Metastasi: le domande più frequenti

Le metastasi sono tumori secondari formati da cellule maligne che si staccano dal tumore originario e si diffondono in altri organi dove possono riprodursi.

Ultimo aggiornamento: 1 luglio 2025

Tempo di lettura: 10 minuti

Cosa sono le metastasi?

Con metastasi s’intende il fenomeno con cui le cellule tumorali si spostano dalla zona in cui si sono formate, viaggiano nel sangue o nei vasi linfatici, si diffondono e danno origine a un tumore secondario in un altro tessuto o organo del corpo. La comparsa di metastasi clinicamente evidenti può verificarsi anche anni dopo la rimozione del tumore primario e il completamento delle terapie antitumorali. Cellule tumorali metastatiche possono infatti persistere in uno stato di quiescenza nei tessuti colonizzati che permette loro di sopravvivere e eludere il sistema immunitario.

Le cellule tumorali che danno origine a metastasi sono più mobili perché sono meno coese alle cellule vicine e hanno inoltre proprietà che le rendono più adatte al movimento.

Di solito i tumori metastatici mantengono le principali caratteristiche del tumore primario. Per esempio, una metastasi di tumore del seno localizzata nel polmone è costituita da cellule del tumore mammario e non polmonare.

Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all'organo dove si è formato, e solo in seguito può crescere e colonizzare altri distretti dell'organismo.

Tutti i tumori possono dare metastasi?

La capacità di dare metastasi è la caratteristica che contraddistingue un tumore maligno rispetto a uno benigno. Tuttavia tumori differenti hanno diversa propensità alla metastatizzazione, indipendentemente dalle dimensioni del tumore primario. Lo sviluppo di metastasi dipende infatti da molte variabili che vanno dalle caratteristiche genetiche e biologiche del tumore, al tipo di organo coinvolto, dai meccanismi immunologici di difesa contro le cellule tumorali, fino alla disponibilità o vicinanza di vie per la disseminazione. Di conseguenza la capacità di colonizzare altri organi varia notevolmente da tumore a tumore. Gli scienziati cercano da tempo di comprendere, nei diversi tipi di tumore più frequenti, i meccanismi con cui le cellule metastatiche si staccano dal tumore primario, superano le barriere che separano i tessuti dai vasi e dalle altre vie di disseminazione, viaggiano nell’organismo e adattabilità al microambiente dei differenti organi. I tumori che più frequentemente formano metastasi sono quelli del polmone, del colon-retto, del seno, del pancreas, quelli gastrici e della cistifellea.

Come fanno le cellule del tumore a raggiungere organi distanti?

Le cellule metastatiche hanno in genere una notevole capacità di proliferazione e sono spesso in grado di sfuggire al sistema immunitario, invadere i tessuti circostanti, resistere ai trattamenti farmacologici e rendere l’ambiente circostante più favorevole e permissivo alla crescita. Queste proprietà possono derivare da specifiche mutazioni nei cosiddetti geni “driver” delle cellule tumorali, ovvero quei geni che regolano processi chiave come la migrazione e l’invasione cellulare e che hanno un ruolo determinante nella formazione delle metastasi. Lo studio di queste mutazioni apre la strada alla possibilità di identificare nuovi bersagli terapeutici per lo sviluppo di terapie più precise e mirate.

Le cellule con capacità metastatiche che si moltiplicano nell'organo di origine riescono nel tempo a rompere le barriere di contenimento del tessuto. Da qui possono seguire almeno due strade. La prima è attraverso i linfonodi più vicini, che raccolgono i liquidi di drenaggio dei tessuti e ne filtrano il contenuto. Come una sorta di "stazione di controllo", i linfonodi hanno infatti il compito di bloccare il passaggio di componenti anomale dei tessuti, come batteri, cellule infettate da virus o cellule tumorali. Se le cellule metastatiche riescono a superare la barriera dei linfonodi, continuano il loro viaggio nel circolo linfatico e possono raggiungere anche aree molto distanti dal tumore di origine.

Dal circolo linfatico queste cellule possono anche passare in quello sanguigno, grazie alle numerose vie di comunicazione tra i due sistemi oltre che per la particolare forma dei vasi sanguigni, generati dalle cellule del tumore, che ne favorisce il passaggio.
La seconda possibilità è che alcune cellule tumorali entrino direttamente nei vasi sanguigni, attraversandone le pareti, che in diversi tipi di cancro sono spesso permeabili. Se sopravvivono all'attacco del sistema immunitario, le cellule metastatiche possono raggiungere una nuova localizzazione, riprodursi e dare origine a un tumore secondario.

