Ultimo aggiornamento: 20 ottobre 2025
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Fibroblasti, macrofagi, linfociti, adipociti, cellule endoteliali, oltre a una serie di molecole solubili, come per esempio citochine e chemochine: il microambiente tumorale è composto da tutti questi elementi e molti altri ancora. È un ecosistema dinamico e in continuo movimento, che può cambiare aspetto e funzioni molte volte nel corso della malattia, e che riveste un ruolo di primo piano nel cancro, sotto diversi punti di vista.
Secondo la teoria più classica, la trasformazione di una cellula da sana a tumorale parte dall’interno. Più precisamente, sarebbero alcune mutazioni nel DNA a dare il via alla proliferazione incontrollata di una singola cellula. Negli anni, però, si è visto che l’ambiente nel quale tale cellula si trova può contribuire a stimolare i meccanismi che provocano la crescita del tumore, o a bloccarne alcuni in grado di inibire la proliferazione.
Come anticipato, si tratta in ogni caso di un dialogo e non di un monologo. Il tumore è in grado di inviare segnali che possono modificare il microambiente circostante a proprio favore e il microambiente a sua volta continua a cambiare, creando di volta in volta un ambiente “permissivo” per la malattia, o uno in grado di contrastarne la crescita. Molte ricerche sono giunte alla conclusione che il microambiente tumorale sia in generale piuttosto immunosoppressivo, ovvero che crei le condizioni per cui il sistema immunitario non è più in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali.
Nonostante lo si studi ormai da diversi anni, ancora non esiste una definizione univoca e precisa di ciò che è il microambiente tumorale. Secondo alcuni autori, ne farebbero parte anche cellule che, pur non essendo fisicamente vicine alla massa cancerosa, hanno rapporti con il tumore, ne sono influenzati e lo influenzano. In queste definizioni più ampie sono compresi anche i microrganismi che appartengono al microbiota, quello che un tempo, almeno per quanto riguarda l’intestino, veniva chiamato flora batterica.
In base alle caratteristiche delle cellule che compongono il microambiente e alle loro funzioni e relazioni con il tumore, oggi a volte si parla anche di sotto-microambienti “specializzati” all’interno del microambiente tumorale stesso.
Il microambiente può essere anche considerato dal punto di vista immunitario, in base alla presenza di diversi tipi di cellule delle nostre difese. Da questo punto di vista è stato molto studiato negli ultimi anni in relazione all’utilizzo delle immunoterapie, alla diffusione del cancro e alla formazione delle metastasi. Anche il livello di ossigeno, la presenza di alcuni nutrienti (glucosio, lipidi eccetera.) e metaboliti, e il grado di acidità dell’ambiente (pH) possono essere considerati come parti distintive del microambiente tumorale. Inoltre, diversi ricercatori si sono concentrati negli ultimi anni sull’analisi del cosiddetto microambiente meccanico all’interno di quello tumorale. I risultati di studi di meccano-biologia hanno, per esempio, dimostrato che la presenza di un microambiente con specifiche caratteristiche fisiche e meccaniche può influenzare non solo la durezza del tessuto cellulare, ma anche l’espressione dei geni, alcuni dei quali possono favorire la progressione o la diffusione del tumore.
Il concetto di microambiente tumorale non è nuovo. L’idea è probabilmente nata nella seconda metà dell’Ottocento, quando il medico e scienziato tedesco Rudolf Virchow aveva parlato di una relazione tra infiammazione e cancro. Poco più tardi Stephen Paget aveva proposto la teoria del cosiddetto “seed and soil” (letteralmente, “seme e terreno”), secondo la quale una cellula tumorale (il “seme”) per attecchire deve trovare un ambiente (il “terreno”) favorevole. Da quegli stimoli iniziali è passato circa un secolo prima che la ricerca abbia avuto gli strumenti per esplorare sperimentalmente il microambiente e la sua relazione con il cancro. Nel 2011, Douglas Hanahan e Robert Weinberg, aggiornando il loro articolo seminale sulle proprietà biologiche comuni a tutti i tipi di cancro, hanno scritto che “la biologia del cancro non può più essere compresa solo descrivendo le caratteristiche delle cellule tumorali, ma deve tenere conto dei contributi del microambiente tumorale alla tumorigenesi”. Nella prima versione dell’articolo tali caratteristiche erano tutte intrinseche alle cellule tumorali, mentre nella seconda versione gli autori hanno tenuto conto anche dell’impatto dell’ambiente che circonda il tumore e che modifica inevitabilmente la capacità del tumore stesso di crescere, diffondersi e rispondere alle terapie.
