Nuove prospettive terapeutiche per la leucemia a cellule capellute

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Perugia ha ottenuto ottimi risultati con un farmaco "intelligente", il vemurafenib, in pazienti che non rispondono alle terapie tradizionali.

Titolo originale dell'articolo: Targeting Mutant BRAF in Relapsed or Refractory Hairy-Cell Leukemia

Titolo della rivista: New England Journal of Medicine

Data di pubblicazione originale: 1 settembre 2015

La leucemia a cellule capellute è una forma di leucemia cronica che determina una marcata riduzione delle normali cellule del sangue - globuli bianchi, globuli rossi e piastrine - che possono causare nel paziente infezioni molto gravi. I farmaci impiegati fino ad oggi spesso non risultavano efficaci: nella metà circa dei casi, dopo un periodo variabile dai due ai 10 anni, si verificava infatti una ripresa della malattia.

La nuova frontiera per i pazienti che non rispondono alle cure tradizionali si chiama vemurafenib, un farmaco "intelligente" che colpisce selettivamente la lesione genetica che causa la leucemia a cellule capellute e cioè la mutazione di un gene denominato BRAF. I risultati ottenuti con questo inibitore del gene BRAF mutato, che a differenza dei chemioterapici può essere assunto per via orale, sono stati pubblicati dall'autorevole rivista medica New England Journal of Medicine. Lo studio, coordinato da Brunangelo Falini, Direttore dell'Istituto di ematologia con trapianto di midollo osseo dell'Università di Perugia, e coadiuvato da Enrico Tiacci, è stato condotto parallelamente in Italia e negli USA, ed è stato finanziato da AIRC nell'ambito del programma speciale AIRC 5 per mille.

Le risposte al vemurafenib sono state sorprendenti, tanto più che al momento del reclutamento molti dei pazienti erano già stati sottoposti a varie linee di terapia manifestando una malattia particolarmente aggressiva. Nei 49 pazienti valutabili si è osservata una risposta al farmaco che è stata del 96% nello studio italiano e del 100% in quello americano, con una percentuale di remissione completa del 35% nello studio italiano e del 42% in quello americano. La risposta al farmaco è stata ottenuta nel giro di due-quattro mesi di terapia. Nello studio Italiano, che ha un follow-up più lungo, la sopravvivenza mediana libera da recidiva di malattia è stata di 19 mesi nei pazienti che hanno ottenuto una remissione completa e di 6 mesi in quelli che hanno avuto una remissione parziale. Altro aspetto particolarmente significativo riguarda gli effetti tossici del farmaco che sono sempre reversibili e si manifestano solo a livello cutaneo e articolare ma non midollare (come si osserva con i farmaci chemioterapici).

"Questi risultati eccezionali sono figli dei nostri studi del 2011 che ci portarono alla scoperta della mutazione del gene BRAF nella leucemia a cellule capellute" spiega Falini. "Il fatto di aver compreso i meccanismi molecolari che causano la leucemia a cellule capellute ci ha permesso di aprire nuove prospettive sul fronte diagnostico e terapeutico. Ne è riprova il fatto che, a soli quattro anni da questa scoperta di base, è già disponibile un test molecolare specifico per la diagnosi di leucemia a cellule capellute e una terapia efficace con un farmaco 'intelligente' come il vemurafenib".