Al congresso americano di oncologia medica si guarda al paziente, non solo alla malattia

Ultimo aggiornamento: 27 settembre 2022

Al congresso americano di oncologia medica si guarda al paziente, non solo alla malattia

Oltre che di trattamenti innovativi e terapie personalizzate, a Chicago si è discusso molto anche dei sintomi e di come gestire al meglio i trattamenti oncologici.

Gli oncologi medici sono clinici specializzati nella diagnosi e nel trattamento del cancro negli adulti, tramite l’uso, per esempio, di chemioterapia, terapie ormonali, immunoterapie, trattamenti biologici, a bersaglio molecolare. Spesso l’oncologo medico è il principale punto di riferimento per i pazienti malati di cancro: oltre a prescrivere e seguire le terapie di propria competenza, l’oncologo medico può anche coordinare il contributo di altri specialisti e le cure di supporto. Ciò significa non solo cercare di somministrare i trattamenti più efficaci, ma anche prendersi cura della persona, delle sue esigenze e delle difficoltà che potrà incontrare dopo il tumore, nella cosiddetta “survivorship”.

Nel corso del congresso annuale della Società americana di oncologia medica (ASCO), la cui ultima edizione si è svolta a Chicago dal 3 al 7 giugno 2022, diverse sessioni sono state dedicate proprio alla gestione dei sintomi e alla survivorship.

All’appuntamento annuale di ASCO partecipano ogni volta migliaia di esperti da tutto il mondo. Quest’anno è stato possibile riaprire le porte a un’edizione anche “in presenza”, dopo due anni di incontri solo virtuali a causa della pandemia.

Senza dubbio l’appuntamento statunitense ha introdotto numerose importanti novità per quanto riguarda i trattamenti. Di alcune di queste è stato detto che saranno “practice changing”, ossia che cambieranno la pratica clinica. Altrettanto interessanti sono stati alcuni spunti legati alla vita quotidiana dei pazienti e alla gestione dei sintomi.

Eccone alcuni, tra quelli esposti e discussi nel corso del congresso 2022, che riguardano in particolare l’immunoterapia e possono essere detti “generatori di ipotesi”, poiché offrono spunti nuovi e interessanti da approfondire.

Paracetamolo e immunoterapia: amici o nemici?

L’immunoterapia ha rivoluzionato negli ultimi anni la cura di alcuni tipi di cancro prima difficili da curare. Vi sono tuttavia ancora domande aperte, per esempio, su come e quanto l’efficacia di questi trattamenti possa essere influenzata da fattori quali terapie concomitanti o condizioni fisiche e psicologiche dei pazienti.

Uno degli studi presentati ad ASCO si è concentrato per esempio sull’uso del paracetamolo –comunemente utilizzato per contrastare il dolore nei pazienti oncologici – e sul suo potenziale impatto sull’efficacia dell’immunoterapia. Un gruppo di ricercatori francesi guidato da Alban Bessede, Chief Executive Officer delle ditta Explicyte & ImmuSmol, è partito da un’osservazione generale sul paracetamolo. Per quanto considerato sicuro, il farmaco è associato a una risposta immunitaria ridotta in caso di vaccinazioni. “Potrebbe quindi avere un impatto negativo anche in caso di immunoterapia per il cancro?” si sono chiesti. Stando ai risultati della loro analisi, gli esiti dei trattamenti di immunoterapia sono peggiori nei pazienti che assumono paracetamolo. Inoltre, in esperimenti con cellule in coltura, animali di laboratorio e con campioni di sangue di persone sane, gli autori hanno confermato l’influenza negativa del paracetamolo sulla risposta immunitaria. “L’uso di farmaci comuni come il paracetamolo potrebbe avere un impatto maggiore su efficacia e tossicità dell’immunoterapia rispetto a quanto osservato in precedenza per la chemioterapia” ha spiegato Margaret Gatty-Mays, dell’Ohio State University, commentando i dati. “Dobbiamo tenere in grande considerazione la polifarmacoterapia, ovvero l’uso contemporaneo di diversi tipi di farmaci, tanto comune nei pazienti oncologici” aggiunge, ricordando che i dati ottenuti dello studio fanno riflettere. Tuttavia, al momento restano ancora molte domande alle quali rispondere prima di modificare l’uso del paracetamolo nella pratica clinica oncologica.

Più elevato è lo stress psicologico, meno efficace è la terapia

Ansia, depressione e altri sintomi che possono essere descritti come stress psicologico si associano a una risposta ridotta all’immunoterapia. Lo ha spiegato Fang Wu, della Central South University (Cina), nel corso della sua presentazione ad ASCO 2022. In molti studi era già stato notato che lo stress cronico, comune nei pazienti oncologici, causa modifiche del microambiente tumorale attraverso diversi meccanismi. Con questa premessa, i ricercatori cinesi hanno portato avanti il proprio studio su 77 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) di stadio III e IV trattati con immunoterapia. I ricercatori hanno notato che i pazienti con stress cronico hanno mostrato tassi di risposta e sopravvivenza libera da progressione inferiori rispetto a pazienti senza questo problema; inoltre chi aveva livelli più elevati di ormoni dello stress mostrava risposte ridotte alla terapia. “Trovo molto interessante il fatto i ricercatori abbiano suggerito che l’impatto dello stress sull’efficacia delle terapie potrebbe riguardare anche la chemioterapia e le terapie a bersaglio molecolare” ha commentato Margaret Gatty-Mays, oncologa medica presso l’Ohio State University Comprehensive Cancer Center. La dottoressa Gatty-Mays ha tuttavia spiegato che anche in questo caso sono molte le domande alle quali ancora manca una risposta per poter trarre conclusioni certe sul legame tra stress e risposta alle terapie e su come usare queste conoscenze per migliorare la cura dei pazienti. Per ottenere dati più affidabili occorreranno studi con numeri molto maggiori di pazienti.

  • Agenzia Zoe

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