Un nuovo, possibile bersaglio terapeutico contro l'epatocarcinoma

Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018

L'aggiunta o l'eliminazione di gruppi chimici azotati sono comuni meccanismi di modulazione dell'attività proteica nelle cellule. Studiando uno di questi processi è stato individuato un possibile punto debole di alcune forme di cancro del fegato.

Titolo originale dell'articolo: S-nitrosylation of the Mitochondrial Chaperone TRAP1 Sensitizes Hepatocellular Carcinoma Cells to Inhibitors of Succinate Dehydrogenase

Titolo della rivista: Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 1 luglio 2016

Si chiama alfa tocoferil succinato, è un derivato della vitamina E e potrebbe essere una nuova arma contro l'epatocarcinoma cellulare, una delle forme più comuni di tumore del fegato. A indicare questa possibilità di approccio terapeutico è uno studio pubblicato su Cancer Research dal gruppo di ricerca del biochimico Giuseppe Filomeni, oggi attivo sia presso l'Università di Roma Tor Vergata sia presso il Danish Cancer Society Research Center di Copenaghen.

Da tempo, e grazie al sostegno fondamentale di AIRC, il lavoro di Filomeni si concentra su una proteina chiamata GSNOR, che ha il compito di staccare eventuali gruppi chimici azotati presenti sulle proteine. "La nitrosilazione, cioè l'aggiunta di gruppi chimici azotati, e la denitrosilazione, cioè la loro eliminazione, sono strumenti utilizzati dalla cellula per modulare l'attività delle proteine, accendendole o spegnendole" spiega il ricercatore.

Punto di partenza del nuovo studio è il fatto che circa metà degli epatocarcinomi cellulari presenta mutazioni nella proteina GSNOR, che la rendono inattiva. Filomeni e colleghi hanno deciso di verificare se ci siano differenze tra tumori con GSNOR mutata e tumori con la proteina normale. In effetti ci sono: gli esperimenti condotti sia con linee cellulari sia con topi mostrano che i tumori con GSNOR mutata proliferano più velocemente degli altri e sono più sensibili all'azione dell'alfa tocoferil succinato, che ne arresta la crescita.

"Se GSNOR non funziona, il risultato è un eccesso di nitrosilazione di varie proteine, tra le quali TRAP1, che regola un complesso enzimatico - la succinato deidrogenasi - presente nei mitocondri ed essenziale per la produzione di energia" spiega Filomeni. "Ed è proprio questo complesso il bersaglio dell'azione del derivato della vitamina E".

Il valore terapeutico di questa molecola per l'epatocarcinoma cellulare - o addirittura il suo potenziale preventivo - andranno approfonditi meglio, in studi clinici con i pazienti. Avere comunque identificato un nuovo punto debole del tumore è già una buona notizia. Per il futuro, Filomeni e colleghi hanno intenzione di capire meglio i passaggi molecolari che fanno sì che i tumori con mutazioni di GSNOR proliferino più velocemente: chiarire questi dettagli potrebbe permettere di identificare ulteriori bersagli terapeutici.

  • Valentina Murelli