In altri casi le metastasi si formano quando alcune cellule tumorali penetrano in cavità corporee come quella peritoneale (o addominale). Il peritoneo è una sottile membrana che riveste la cavità addominale e i visceri, ed è sede frequente di metastasi che provengono per esempio dai tumori dell’ovaio e dal pancreas, senza che le cellule metastatiche debbano passare attraverso i vasi sanguigni o linfatici.

È possibile prevenire le metastasi?

Purtroppo non esistono sistemi di prevenzione attiva o particolari comportamenti che i pazienti con tumore possono attuare per evitare che si formino metastasi, a parte il suggerimento di seguire stessi stili di vita consigliati per la prevenzione primaria e secondaria del cancro.

Le indicazioni principali includono un’alimentazione varia ed equilibrata, non fumare limitare le bevande alcolici, mantenere un peso corporeo nella norma, fare attività fisica e sottoporsi periodicamente agli esami di controllo previsti dai medici per cogliere al più presto i possibili segnali di una eventuale ripresa della malattia.

La colonizzazione di altri organi da parte delle cellule malate dipende anche da specifici fattori genetici e molecolari. Molti ricercatori stanno tentando di individuare le molecole responsabili della metastatizzazione, con l’idea che si possano inibire, bloccando il processo di diffusione della malattia da cui dipende la maggior parte delle morti per cancro.

Quali sono le terapie maggiormente in uso contro le metastasi?

Le terapie per curare un tumore metastatico dipendono sia dal tipo di cancro di origine, sia dalla sede e dal tipo di metastasi, oltre che dalle condizioni generali dei pazienti. In genere il trattamento del tumore metastatico ha lo scopo di mantenere sotto controllo la malattia e di ridurne i sintomi, migliorando la qualità di vita dei pazienti. In molti casi la malattia metastatica può rimanere sotto controllo ed essere compatibile con aspettative di vita lunghe. A seconda dei casi è possibile ricorrere a terapie sistemiche come la chemioterapia classica, la terapia ormonale, le terapie a bersaglio molecolare o l'immunoterapia.

A volte la chirurgia e la radioterapia possono essere impiegate nel trattamento delle metastasi. La chirurgia può essere impiegata solo nei casi di metastasi localizzate e circoscritte, a volte anche solo a scopo palliativo, nel caso in cui queste provochino dolore o altri disturbi dovuti alla compressione di particolari organi. La radioterapia può invece essere utile a contrastare la malattia che si diffonde in sedi critiche quali il cervello, il polmone o le ossa, oppure a controllare i sintomi che influiscono sulla qualità della vita dei pazienti, come, per esempio, il dolore causato da metastasi ossee.

In alcuni casi, come quando le metastasi sono localizzate al fegato, è possibile ricorrere a trattamenti localizzati, ablazioni laser, a microonde o radiofrequenza, radioembolizzazioni e così via.

Alla terapia sistemica, che oggi è la principale modalità di trattamento, si sono via via affiancate terapie innovative con farmaci mirati, ovvero farmaci composti da molecole spesso di piccole dimensioni o anticorpi monoclonali capaci di agire selettivamente verso un numero sempre più ampio di bersagli tumorali.

L'immunoterapia è un tipo di trattamento che è spesso usato contro la malattia metastatica di diversi tipi di tumore, in combinazione alla chemioterapia e alla radioterapia, con l’obiettivo di stimolare le cellule immunitarie del paziente ad agire contro il tumore, uccidendone le cellule. L’azione sul sistema immunitario avviene o attraverso la stimolazione ad ampio spettro di diversi tipi di cellule del sistema immune (come nel caso della terapia con gli inibitori dei i cosiddetti checkpoint immunitari. Un’altra possibilità è indurre risposte specifiche contro il tumore tramite la somministrazione di vaccini antitumorali terapeutici. Questi vaccini mirano ad attivare il sistema immunitario per la produzione di anticorpi specifici e combattere la proliferazione della malattia e ridurre la probabilità di formazione di metastasi.

