone) e quella più alta nell’Africa sub-sahariana e in Asia orientale (rispettivamente 33 e 38 casi ogni 100.000 persone). Circa il 90 per cento di tutti questi tumori è causato da soli quattro agenti patogeni. Le stime, pubblicate sulla rivista Lancet Global Health, stimolano qualche riflessione su quello che si può fare per evitare alcune forme di tumore.
Fino al XVIII secolo molti credevano che i tumori fossero una malattia contagiosa. Tra questi Nicolaas Tulp, un chirurgo olandese così famoso da essere ritratto da Rembrandt. Tulp e un altro medico olandese suo contemporaneo, Zacutus Lusitani, spiegavano con la teoria del contagio i casi di tumore al seno che ricorrevano all’interno di una stessa famiglia (e che oggi sappiamo dipendere da una predisposizione ereditaria). Il loro suggerimento era quindi di isolare i malati di tumore e di costruire ospedali per accoglierli fuori dalla città, per evitare il diffondersi della malattia. Oggi sappiamo che non ci si ammala di tumore per contagio. Tuttavia esiste un legame tra alcune malattie infettive e il cancro, poiché alcuni agenti infettivi scatenano, all’interno della cellula, mutamenti che facilitano la trasformazione cancerosa.
A oggi la IARC ha inserito nella lista degli agenti sicuramente cancerogeni per l’uomo 11 agenti biologici: 7 virus, 3 parassiti e un batterio. Però, secondo le conclusioni del nuovo studio, di questi, sono 4 i microbi che causano la stragrande maggioranza dei tumori di origine infettiva. Si tratta dell’Helicobacter pylori (responsabile di 8,7 casi di tumore ogni 100.000 persone), del papillomavirus umano (HPV; 8 casi per 100.000), del virus dell’epatite B (HBV; 4,1 casi per 100.000) e del virus dell’epatite C (HCV; 1,7 casi per 100.000 persone). L’Helicobacter pylori predispone al tumore dello stomaco, i virus dell’epatite B e C creano condizioni favorevoli per lo sviluppo del tumore del fegato e il papillomavirus causa diversi tipi di tumore (principalmente cervice uterina, ma anche vulva, pene, ano, tumori oro-faringei).
I microbi che possono causare il cancro sono accomunati da una caratteristica: danno luogo a infezioni persistenti. I tumori causati dai microbi cancerogeni si sviluppano in tempi molto lunghi, anche 20-30 anni dopo l’infezione. Va detto che non tutte le persone che si infettano sviluppano un tumore, ma l’infezione rappresenta un importante fattore di rischio per due motivi: innanzitutto genera uno stato di infiammazione cronica in cui vengono prodotte molecole che possono pregiudicare la stabilità dei geni nelle cellule del tessuto; inoltre nell'area infiammata si crea un microambiente in cui la cellula cancerosa riesce a moltiplicarsi molto bene e a evitare di essere attaccata dal sistema immunitario. Il tumore può quindi crescere ed eventualmente dare luogo a metastasi. I meccanismi molecolari alla base del processo di cancerogenesi sono molti, tra cui il rilascio di radicali liberi che possono danneggiare il DNA delle cellule, la produzione di molecole chiamate citochine e l’attivazione di numerose cascate molecolari.
“I quattro principali agenti responsabili approssimativamente del 90 per cento dei casi di tumori attribuibili alle infezioni in tutto il mondo sono prevenibili con un vaccino (virus dell’epatite B e papillomavirus) oppure sono trattabili con farmaci (Helicobacter pylori e virus dell’epatite C) e tutti sono soggetti a qualche intervento per ridurre la trasmissione dell’infezione” ha scritto Anne F. Rositch, docente di epidemiologia dell’Università Johns Hopkins di Baltimora, a commento dei dati appena pubblicati. L’infezione da H. pylori si può eliminare con gli antibiotici, e i nuovi farmaci antivirali per l’epatite C, bloccando la replicazione del virus, possono portare alla sua eradicazione definitiva. Grazie all’introduzione della vaccinazione, l’incidenza dei tumori provocati dal virus dell’epatite B dovrebbe scendere progressivamente nei prossimi decenni. Anche la vaccinazione contro il papillomavirus può abbattere l’incidenza di molti tipi di tumore. Tuttavia preoccupa il fatto che la copertura vaccinale contro i due virus prevenibili, papillomavirus e virus dell’epatite B, sia ancora distante dagli obiettivi prefissati. Questo avviene soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e l’Organizzazione mondiale della sanità ha chiesto recentemente che il tema abbia una priorità alta, dato che è proprio in questi Paesi che i tumori da HPV e da epatite B mietono più vittime. L’infezione da HPV è anche la più frequente infezione trasmessa per via sessuale, e questo suggerisce che molto si può fare anche in termini di educazione sessuale.
“Le strategie per la prevenzione delle malattie, come i vaccini, possono essere oggetto di dibattito. Tuttavia siamo tutti d’accordo sul fatto che non c’è intervento sulla salute, non importa quanto efficace secondo gli studi clinici e nel contesto della ricerca, che possa funzionare se non viene usato, perché le persone non vi hanno accesso (in quanto non disponibile o troppo costoso) o perché si rifiutano di usarlo (per ignoranza o mancata percezione del problema)” conclude Rositch, che invita a diffondere i dati raccolti dalla IARC per aumentare la consapevolezza del rischio.
Agenzia Zoe