Prima e dopo di allora, la ricerca ha mostrato in maniera convincente che il tumore non agisce in isolamento, ma instaura un dialogo dinamico con cellule stromali, immunitarie e molecole extracellulari. I risultati di studi recenti hanno evidenziato una notevole plasticità del microambiente tumorale, che è in grado di modificarsi e adattarsi a diverse situazioni. Fibroblasti, macrofagi, cellule staminali mesenchimali e altri tipi di cellule associati al tumore possono infatti comportarsi in modo sia da promuovere, sia da limitare la malattia, a seconda del contesto. Questa plasticità è alla base dell’eterogeneità tumorale e della capacità delle cellule cancerose di adattarsi, per esempio con transizioni da cellule tumorali epiteliali a mesenchimali, uno dei passaggi chiave per la metastatizzazione. Oppure tali cellule possono a volte tornare a stadi precedenti, grazie a segnali ambientali quali ipossia o chemochine tumorali.
Alcuni metodi d’indagine recentemente sviluppati consentono di esaminare con crescente risoluzione e accuratezza le caratteristiche dei tessuti tumorali e del microambiente che li circonda. Sono così in grado di fornire delle “mappe” dei diversi tipi d’interazione tra componenti cellulari ed extracellulari nel contesto tumorale. Si tratta di metodi di omica spaziale che permettono di ottenere grandi quantità d’informazioni sulle alterazioni dei tessuti che vanno incontro a trasformazione tumorale. Tali informazioni sono peraltro associate tra loro da questi metodi computazionali, per cui alcune modifiche morfologiche e topografiche si trovano collegate a quelle molecolari e genetiche.
La ricerca oncologica ha inoltre introdotto sistemi d’indagine sperimentale innovativi, che permettono di ricostruire con maggiore precisione il microambiente tumorale, superando i limiti dei metodi basati sulle colture cellulari tradizionali in monostrato. Tra i più promettenti vi sono gli organoidi e gli sferoidi tumorali, strutture tridimensionali derivate da tessuti di pazienti in cui si cerca di mantenere l’architettura, l’eterogeneità e altre caratteristiche funzionali del tumore originario. Per queste caratteristiche, tali sistemi si stanno dimostrando particolarmente utili per iniziare a studiare in laboratorio la risposta del tessuto tumorale ai trattamenti, incluse le immunoterapie.
Un ulteriore passo avanti è rappresentato dai cosiddetti tumor-on-a-chip, dispositivi microfluidici con cui si cerca di ricreare in laboratorio la complessità delle interazioni tra cellule tumorali, immunitarie, stromali e vascolari in un ambiente dinamico e controllato. Tali sistemi permettono di studiare con più precisione processi come la diffusione dei farmaci, la formazione di metastasi e l’influenza delle forze meccaniche.
I sistemi cosiddetti di “air-Liquid Interface” (ALI) sono tecniche di coltura cellulare utilizzate per imitare in modo più realistico i tessuti, in particolare l’epitelio delle vie respiratorie. Tali sistemi stanno riscuotendo qualche interesse per la capacità di mantenere intatti frammenti tumorali, con le loro componenti immunitarie e strutturali, in condizioni un po’ più simili a quelle fisiologiche. Parallelamente, studi di meccano-biologia hanno mostrato che fattori come la rigidità del tessuto e le forze fisiche possono influenzare l’espressione genica delle cellule tumorali e la loro aggressività.
Anche l’integrazione di sensori ottici e chimici nei sistemi di coltura cellulare in 3D può permettere di monitorare in tempo reale parametri come il pH, l’ossigenazione del tumore e del microambiente, insieme alla risposta metabolica ai farmaci, aprendo nuove prospettive per la medicina di precisione.
Infine, qualche importante progresso nel percorso verso la comprensione dei complessi e ridondanti meccanismi di regolazione del microambiente tumorale viene da studi con topi di laboratorio geneticamente modificati. Grazie a questi animali è possibile studiare con sempre maggiore precisione il ruolo di specifici fattori e componenti del tumore e del suo microambiente, e del dialogo tra queste due entità. Da questo punto di vista, i modelli animali modificati in modo da possedere elementi del sistema immunitario umano sono una ulteriore promettente risorsa per lo studio delle influenze del microambiente sulla risposta, in particolare, alle immunoterapie.
Autore originale: Agenzia Zoe
Revisione di Elena Panariello in data 20/10/2025
Agenzia Zoe