Altri tipi di trattamenti che possono essere utilizzati sono le terapie a base di cellule CAR-T. La strategia è in particolare applicata spesso con successo contro i tumori ematologici e più di recente ha ottenuto qualche iniziale risultato positivo anche contro alcuni tumori solidi, come il neuroblastoma pediatrico, e contro metastasi epatiche di tumore del colon-retto. Il trattamento prevede che le cellule T prelevate dal paziente siano modificate in laboratorio, in modo che, una volta che sono reinfuse nel paziente stesso, riconoscano molecole presenti sulle cellule del tumore e ne stimolino l’eliminazione.

Si sta inoltre diffondendo la possibilità di utilizzare le nanotecnologie contro i tumori metastatici. Ciò può avvenire attraverso l’uso di nanomateriali, per esempio a base di silice nano-porosa, al fine di trasportare una terapia farmacologica verso siti specifici e mirati, aumentando l’efficacia e selettività, riducendo la tossicità della chemioterapia sugli altri tessuti sani. Questo potenzialmente può essere uno strumento terapeutico utile a superare i limiti della farmacoresistenza ai chemioterapici convenzionali che spesso contraddistingue le cellule tumorali in questa fase della malattia o limitare gli effetti collaterali tossici della chemioterapia.

Le metastasi rispondono alle stesse cure usate contro il tumore originale?

Purtroppo non sempre. In alcuni casi le cellule che sopravvivono al primo ciclo di chemioterapia o radioterapia sono dotate di ulteriori mutazioni genetiche e di meccanismi di adattamento che conferiscono loro una resistenza nei confronti di tali trattamenti.

Tuttavia a volte è possibile tentare di ripetere lo stesso trattamento: se per esempio la ripresa metastatica avviene oltre un anno dopo la prima fase di cure, è possibile tentare il cosiddetto “rechallenge” e trattare nuovamente il tumore con gli stessi farmaci. Se invece la ripresa è più precoce, è meglio combinare altri medicinali, in quanto il tumore potrebbe essere resistente a quelli utilizzati in precedenza. La possibilità di questa strategia e la risposta cambia in base alla situazione clinica del paziente e dalla forma di tumore.

Altri approcci terapeutici emergenti sono basati sull’uso di organoidi, ossia la replica di una parte del tumore cresciuta in laboratorio, al fine di selezionare le terapie a cui le cellule tumorali del paziente sono più sensibili.

Quali organi sono più comunemente interessati dalle metastasi?

Sono molti gli organi che possono diventare sede di metastasi. Fegato e polmone sono le sedi più frequenti per motivi anatomici precisi. Il fegato riceve il sangue dalla vena porta, che a sua volta drena il sangue proveniente da tutto l'apparato digerente (intestino, stomaco, pancreas ecc.). Quindi se il tumore ha origine in questi organi (come nel colon), le cellule tumorali arrivano facilmente al fegato e hanno una elevata probabilità di arrestarsi in questa sede senza procedere oltre. Analogamente, i polmoni ricevono tutto il sangue venoso del corpo: il sangue che ritorna al cuore passa prima di tutto dai polmoni per ossigenarsi. Se una cellula tumorale viaggia nel sangue, ha grande probabilità di fermarsi nei piccoli vasi dei polmoni e generare una metastasi. Altre sedi comuni di metastasi sono le ossa e il cervello. Il cervello in particolare è tra gli organi più difficili e delicati da trattare.

A oggi non è chiaro perché la formazione di metastasi sia frequente nel cervello rispetto ad altri organi, peraltro anche per tumori situati in organi molto distanti da esso. Il cervello è isolato dalla cosiddetta barriera ematoencefalica, che limita l’accesso di cellule e molecole. Alcune cellule tumorali riescono però a superarla, a stabilizzarsi e ad adattarsi all’ambiente cerebrale.  Qualunque sia la sede, l'attecchimento di una cellula tumorale metastatica dipende da molti fattori, quali le caratteristiche specifiche della stessa cellula o i meccanismi di difesa immunitaria.

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Perché ogni tipo di tumore metastatizza preferibilmente in organi specifici?

Tumori diversi danno metastasi in organi particolari, per esempio il tumore della mammella forma metastasi soprattutto nelle ossa, nel cervello, nel fegato e nel polmone, mentre il tumore del colon predilige il fegato, il polmone e il peritoneo.

Parte di queste preferenze si spiega con la prossimità fra gli organi o con la presenza di vasi sanguigni o linfatici lungo i quali le cellule del tumore possono raggiungere altre sedi. Ulteriori fattori in gioco sono le proteine espresse in superficie dalle cellule metastatiche, che possono avere particolari affinità molecolari con quelle presenti sulla superficie di un determinato organo.

Importantissimo è poi il microambiente che una cellula tumorale trova quando esce dalla propria sede e ne raggiunge una nuova. Secondo la teoria "seme e terreno" (dall’inglese seed and soil), c'è un dialogo fitto e continuo tra una cellula tumorale (il seme) e il microambiente che la circonda (il terreno). Semplificando molto, se nel proprio viaggio metastatico la cellula tumorale si ferma in un ambiente in qualche modo ostile, è destinata a morire o a rimanere dormiente senza dare origine a un tumore secondario. La speranza per il futuro è di identificare precocemente queste affinità, in modo da riuscire a proteggere gli organi bersaglio delle metastasi.

Perché è difficile eliminare le metastasi?

La maggior parte delle cellule metastatiche ha la capacità di resistere ai farmaci o ai trattamenti radioterapici. La resistenza ai farmaci è dovuta a meccanismi diversi a seconda del tipo di farmaco utilizzato e del tumore. In molti casi le cellule tumorali vanno incontro a un adattamento al farmaco che non è dovuto ad alterazioni genetiche, ma al fatto che esse si abituano alla presenza del farmaco. In altri casi invece le cellule metastatiche sviluppano nuove alterazioni genetiche che le rendono resistenti alla terapia. Questo aspetto è oggetto di indagine da parte di molti ricercatori perché è uno degli ostacoli principali alla sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore metastatico.

Inoltre spesso le metastasi non sono accessibili o sono disseminate in numerosi punti del corpo, quindi non possono essere asportate chirurgicamente. Infine, quando la metastasi è presente nelle fasi avanzate o terminali della malattia, l’utilizzo dei trattamenti di chemioterapia e radioterapia può essere talvolta limitato dalle condizioni generali dei pazienti.

Sebbene sia difficile eliminare le metastasi, i trattamenti con gli inibitori dei checkpoint immunitari in casi di tumore cutanei come il melanoma avanzato offre un’alta percentuale di guarigione nei pazienti che rispondono a questi trattamenti.

È possibile stabilire a priori se un tumore darà metastasi?

Non è possibile avere la certezza che un cancro darà o meno metastasi. La diagnosi precoce del tumore primario è uno degli strumenti più efficaci per ridurre le probabilità che il tumore possa progredire, diventare più pericoloso e diffondersi. Spesso, infatti, la malattia individuata all'inizio può essere asportata completamente, in modo da non lasciare nemmeno una cellula malata in grado di riprodursi e dare origine a nuove masse. Le terapie effettuate in genere dopo questo tipo di intervento chirurgico hanno lo scopo di eliminare le eventuali cellule residue che potrebbero contribuire alla diffusione di metastasi.

L'esame istologico e gli esami strumentali effettuati per arrivare alla diagnosi permettono inoltre di avere una prima indicazione sullo stadio e il grado malattia: una volta identificato con precisione il tipo di cancro, è possibile infatti stabilirne il grado di aggressività, in base al confronto con il comportamento di tumori simili in altri pazienti e alle caratteristiche genetiche e molecolari della malattia.

 

Sono noti i geni coinvolti nelle metastasi?

Attualmente non è ancora del tutto chiaro quali siano i geni responsabili della formazione delle metastasi, nonostante gli intensi sforzi dei ricercatori. In parte ciò dipende dal fatto che la maggioranza dei campioni utilizzati negli studi sono prelevati al momento della diagnosi, spesso precoce, del tumore primario. Le biopsie e le operazioni chirurgiche di metastasi sono spesso impedite dalla sede in cui si trovano, o evitate per risparmiare disagi al paziente. Un altro motivo è che le evidenze accumulate finora suggeriscono che nella maggior parte dei tumori non esistano alterazioni genetiche specifiche delle metastasi: con alcune eccezioni le alterazioni genetiche dei tumori primari sono pressoché identiche a quelle delle metastasi.

I meccanismi molecolari che determinano le metastasi sono infatti complessi e probabilmente i geni e le molecole coinvolte sono una spiegazione necessaria ma non sufficiente per il comportamento aggressivo di un tumore.

Ciò nonostante qualche progresso è stato fatto. Un esempio sono alcuni geni coinvolti nell'angiogenesi, ovvero nella formazione di nuovi vasi sanguigni necessari al tumore per crescere e diffondersi nell'organismo, primo tra tutti il gene VEGF da cui si ottiene il fattore di crescita vascolare endoteliale.

Altre molecole coinvolte nelle metastasi sono le cosiddette molecole di adesione, che consentono alle cellule di rimanere unite nel tessuto sano. Tra le più note vi sono le caderine e le integrine. Quando una cellula tumorale perde il proprio legame con le cellule vicine può muoversi verso altre sedi. Il cancro metastatico spesso presenta alterazioni nell'espressione delle molecole di adesione.

 Infine il tumore crea varchi attraverso cui sfondare le barriere fra i tessuti utilizzando diverse strategie: una di queste usa molecole chiamate metallo proteasi, capaci di degradare la matrice extracellulare che riempie gli spazi tra cellule e tessuti. I ricercatori che si occupano di metastasi studiano queste e altre molecole, allo scopo di capire il fenomeno e di mettere a punto farmaci in grado di interferire con questo processo.

Quali esami permettono di diagnosticare la presenza di metastasi?

In linea di massima gli esami utilizzati per diagnosticare le metastasi sono gli stessi impiegati anche per la diagnosi dei tumori primitivi. Variano soprattutto a seconda dell'organo che si sta valutando e delle dimensioni delle metastasi.

Ecografia e radiografia possono, per esempio, essere utilizzate per individuare metastasi rispettivamente al fegato e al polmone. Tuttavia la TC (tomografia computerizzata), la Risonanza Magnetica Nucleare e la PET (tomografia a emissione di positroni) sono strumenti diagnostici più precisi, utili a esplorare ampie aree corporee o addirittura l'intero organismo. In particolare con la PET si può valutare l'attività metabolica delle cellule e individuare così anche metastasi molto piccole, non rilevabili con le altre tecniche di diagnosi per immagini.

Valutare l'attività metabolica significa determinare quanto una cellula è attiva: le cellule tumorali hanno in genere un'attività metabolica maggiore e più rapida, rispetto a quelle normali dalle quali possono dunque essere distinte.

In alcuni casi le metastasi sono talmente piccole da non essere individuabili mediante i classici esami diagnostici a causa di limiti tecnici degli strumenti o degli esami. A volte è possibile comunque individuarne la presenza indirettamente, identificando sostanze rilasciate dal tumore stesso nel circolo sanguigno.

L’individuazione di biomarcatori, ovvero specifici segnali chimici presenti nei liquidi biologici come sangue o saliva, è un aspetto cruciale per prevedere la propensione alla formazione di metastasi e inoltre per monitorare l’evoluzione della malattia. I tumori causano infatti alterazioni biochimiche rilevabili nei tessuti e nei fluidi corporei. In questo contesto, l’impiego di biopsie liquide, ovvero l’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA) nel sangue, può permettere di identificare con un semplice campione di sangue mutazioni genetiche caratteristiche del tumore. Attualmente le biopsie liquide sono utilizzate in alcuni tipi di tumore, prevalentemente per monitorare l’andamento della malattia in risposta alla terapia. In futuro è probabile che questi approcci permetteranno diagnosi molecolari anche in fasi più precoci della malattia.

Queste strategie di analisi si scontrano ancora con importanti limiti tecnologici, in particolare legati alla sensibilità degli strumenti di rilevazione, che devono essere in grado di identificare concentrazioni estremamente basse delle molecole associate alla presenza tumorale. Superare tali ostacoli è essenziale per migliorare l'affidabilità e l'efficacia di queste tecniche nella pratica clinica.

È possibile bloccare la disseminazione delle cellule tumorali?

Nell'organismo esistono barriere naturali che limitano la libera circolazione di tutte le cellule, incluse quelle tumorali. Si tratta delle pareti degli organi e delle capsule che a volte li ricoprono. Il sistema immunitario, che riconosce le cellule metastatiche come "estranee" si attiva e contribuisce alla loro eliminazione, è un’ulteriore salvaguardia contro la disseminazione. Tuttavia un tumore aggressivo è in grado di superare i blocchi e le cellule tumorali possono sfuggire alle difese, cominciando il loro viaggio verso la nuova sede, a volte anche molto distante.

I ricercatori stanno mettendo a punto strategie per cercare di bloccare la diffusione delle metastasi, agendo per esempio sul sistema immunitario o contro la formazione di nuovi vasi all'interno del tumore, attraverso i quali le cellule tumorali possono passare nel circolo sanguigno.

Autore originale: Agenzia Zadig

Revisione di Denise Cerrone in data 3/07/2025

  • Agenzia Zadig