Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Per Alessandra Gennari la scelta di diventare medico è stata fortemente influenzata dalla possibilità di continuare a fare equitazione. Ma l'allenamento per le corse a ostacoli è stato utile anche per superare gli ostacoli nella ricerca di un trattamento migliore per il cancro del seno.
Aveva sei anni quando ha indossato il primo completo da equitazione, confezionato su misura e regalatole dai nonni Aldo e Nella e per la prima volta è montata a cavallo, all'insaputa della mamma che era contraria. È scoppiata allora la passione che l'ha portata a gareggiare nei concorsi ippici e a trascorrere lunghe ore in compagnia dell'amatissimo cavallo Dignus: "Ho condiviso con lui ben 33 anni di vita, fino a quando è morto nel 2013" racconta Alessandra Gennari, con un lieve accento toscano, mostrando le fotografie nel suo ufficio nella Struttura di oncologia medica dell'Ospedale Galliera di Genova, dove da anni porta avanti molte ricerche, in particolare sulla terapia contro il tumore del seno.
La sua passione per le gare inizia con le competizioni al Centro ippico Pineta Salviati, poco lontano da Pisa dove è nata e cresciuta, e dove per lunghi anni cavalca per tre ore al giorno, più volte a settimana. Il circolo ippico lo frequenta assiduamente anche mentre studia al liceo classico. Dopo la maturità, al momento della scelta dell'università accarezza l'idea di iscriversi ad Architettura, che però sarebbe a Firenze: la mamma Giuliana è pediatra, e la spinge verso la facoltà di Medicina, che fra l'altro le permetterebbe di restare a Pisa e non abbandonare l'equitazione. La scelta cade alla fine sull'ateneo pisano, ma l'abbandono delle competizioni di salto a ostacoli è rimandato solo di poco: "È stato l'esame di anatomia, che dovevo preparare nel mese di maggio, proprio nel periodo dei concorsi ippici, a impormi di scegliere".
La decisione è sofferta, ma paga: la priorità data agli studi nell'Istituto di fisiologia umana porta alla laurea con 110, lode e dignità di stampa, nel 1988. Il percorso accademico prosegue con un diploma (analogo all'odierno PhD) ottenuto alla Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant'Anna nel 1991. Sono gli anni in cui gli studi sul funzionamento fisiologico dell'organismo la portano a occuparsi prima di sistema cardiovascolare e ipertensione - trascorrendo un periodo di alcuni mesi in Germania, a Heidelberg, e poi a Milano - in seguito di metabolismo.
L'incontro con l'oncologia, e in particolare con il tumore del seno, arriva a metà degli anni novanta, dopo il completamento della specializzazione in medicina dello sport: "Non feci medicina interna per una serie di ragioni anche logistiche, e questa specializzazione mi ha dato la gioia di tornare a prendere parte ai concorsi ippici, in veste di medico" racconta. L'approdo tardivo alla ricerca sul cancro - il suggello della specializzazione in oncologia arriva nel 2001 - è probabilmente alla base del suo approccio in un certo senso peculiare: "Tutti i miei filoni di ricerca sono in qualche modo legati alla ricerca non oncologica che ho portato avanti in precedenza" spiega, dimostrando così come la medicina sia una disciplina unitaria in cui i saperi specialistici devono dialogare tra lodo.
Dopo le prime borse AIRC ottenute lavorando ai progetti di Pier Franco Conte e Paolo Bruzzi, realizza in prima persona un'importante ricerca sull'efficacia delle antracicline, un gruppo di molecole impiegate con buoni risultati nella prevenzione delle recidive del tumore del seno, a prezzo però di elevati effetti collaterali. Il suo articolo di revisione della letteratura, pubblicato nel 2008 sul Journal of the National Cancer Institute, fornisce la chiave per personalizzare la terapia con antracicline, riparmiando a tutte le altre i pesanti effetti collaterali. "Quello studio ha aperto una strada nuova nelle ricerche sulla chemioterapia adiuvante, anche per le terapie che non hanno un effetto diretto su quel recettore: da allora l'attivazione o meno del gene HER2 è il criterio di base per individuare due gruppi di pazienti che reagiscono in maniera diversa ai farmaci" spiega Gennari
Come fosse una naturale prosecuzione del "percorso a ostacoli" della scienza, l'anno successivo la ricercatrice pisana mette in bacheca un nuovo diploma: il dottorato di ricerca in epidemiologia molecolare delle malattie cronico-degenerative e biostatistica, questa volta all'Università di Genova, dove dal 2006 era già diventata professore a contratto di metodologia della ricerca clinica (dopo aver insegnato anche nelle università di Pisa e di Modena e Reggio Emilia).
Un'altra ipotesi di ricerca ispirata dagli studi di fisiologia la porta a verificare se l'aggiunta alla chemioterapia di un farmaco antidiabetico, la metformina, ne accresce l'efficacia: "Lo studio non ha dato i risultati clinici sperati, ma ha permesso di osservare che circa metà delle donne con carcinoma mammario metastatico presenta un metabolismo alterato, in particolare una resistenza all'insulina, pur non avendo il diabete" spiega Gennari. "Le donne con resistenza all'insulina in media sviluppano metastasi qualche mese prima di quelle con metabolismo normale, a riprova del fatto che lo studio del metabolismo è fondamentale nel determinare la prognosi, anche in presenza di metastasi e in assenza di diabete. Questo porta con sé un importante messaggio: anche per le donne con tumore del seno è cruciale fare attività fisica, mangiare in maniera equilibrata e non ingrassare".
Per realizzare la ricerca traslazionale partita con un progetto europeo e attualmente finanziata anche da AIRC - che mira a selezionare la miglior terapia per le donne con carcinoma mammario metastatico e recettori ormonali positivi - Alessandra Gennari ha dovuto superare numerosi ostacoli, tra cui la messa a punto di tomografie computerizzate e PET innovative, basate su un mezzo di contrasto (tecnicamente chiamato radiotracciante, a base di fluoroestradiolo) commissionato espressamente a un'azienda specializzata.
Questo radiotracciante consente di visualizzare le metastasi che si svelano in presenza di ormoni estrogeni. Prima di poterlo impiegare nei centri partecipanti alla ricerca in Italia (a partire da Meldola), Francia, Spagna e Germania, oltre a dover fare i conti con la complessità della produzione, conservazione e distribuzione, è stato necessario superare lo scoglio dell'approvazione da parte delle autorità regolatorie. "In ciascun Paese hanno sollevato un gran numero di osservazioni, spesso diverse tra loro, pur applicando normative che si ispirano tutte alle stesse regolamentazioni europee" spiega Gennari, che ha coordinato il lavoro del consorzio europeo di imaging molecolare. "Comunque alla fine ce l'abbiamo fatta". Oggi lo studio sta ancora reclutando nuove pazienti con carcinoma mammario metastatico che non abbiano ricevuto altri trattamenti: l'obiettivo è identificare grazie all'imaging le donne per le quali la terapia ormonale è sufficiente da sola a garantire i migliori risultati possibili, senza dover aggiungere altre terapie, impegnative per la donna e inutilmente costose: "Nelle donne con tumore avanzato, una su 10 non presenta nessuna attivazione dei recettori ormonali, e altre tre su 10 mostrano un'attivazione parziale, mentre circa sei su 10 hanno i recettori così attivi da rendere la sola terapia ormonale ad assicurare la guarigione o quantomeno la gestione della malattia per molti anni senza effetti tossici".
Per lei, l'attività fisica è parte della routine quotidiana: la sveglia poco dopo le sei è il preludio alla passeggiata con i due cani Diana e Gaia, schnauzer gigante e labrador, da Foce a Boccadasse, sul lungomare davanti all'Ospedale San Martino in cui lavora la sua cara amica Lucia Del Mastro. Con lei condivide non solo la lotta quotidiana contro il tumore del seno - ciascuna di loro affianca alla ricerca finanziata da AIRC il lavoro nelle due Breast Unit a Ponente e a Levante del capoluogo ligure - ma anche il tempo libero: "Abbiamo più volte trascorso le vacanze insieme, e a Genova andiamo spesso a fare acquisti, o mi trascina al cinema anche se abbiamo gusti cinematografici molto diversi" ride. "Suo figlio Carlo Andrea e il mio Francesco si conoscono dalla scuola e hanno passato un'estate in Irlanda insieme. Poi Francesco ha deciso di frequentare il quarto anno di liceo scientifico negli Stati Uniti, nel Connecticut: siamo stati di recente alla fantastica cerimonia di diploma". Per il momento non sembra voler seguire le orme della madre: "È più interessato al mondo della finanza, in cui lavora suo padre Giuseppe".
Con Giuseppe, laureato in informatica, si sono conosciuti a Pisa, poi hanno trascorso anche un periodo al CERN, a Ginevra: "Conservo un legame con Pisa, dove abbiamo ancora la casa affacciata sulla Torre e ho molti amici, ma oggi ci troviamo benissimo a Genova". A Viareggio hanno da poco finito di ristrutturare la casa delle vacanze: "Mi piace molto la vita della Versilia, tra spiaggia, mare, amici e feste. E ho da sempre una passione per il Carnevale" racconta con un ampio sorriso. "Ricordo ancora con divertimento una festa dal tema 'coppie famose' in cui ci travestimmo da John Lennon e Yoko Ono, e sul momento i nostri amici non riconobbero mio marito Giuseppe, che era entrato prima di me".
La passione per i costumi ha trovato sfogo anche nella sua attività internazionale di ricerca: da quattro anni il consorzio europeo per l'imaging molecolare che Alessandra Gennari ha creato per mettere a punto strumenti per la medicina personalizzata del carcinoma avanzato della mammella (vedi box) tiene una conferenza all'Università di Monaco, in concomitanza con l'Oktoberfest. Vista l'ambientazione, è partita la proposta di indossare i costumi tipici: "Durante il weekend si approfitta della festa, il lunedì è dedicato al lavoro" racconta con un'espressione divertita. "E io, da capoprogetto, sono stata la prima a presentarmi con il vestito tradizionale, il 'dirndl'".
Fabio Turone