Una stessa proteina influisce sulla proliferazione e sull’autodigestione della cellula

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018

Sotto stress o in mancanza di nutrienti, le cellule smettono di dividersi e sfruttano le risorse interne sotto il controllo di Ambra1,una proteina che potrebbe essere bersaglio per nuove cure contro il cancro

Titolo originale dell'articolo: AMBRA1 links autophagy to cell proliferation and tumorigenesis by promoting c-Myc dephosphorylation and degradation

Titolo della rivista: Nature Cell Biology

Data di pubblicazione originale: 1 dicembre 2014

La natura sa far fronte ai momenti difficili. Quando le circostanze lo richiedono, per esempio in condizioni di stress o in mancanza di nutrienti, le cellule prendono provvedimenti. Da un lato smettono di dividersi, rinunciando a un'attività che richiede molta energia. Dall'altro recuperano quel che c'è di buono al loro interno, tramite la cosiddetta autofagia, che è una forma di autodigestione. I due fenomeni, che sinora erano considerati indipendenti, sono regolati da una proteina chiamata mTOR. E qui veniamo ad Ambra1.

Il gruppo finanziato da AIRC e diretto da Francesco Cecconi, del Dipartimento di biologia dell'Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con IRCCS Fondazione Santa Lucia e il Centro ricerche della Società danese per la ricerca sul cancro, ha scoperto che mTOR agisce su entrambi i fronti attraverso l'intervento di un'altra proteina, denominata Ambra1, che da un lato controlla l'autofagia e dall'altro lato limita la capacità della cellula di dividersi.

In uno studio pubblicato su Nature Cell Biology, una giovane ricercatrice del gruppo di Cecconi, Valentina Cianfanelli, ha caratterizzato Ambra1 dal punto di vista molecolare, dimostrando anche che la molecola tiene a bada l'espressione dell'oncogene c-myc, importante nello sviluppo di molti tumori. "L'osservazione che animali da laboratorio con una parziale disfunzione di Ambra1 sviluppano tumori spontanei" ha aggiunto Valentina Cianfanelli, "conferma l'importanza del meccanismo che abbiamo studiato". Il lavoro apre la strada alla ricerca di molecole che modulino il fenomeno in maniera specifica. "Ma invita anche alla prudenza nell'utilizzo di trattamenti che abbiano come 'bersaglio' l'autofagia" conclude Cecconi. "Visto il legame tra i due fenomeni, ogni strategia che si proponga di inibire i tumori colpendo le cellule neoplastiche al cuore del loro centro di regolazione energetica e metabolica, deve tener conto che in questo modo si possa al contrario stimolarne la proliferazione".