Francesco Boccalatte ha ottenuto un grant Start-Up AIRC, grazie al quale sta studiando la leucemia linfoblastica a cellule T, con l’obiettivo di fornire a ciascun bambino l’approccio terapeutico più preciso ed efficace.
Con il progetto sostenuto da AIRC cerco di rispondere a una domanda di immediato impatto clinico: perché alcuni bambini che si ammalano di leucemia – in particolare del tipo linfoblastico a cellule T – rispondono bene ai trattamenti, mentre altri non rispondono affatto o vanno incontro a una recidiva nel giro di pochi anni?
Oggi ancora non lo sappiamo e, non potendo distinguere gli uni dagli altri pazienti in maniera precisa, trattiamo tutti con terapie simili, nonostante abbiano bisogno di approcci terapeutici diversi. Trovare una risposta a questo quesito potrebbe aiutarci a fornire a ciascun bambino che si ammala di leucemia il trattamento più preciso, mirato e adatto alla sua malattia.
Stiamo lavorando sulla caratterizzazione epigenetica delle leucemie. In pratica studiamo i meccanismi che regolano l’espressione dei geni senza modificare il DNA. Le sole alterazioni dei geni, infatti, non bastano a spiegare perché bambini con forme di leucemia apparentemente molto simili abbiano decorsi completamente diversi.
Lo studio delle caratteristiche epigenetiche dei tumori, invece, potrebbe aprire nuovi scenari. Al momento, per esempio, abbiamo scoperto che il DNA all’interno del nucleo delle cellule tumorali ha una conformazione diversa nelle forme più aggressive. Crediamo che i ripiegamenti della molecola di DNA e i contatti fra le sue diverse parti portino a esprimere alcuni oncogeni che conferiscono peculiari caratteristiche al tumore.
Occorreranno ulteriori studi e la messa a punto di metodi che possano essere usati anche al di fuori dei laboratori, ma la caratteristica che abbiamo identificato potrebbe, in futuro, diventare una sorta di marcatore per identificare i bambini con tumori più aggressivi o con tendenza a dare recidive.
Dopo essermi laureato in biotecnologie mediche e specializzato in biochimica clinica all’Università di Torino, ho trascorso un anno in un centro di ricerca a Boston: è lì che mi sono davvero appassionato alla ricerca. Di ritorno in Italia, ho svolto un dottorato di ricerca a Milano, all’Università Vita-Salute San Raffaele, per poi tornare negli Stati Uniti, alla New York University. Qui sono rimasto 9 anni, sviluppando vari progetti nell'ambito dell’onco-ematologia.
È stato un periodo molto formativo che mi ha consentito di imparare nuovi metodi di studio e di sviluppare le mie capacità di ricerca in ambito oncologico. Anche grazie a questa esperienza, nel 2022 ho ottenuto un grant Start-Up sostenuto da AIRC e oggi dirigo il laboratorio di genomica strutturale del cancro all’Istituto di Candiolo – IRCCS a Torino.
Ho incrociato più volte il tema delle patologie pediatriche durante il mio percorso formativo. Durante il dottorato, all’Istituto San Raffaele – Tiget, ho assistito alle prime applicazioni della terapia genica su malattie all’epoca incurabili. Successivamente, a New York, ho iniziato a lavorare in prima persona sulle leucemie pediatriche. Parte del mio lavoro era sostenuto dalla Alex's Lemonade Stand Foundation, una fondazione nata in seguito alla scomparsa di una bambina affetta da un neuroblastoma. Una delle attività della fondazione era organizzare incontri in cui i ricercatori potessero incontrare le famiglie dei bambini malati. È stata un’esperienza che mi ha molto ispirato: ascoltare le loro storie è qualcosa che fa capire a noi ricercatori l’impatto che il nostro lavoro può avere sulle persone. Si tratta di un modello che ora mi piacerebbe riproporre anche in Italia.
Ammetto che in questo momento, in cui stiamo avviando un nuovo gruppo di ricerca, il lavoro non lascia molto tempo alla vita fuori dal laboratorio. A parte questo periodo intenso, però, ho diverse passioni che continuo a coltivare: la musica e il teatro, innanzitutto.
Si tratta di passioni che ho tenuto vive anche nella mia esperienza negli Stati Uniti: a New York mi è capitato di partecipare a cori soul o gospel e perfino di recitare, in italiano, “Dolore sotto chiave” e qualche spezzone di “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo.